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venerdì 20 marzo 2009

Altavilla storie di fazioni. Dai "gallucci e matonzi" alle bande musicali

La vita comunitaria

di Carmine Senatore

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Il punto dolente della comunità altavillese del tempo : la convivenza. Era caratterizzata da contrasti o per meglio dire da competizioni, tese a provare la supremazia di una fazione sull’altra. Chi cercò di superare i contrasti fu l’azione di Don Domenico De Paola, il parroco venuto dal Cilento, che vi riuscì ricostruendo con la sua opera l’unità cittadina attorno a valori religiosi e civili fortemente sentiti da tutti.

Il paese era diviso in due fazioni: i “gadducci” e i “matonzi”. La prima era rappresentata dagli abitanti fuori allora del centro storico, Piazza Castello e Borgo S. Martino e una parte di Via Solimene fino a S.Egidio; la seconda era rappresentata dagli abitanti del centro storico , ultras quelli della parte più bassa. La contesa era più aspra tra i giovani delle due fazioni, che avevano tra i caporioni “Biasino” Agresti per l’una e Sisinio Caramante per l’altra. Credo che il nome dei “gadducci” volesse indicare l’altezzosità della fazione più aristocratica del paese e “l’alzare la cresta” ,tipico del gallo, ne era il simbolo, mentre il termine “matonzi” credo avesse un significato più truculento e significasse “vendicatori “. La contesa era talmente aspra tra i giovani che si arrivava a lite vere e proprie con lancio di sassi e pietre,senza badare al pericolo a cui si sottoponevano. Avventurarsi nel centro storico da soli rappresentava una vera follia. Si rischiava di essere pestato duramente. Tale rivalità o scontro si protrarrà anche più tardi, con la creazione delle due bande: una quella “Rossini” diretta da “Ninuccio” Di Matteo, maestro diplomato, e l’altra quella “Verdi” diretta da Raffaele Suozzo non diplomato ma ottimo conoscitore della musica. La rivalità arrivava a tal punto che durante le feste le bande suonavano un giorno una e la serata dopo l’altra. Anche i pezzi suonati erano diversi: in una le opere più significative della banda “ Rossini” che avevano nella Gazza Ladra e nel Barbiere di Siviglia la massima espressione, l’altra le musiche di Verdi soprattutto La Traviata e Il Trovatore. Diverse , sia nella foggia che nel colore, naturalmente le divise, rigidamente di color verde quella del maestro Suozzo. Legate alle due bande due scuole di musica, il serbatoio a cui attingere per nuovi suonatori. L’arrivo dell’esordiente nella banda era una vera e propria festa. Mancando di suonatori di alcuni strumenti , si attingeva a suonatori dei paesi vicini, specialmente di Controne. Non si disdegnava di inserire qualche ottimo elemento proveniente da altri paesi per accrescerne il prestigio .

La rivalità si manifestò anche in campo amministrativo. Due erano le fazioni: la prima, “la Stella”, era capeggiata dal notabile del paese Don Ciccio, notaio , un vecchio liberale di stampo giolittiano; la seconda, “l’orologio “, capeggiata da Don Enrico, un fascista dell’ultima ora , di natura più popolare, ex maestro ora in pensione. Aderivano a quest’ultima alcuni di professionisti, figli di contadini o di artigiani. Faceva da terzo incomodo la lista “Il mulino “, capeggiata e fondata da Don Ulderico, che con pochi fedeli coraggiosamente e senza speranza di vittoria affrontava la sfida. La competizione elettorale era accanita . Le due parti si affrontavano l’una contro l’altra armate. La sconfitta di una fazione rappresentava un’onta gravissima: per giorni gli elettori non si facevano vedere in giro per il paese. Io , pur essendo ragazzo,insieme a tutta la sua famiglia , davo man forte alla lista di don Ciccio, il cui fattore era lo zio Martino .Anche se esisteva un rivalità latente,il paese si compattò nelle elezioni per il referendum tra monarchia e repubblica. La gran parte, quasi plebiscitaria, votò per la Monarchia. Il ricordo di tale competizione rimase anche nelle elezioni politiche del 1953 dove il partito monarchico ottenne la gran parte dei voti. Esponenti più in vista : Michele Mazzeo e Aurelio Pipino, che poi sarà sindaco in seguito alla morte di Don Ciccio Mottola. Di Aurelio Pipino ricordo la sua caparbietà, non uguagliata neanche da quella di Salvatore Cembalo, sindaco in tempi più recenti. Sicuramente i miei compaesani della mia età ricorderanno i comizi di Covelli sul balcone della casa di Michelino Mazzeo , addobbato con la tipica bandiera tricolore con lo stemma sabaudo. La competitività rimase anche dopo la morte di don Ciccio. I tempi erano ormai cambiati. La presenza di Don Domenico, il parroco venuto dal Cilento, e di Antonio Tedesco , appoggiati dalla Coldiretti locale diretta da Bruno Mazzeo (detto “Zaccagnini” perché nell’amministrazione fu assessore ai lavori pubblici) ,faranno salire in primo piano la Democrazia cristiana che amministrerà il paese fino al 1975, anno della morte del ragioniere Antonio Tedesco, che aveva amministrato il paese per circa venti anni. L’opposizione non era rappresentata dai partiti di sinistra, sempre minoritari nel paese, ma da un aggregato di forze diverse senza colore e idea politica nel senso proprio, ma solo animata nel ridurre lo strapotere democristiano. L’aggregazione era talmente eterogenea che nell’elezioni amministrative del 1964 missini e comunisti si presentarono alleati, tipica “milazziana” del tempo.

Se i contrasti all’interno della comunità erano presenti nel campo civile, non lo erano in campo religioso. Le tre feste più importanti dell’anno, quella di S.Antonio, il 13 giugno, quella del Carmine, la prima domenica dopo il 16 luglio, e quella di Montevergine l’8 settembre, univano tutti nel celebrarle, anzi vi era competizione nel raccogliere quante più offerte possibili.

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