Pubblicato su carta sin dal 1993, è uno dei più longevi periodici dell'area della Piana del Sele e Cilento. La Collina degli Ulivi online vuole essere ancora di più un luogo di informazione, ascolto e diffusione di idee, anche attraverso l'interazione in tempo reale con i suoi lettori in ogni parte del mondo.

giovedì 31 maggio 2012

Noi altavillesi silentini siamo così...


Oreste Mottola
ALTAVILLA CAPUT MUNDI!
Atmosfere e modi di essere di un paese della Piana del Sele

La maggior parte dei paesi interni salernitani sono dominati dal criterio dell'uniformità. Spesso hanno anche un solo nome. C'è dove si producono solo i fagioli e si cucinano solo le castagne, dove sono stati tutti briganti o carabinieri, dove gli abitanti hanno, fateci caso, le stesse "facies": segno di uno scarso scambio di patrimonio genetico. In altri paesi, soprattutto in quelli di mare o spiaccicati accanto alle vecchie vie storiche, c'è tutto e il contrario di tutto. Il sangue si è abbondantemente mischiato per tutta una serie di ragioni che non è il caso d'indagare: guerre, immigrazioni, pellegrinaggi, tanto per fare un elenco. Il mio paese, Altavilla Silentina, sta tra i secondi. E se ne vanta. Perché non è sul mare e non ci passavano le strade consolari romane. Ed ancora oggi una misconosciuta strada che porta a Castelcivita e a Roccadaspide è affogata dagli scalini e dai balconi di via Borgo S. Martino. Un bus, di quelli a due piani non ci passa. Altavilla caput mundi!
Ci fu un tempo che vide gli etruschi a Pontecagnano ed in tutto il Picentino, i greci d'Occidente tra Paestum e Velia con i lucani appostati e guardinghi sugli Alburni: Altavilla è lì, a poche decine di chilometri di distanza da tutti questi luoghi. Perfettamente equidistante. Sì, da tutti abbiamo preso ed a tutti abbiamo dato. Anche ai pirati berberi che sovente, e prepotenti, ci fecero visita. Molti di noi potrebbero facilmente andare nel Maghreb e confondersi coi locali. Sorridete pure, siamo un paese aperto: il centro antico non è chiuso tra le gole di un'inaccessibile montagna ma ci s'arriva risalendo le giogaie di dolci colline. E quando la Piana del Sele era malsana per i miasmi della palude e la malaria non perdonava, quassù qualcuno (non tutti, per la verità) si godeva la vita. Questo raccontano le tante storie del Castello dove i discendenti dell'abate Ciccio Solimena vissero, o meglio se la spassarono, per oltre due secoli. Tutti quelli che passavano per la pubblica via dovevano ossequiare i signori e le cose migliori andavano a loro. I furbissimi briganti che stavano dentro al vicino bosco di Persano, una specie di Supramonte salernitano di quei tempi, sulla collina altavillese ci venivano perché avevano gli appoggi di tante donne - vivandiere. Si confina con Persano con un lungo tratto del bello e pescoso fiume Calore. I re qui erano di casa. Carlo III, Francesco e Ferdinando di Borbone amavano venirci a caccia. Goethe ci venne e ne scrisse. Hackert la dipinse. Fu culla dell'allevamento della razza equina omonima che trionfò in diverse Olimpiadi ed oggi è sede della Brigata Garibaldi: una delle più "operative" unità dell'Esercito italiano. È il passato con le sue luci (poche) e le tante ombre. Ancora: altri hanno avuto le industrie coi soldi dello stato? Noi di Altavilla, oltre alle regolamentari tre torri, sul gonfalone comunale abbiamo, virtualmente, i caseifici che sfornano la mozzarella più buona del salernitano. Un successo costruito, in meno di un decennio, da allevatori oggi diventati industriali. Torna il tema di una Altavilla Silentina doppia o una e trina: divisa tra una Piana del Sele alla quale appartiene per l'agricoltura avanzata ed una imprenditoria vivace, ed un territorio collinare che è cilentano per tante consonanze, non secondaria quella musicale. C'è l'Altavilla Silentina dell'appartenenza religiosa raccontata dalle oltre trentacinque chiese ma anche da un non troppo passato "culto" massonico dalle atmosfere sulfuree.

