di Carmine Senatore e Florenzo Di Blasi
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Con questa pagina si chiude la “carrellata” sui soprannomi altavillesi. Questa non vuole essere una ricerca nel senso pieno del termine , ma un ricordo , spesso indefinibile temporalmente, basato non su documenti scritti, ma sulla tradizione orale. A volte essi sono travisati e forse scarsamente obiettivi, visti con gli occhi della fanciullezza. Però, al di là del loro oggettivo valore, rappresentano la memoria collettiva su cui un comunità si basa. Ovviamente la “ricerca-tradizione” non mira essere completa ed esaustiva, ma ha come scopo quello di rivivere le vicende e i fatti di un tempo ormai lontano. I fatti, pertanto, che vengono raccontati ,non sono forse realmente accaduti,ma rappresentano il nostro immaginario collettivo e forse verrebbero raccontati in modo diverso da ognuno di noi . I soprannomi,insieme al folklore ,ai costumi e alle tradizioni, sono pertanto fortemente ancorati alla vita materiale della nostra popolazione, e danno luogo ad una vasta iconografia che con il ricordo e la memoria sarà rintracciata, documentata e resa fruibile ed andrà ad arricchire e qualificare ulteriormente la vita della comunità altavillese. Credere nei nostri costumi e nelle nostre tradizioni rappresenta un motivo di attrazione anche per tantissimi turisti in visita e significa valorizzare le nostre radici, renderle pubbliche e quindi eterne.
Un ringraziamento del lavoro fatto a Florenzo De Blasi, il quale, non solo ha dato utili contributi alla ricerca,ma ha anche sollecitato in me il desiderio, se pure inconscio, di farlo. Un invito,infine, a tutti i nostri compaesani a dare il contributo alla ricerca, raccontando episodi e fatti di cui sono stati diretti o indiretti protagonisti.
Nel seguito si raccontano alcuni episodi di cui sono stati protagonisti alcuni personaggi riportati nei soprannomi.
U popolo
Pasquale
Aveva un calesse e un cavallino - pony e gli faceva compiere degli atti osceni gridando: “Sfodera Pè . ..!
Si può immaginare la curiosità di tutti!
Murzullett---
Carmelo Francione
Era il 1975 : andavo in paese per la campagna elettorale con la mia cinquecento. Ad un tratto vedo un uomo che mi chiede un passaggio. Era murzullett .Lo faccio accomodare . Durante il tragitto mi chiede i soldi per le sigarette. Lo accontento. Una volta arrivato in piazza, sapete cosa mi chiede ? Andargli a comprare le sigarette. Immaginate la mia reazione.
U patrone
Antonio Franco
Antonio, che tutti in paese chiamavano Totonno, era figlio di un abile cacciatore ed aveva ereditato dal padre la passione per la caccia. Naturalmente non aveva un fucile proprio. Aveva , però , uno splendido cane che portava sempre con sé.
Le nostre famiglie possedevano due fondi, confinanti tra loro. Spesso io e Totonno si recavano in campagna. Attraversano un tratto in collina attraverso ripidi sentieri raggiungevamo le nostre campagne. Durante la primavera raccoglievamo ciliegie e susine, che venivano naturalmente mangiate sul posto. Sul finire della stagione raccoglievamo nocciole che poi dividevamo mettendole in comune. Ognuno sceglieva alternativamente due nocciole fino all’esaurimento del mucchietto, in modo da impedire che qualcuno avesse le più grosse. In autunno si preparavano tagliole per passeri e fringuelli.
Un giorno , nel cavo di un albero trovammo un vecchio fucile di guerra al quale, però mancava la canna, che sostituì con un calcio di legno e con un pezzo di tubo ,trafugato allo stagnino del paese detto “’u piritaro”.
Con gli involucri di carta della cartucce, che raccoglieva quando andava a caccia del padre, era riuscito con la polvere e i pallini a costruirne alcune.
Con questo fucile riciclato , che veniva nascosto nel cavo di un olivo, sparavamo dei passeri a non grande distanza.
Runato u piritaro
Donato Cantalupo
Veniva chiamato così per il gran rumore che facevano le sue scorregge, che si sentinano anche a grande distanza. Lavorava nel frantoio di Don Ciccio .Interveniva ogni qualvolta c’era da saldare qualcosa. Il frantoio lungo un centinaio di metri faceva da cassa di risonanza alle sue “trombette del culo”.
Anguillaro.
Antonio Di Maio
Grande bugiardo: le diceva così grosse che non sarebbero riuscite neanche a passare per ”il portone di S.Biagio. “Bombarolo”:pur essendo severamente vietato,ogni tanto scagliava qualche bomba in qualche “chiatra” del Calore. Il pesce raccolto veniva poi venduto porta a porta ai compaesani.
Una volta era andata a caccia nel bosco di Persano. Aveva esaurito le cartucce. Gliene era rimasta solo una. Ad un tratto vede una faraona su un albero e a suoi piedi una lepre. Chi colpire? Qualche attimo di indecisione, poi un lampo: prende una “cintrella “ dalla scarpa” e la mette nella canna del fucile. Un tonfo! Non lo credereste: la faraona abbattuta e la lepre inchiodata con un orecchio nel tronco dell’albero !
U massaro Argano
Gargano Vito
Eravamo in competizione per la coltivazione dei funghi (gli champignons).Tale coltivazione, allora, ancora sperimentale e con risultati non sempre sicuri. Il “ massaro Argano”,nonostante tutte le attenzione e cautele, non era riuscito a vederne spuntare uno. Anch’io tentai la coltivazione. Fui più fortunato in quanto riuscii a vederli spuntare. Ricordo la meraviglia del massaro, quando glieli feci vedere. Subito un proverbio ad hoc per magnificarmi!
Zi Runato
Zottola Donato
Era veramente una cosa incredibile : con qualsiasi tempo e in qualsiasi ora del giorno il suo bastone chiodato inesorabilmente si abbatteva sulle piccole cicche di sigaretta .
Un coro gridava : Pooooosaaaaaaaaaaaa!......
A cipudinessa..
Rosaria
Abitava poco sopra allabottega di Biagio Di venuta. Quando qualcuno passava, specialmente giovani in vena di scherzi, grifava: "A cipuddinessa !". E lei: "A cipuddinessa 'e sorita! "- Lo strano era che se qualcuno non lo gridava, si lamentava del mancato "sfottò".
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