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lunedì 9 marzo 2009

Da buttero a beduino: avventure africane di un Candido italiano

ANTEPRIMA IL NUOVO ROMANZO DI GIAN ANTONIO STELLA, AMBIENTATO ALL' EPOCA DELLA CONQUISTA DELLA LIBIA
Da buttero a beduino: avventure africane di un Candido italiano
Gian Antonio Stella, giornalista tra i più noti oggi in Italia, dimostrò di essere un narratore dalle notevoli capacità espressive e stilistiche quando, nel 2005, pubblicò Il maestro magro (Rizzoli), romanzo che racconta le vicissitudini di un siciliano emigrato prima in Polesine (anni Quaranta) e poi a Torino (anni Sessanta). Dunque, da questo punto di vista, nessuna sorpresa ora nel leggere Carmine Pascià (che nacque buttero e morì beduino), racconto, anch' esso edito da Rizzoli, che si gusta come il condensato di un vasto romanzo. Del resto, il lettore avveduto indovina che l' autore si è divertito a semplificare all' osso la vicenda narrata, imponendole ritmo veloce e forma di apologo emblematico. Poteva dare alle stampe un romanzo, Stella; invece ha preferito pigiare sull' acceleratore e accorciare al massimo i tempi di lettura. Chi è convinto che in letteratura il racconto equivalga al bozzetto nella pittura, ha pienamente ragione. Naturalmente nel caso in cui un bozzetto può essere considerato opera d' arte al pari di una vasta tela o di un affresco. Con questo racconto lungo Stella ha realizzato il palpitante bozzetto di un' avventura umana esemplare, inserita in un contesto storico reale e dai risvolti comici, grotteschi, drammatici, tipici della commedia all' italiana. E a un film di Mario Monicelli o di Dino Risi fa pensare la storia di Carmine Iorio, da Altavilla Silentina (Campania), vissuto tra la fine dell' Ottocento e l' inizio del secolo scorso; buttero, come dice il titolo del volumetto, morto beduino perché finito, combattente stralunato, a conquistare prima e a difendere dopo la «quarta sponda» italiana in Africa. Su come e sul quando Carmine si fa beduino (e dunque «pascià») non diremo altro per non guastare il piacere della scoperta. Che va avanti veloce e gaia (la gaiezza che può dare un ben congegnato romanzo anche se narra vicende tristi e crudeli), scandita da capitoletti con l' intitolazione tipica del racconto apologo, come - quest' altro collegamento può venire automatico scorrendo le pagine di Carmine Pascià - il Lazarillo de Tormes o il Candido di Voltaire. Da questo punto di vista, Carmine Iorio è propriamente un Lazarillo o un Candido venuto su nell' Italia che cantava «Tripoli, bel suol d' amore...» durante imprese tutt' altro che edificanti, anche se Gabriele d' Annunzio ambiva farle passare alla storia come le «gesta d' oltremare». E a proposito di «Tripoli, bel suol d' amore», così come nel Maestro magro, in questo racconto l' autore inserisce canti e marcette, una sorta di colonna sonora, efficace nel dare voce e umori a un' epoca e ai suoi protagonisti, grandi e piccoli. Un' epoca in cui le madri e le mogli dei poveracci come Carmine, analfabete al pari dei loro figli e mariti finiti in Libia, erano costrette ad andare in cerca di chi era in grado di leggere per farsi raccontare i resoconti giornalistici di quella lontana guerra. E non sono da sottovalutare, quei resoconti giornalistici, perché nel leggerli - specie quelli di Luigi Barzini - tanti pacifici cittadini come per incanto si erano ritrovati a dare senso compiuto alla frase che gli antichi romani apponevano sulle riproduzioni geografiche del Nordafrica: Hic sunt leones. Per la propaganda - e i Carmine Iorio ne pagavano le spese - gli italiani erano gli indomiti eroi che in Tripolitania e in Cirenaica affrontavano i leoni. Doveva essere proprio così, se persino il moderato Giovanni Pascoli, il poeta dei sentimenti e delle buone cose di casa, anni prima si era fatto cantore entusiasta dell' impresa d' Africa («...la vittoria rende felici anche i morti: andate a consolare i vinti!...»). Una tragica fanfaronata, quella guerra, ci dice Carmine. Un paradosso che Stella mostra con le parole di Stefano Jacini, presidente della commissione parlamentare che indagò sul nostro mondo contadino poco prima che Carmine nascesse, e con quelle del giovane Cesare Lombroso. Parole di stupore e di raccapriccio per un' Italia che, in quanto a miseria e arretratezza, non aveva nulla da invidiare alla dirimpettaia Africa. Il libro Esce domani in libreria il nuovo romanzo di Gian Antonio Stella (nella foto) «Carmine Pascià», edito da Rizzoli L' autore Stella, inviato ed editorialista del «Corriere della Sera», ha scritto diversi libri, tra cui (con Sergio Rizzo) il bestseller «La Casta» (Rizzoli) GIAN ANTONIO STELLA Carmine Pascià (che nacque buttero e morì beduino) RIZZOLI PP. 138, 13,50

Collura Matteo

Pagina 42
(25 novembre 2008) - Corriere della Sera

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