di Carmine Senatore
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Il ruolo delle donne allora , se non era di passività, era sicuramente di sottomissione. Tutto però era superato dal profondo senso e riconoscimento della famiglia, come società naturale ed inscindibile . Il padre era il capofamiglia. A lui spettava dare indirizzo e sostegno economico . I compiti erano naturalmente diversi: alle donne la cura della casa e della famiglia,come cucinare e attingere l’acqua,agli uomini fornire il necessario , come la casa e il sostentamento. Compiti diversi anche nella vita quotidiana. All’uomo, ad esempio, la macellazione del maiale, alle donne la preparazione dei salami. Era ovviamente riservato ai padri fare il vino, alle donne la vendemmia. Ad essa partecipavamo anche noi ragazzi. Per il trasporto ci servivamo dell’asino di don Ciccio prestatoci da Zio Martino, suo fattore. Era un asino molto pericoloso:scalciava e mordeva. Io avevo molta paura, perché ogni tanto tramite zio Martino lo prestava a mio madre per trasportare l’uva o la legna dalla campagna. La donna forniva il corredo per tutta la famiglia, dalle lenzuola alle tovaglie. Alle donne spettava fornire anche l’arredo della cucina. Dalle pentole alla batteria di rame rossa. Era quindi naturale che in una società così fatta diversi erano anche i mestieri esercitati. In genere la gran parte era casalinga, per cui lavare, cucinare, stirare erano le principali incombenze. Le donne che esercitavano un mestiere o un professione erano un minoranza. Il mestiere più di voga era la sarta o collegato d esso,ma più specializzato,fare le maglie. La gran parte delle ragazze imparavano a cucire o a ricamare andando da una sarta o dalle monache, quest’ultime specializzate in ricamo. Maestre di taglio e cucito più apprezzate erano Zia Florinda Senatore e Zia Filomena Sacco, perite tecniche magliere erano Malfalda , Imperia e Bice Guerra . Io ,che avevo due sorelle ,sentivo parlare in modo familiare di uncinetto,di punto a croce, di telaio. Erano arnesi familiari e quotidiani,nel senso che te li trovavi attorno nei luoghi più impensati. La sartoria: una stanza della casa con una maestra e tante allieve. Ricordo ancora l’affollamento a casa di zia Florinda. Ovviamente oltre che imparare era anche luogo di scambio di chiacchiere e di pettegolezzi. Le monache avevano non solo il compito di trattenere i bambini e di educarli,ma anche di insegnare il ricamo alle ragazze del paese. Erano una vera e propria istituzione. Le donne ,figli edi commercianti ,aiutavano i genitori e i fratelli più grandi nella gestione dei negozi. Vi era poi qualche bar direttamente gestite da esse, come il bar Brunetti, dove Pupetta e Aida ne erano le animatrici . In campagna il lavoro delle donne era ancora più gravoso. A loro era riservata non solo la cura della casa, ma anche l’allevamento degli animali, la preparazione dell’orto,spesso la semina del grano e la raccolta delle olive. La professione maggiormente esercitata era la maestra. Rarità era la professione di medico. Unica eccezione La dottoressa Belmonte, la madre del prof.Ajmone. Credo fosse l’unica donna medica in tutto il circondario,insieme a qualche farmacista, come la moglie del Prof.Rosario Gallo, per la verità serrese. Rigidamente donne invece erano le “vammane”, le ostetriche” del tempo. Parti effettuati naturalmente in casa.
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