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lunedì 30 marzo 2009

Il tempo libero ai miei tempi

Il tempo libero ai miei tempi

di Carmine Senatore

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Lo spostamento dell'auto-realizzazione nel mondo del lavoro con conseguente de-realizzazione nel mondo della famiglia e più in generale degli affetti

ha fatto crollare anche l'ideologia del "tempo-qualità", che poi non è altro che il modo con cui, ingannandoci, si chiama il tempo che si dedica agli

affetti quando è "poco", quando non si ha tempo di ascoltare i figli se non per i risultati scolastici, quando non si ha tempo di vedere sulla faccia del

nostro compagno o compagna di vita i segni del disagio, quando non si ha neppure il tempo di prendere contatto con quello sconosciuto che, a furia di

lavorare, ciascuno diventa per se stesso.
Durante lamia infanzia e adolescenza, tempo libero era quello della sera , dopo un giorno di lavoro o la

domenica. Niente ristorante o gite in auto, ma tempo che veniva consumato nella comunità anche piccole come potevano essere i bar oppure le

cantine. Gli adulti, sia giovani che anziani, specialmente durante il periodo invernale, passavano il loro tempo libero, nei bar. Il gioco delle carte era quello preferito. Si giocava a batuffo, a scala quaranta,a tre sette , a scopa e a scopone. In questo vi erano veri e propri cultori. Ricordo come campioni Luigi di Verniere, Gigino Guerra, Oreste Gallo. La vittoria era un segno di prestigio. Durante le sfide: Attenzione massima e rispettosa da parte degli astanti. Silenzio e meditazione dominavano, alla fine…. il grido di liberazione con imprecazioni e accuse reciproche .Al gioco partecipavano ,oltre i giocatori veri e propri, come veri e propri fans, gli astanti. Alcuni parteggiavano per l’uno o per l’altro , altri cercavano di imparare. A tal proposito ricordo la nota del Prof. Rosario Baione, nella quale mi faceva presente che mastro Leopoldo,mio padre, gli aveva insegnato il tre sette. Il mazzo di carte veniva affittato dal gestore, con una piccola somma di danaro, oppure messo a disposizione in cambio della consumazione a fine partita. Spesso ,a termine del gioco, interessante era il modo della consumazione , il più delle volte una bevuta di birra,naturalmente pagata dai perdenti. Si sceglieva un padrone e un “sotto”, scelti con l’uso delle carte: Il primo disponeva a chi dare la consumazione, che però doveva ricevere l’autorizzazione del “sotto” il quale poteva riservarla per sé. Per impedire al “sotto” di bere ,il padrone doveva bere tutto. In questo caso tutti i giocatori rimanevano a bocca asciutta. Il gioco, praticato questo all’aperto e durante la bella stagione, era quello delle bocce. Ricordo che esse facevano rigidamente parte dell’arredo, soprattutto delle cantine. Non esistevano piste da giochi predefinite. Si giocava in piste sterrate e persino sull’acciottolato delle strade, fatte di ciottoli fluviali. Bocciare il pallino in queste condizioni o la boccia dell’avversario erano imprese fatte di estrema perizia e precisione. Ricordo il giocatore per eccellenza Peppe Di Masi. La sua venuta, durante le ferie estive, era l’occasione per cimentarsi con lui. Batterlo significava aver raggiunto un elevato grado di perizia nel Gioco. Anche noi ragazzi lo facevamo, però con avendo le bocce, si giocava con delle pietre piatte di arenarie dette “stacce”, utilizzando come pallino un piccolo ciottolo. Il Gioco,invece, tipico e per eccellenza , era la cosiddetta “paliata” che consisteva nel lancio di una palla di legno. Si faceva , in genere, lungo la strada che noi chiamavano “di sotto” (era quella dove oggi vi sono le case popolari) partendo dalla Croce fino al l’inizio della stazione di pulmann , allora dellla ditta “ Belmonte. Consisteva nel lanciare la palla,uno alla volta ed arrivare per primo al traguardo. Interessante la “cacciata” che consisteva nel lanciare la palla per tre volte consecutive,nelle curve, da un parte all’altra. In caso di insuccesso bisognava lanciare la palla in modo rettilineo….Un variante,che rappresentava una tipicità locale: si utilizzava come attrezzo di lancio non una palla di legno, ma un caciocavallo durissimo all’esterno, acquistato da tutti i giocatori. Il premio consisteva proprio nel caciocavallo che veniva consumato o tra i giocatori o portato a casa. Spesso succedeva che esso si frantumava. I pezzi più piccoli raccolti,mentre il gioco continuava con il pezzo più grande.

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