Oreste Mottola

martedì 29 maggio 2012

L'altavillese Floriana Di Stefano, ecologa marina, è la presidente nazionale dell'Aisa




Altavilla è solo un paese di agricoltori e di abili produttori di mozzarelle? Una smentita arriva da Floriana di Stefano, che è ecologa marina e possiede una laurea specialistica, in scienze ambientali, presa alla Parthenope,  e in più ha – qualora tutto ciò non dovesse bastare – anche il dottorato di ricerca a indirizzo marino con specializzazione oceanografica. Una figura di assoluto rilievo la sua, infatti Floriana Di Stefano è la presidente nazionale dell’Aisa, l’associazione di categoria dei migliori tecnici di scienze ambientali d’Italia. L'Associazione Italiana Scienze Ambientali è l'associazione senza fini di lucro fondata nel 1997, inizialmente formata da Laureati e Studenti del Corso di Laurea in Scienze Ambientali (SA), Scienze e Tecnologie per l'Ambiente (STA), Scienze e tecnologie per l'ambiente ed il Territorio (STAT) e da quanti condividono, apprezzano e fanno crescere le premesse ed i risultati della ricerca pubblica e privata e dell'istruzione universitaria dedicata alle scienze dell'ambiente. A partire dal 2004 la struttura interna e lo Statuto sono stati profondamente riformati e riveduti onde conferire all'Associazione il ruolo di vera e propria associazione professionale di categoria  per meglio difendere e rappresentare gli interessi delle Scienze dell'Ambiente. L’Aisa si occupa anche di docenze e consulenza tecnico-scientifica in Master, Corsi di Formazione, Corsi di Specializzazione,  Summer School, Corsi di Laurea. Attivazione e gestione di servizi di stage, tesi, orientamento e job placement per corsi di studi universitari, collaborazioni aziendali, ricerca profili curricolari per enti ed aziende. Attivazione di convenzioni con Enti, Istituzioni e Dipartimenti di Ricerca pubblici e privati.  Costituzioni di Short List di figure professionali

Campora, un film riapre il caso di don Feola il prete ucciso dal brigante Tardio “Padre Giuseppe Feola deve morire



ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com
Campora, l’omicidio in pubblico, compiuto 150 anni fa,  del monaco Feola da parte dell’avvocato capobrigante Tardio sta per diventare un film. Lo dirigerà Massimo Smuraglia, direttore della scuola di cinema di Prato e figlio del presidente nazionale dell’associazione dei partigiani. Facile prevedere come “il caso Feola” sia destinato a riaprirsi. Innanzitutto perché una parte del suo paese volle o accettò inerte l’uccisione di un uomo quasi in odore di santità. “Tu devi morire perché quest'ordine mi è venuto da Roma”, Tardio così motivò la sua volontà di fucilare padre Feola. Poco prima gli aveva chiesto una cifra enorme, duemila ducati, poi finanche di inneggiare a Francesco II di Borbone, per aver salva la vita. Il cappuccino resiste sprezzante. Tardio getta la maschera e ammette che Feola “deve” morire per forza. Punito per il libro scritto contro il potere temporale della Chiesa?

Catturato in casa sua
Siamo Campora, il 3 giugno del 1863. Era di mercoledì. Il religioso i briganti vanno a prenderlo direttamente casa. In piazza improvvisano una sorta di processo popolare. Sono tranquilli, sanno di controllare tutta l’Alta Valle del Calore. Il Cervati allora era come il Supramonte. A Campora risiedono i migliori tiratori di fucile della zona. I briganti festeggiano per l’intera giornata. Comanda davvero Tardio l’avvocato. E’ stato liberale, per motivi politici si è fatto anche un anno di carcere sotto i Borboni, con l’Unità d’Italia fa domanda come ispettore di polizia e quando, nel 1862 lo accettano, lui è già capobrigante sui suoi monti. Vendette di paese lo avevano travolto e convinto a passare dalla parte opposta. Ha 29 anni, è giovane e  irruente. Vito Antonio Feola è un cattolico liberale e popolare. Con i suoi cinquant’anni ai tempi è un anziano. E’ solo, non ha mai messo nel conto di doversi difendere con le armi.

“Uomini bruti, che siate maledetti fino alla settima generazione”!

Una bella figura, il cappuccino Feola. Un vero filantropo illuminato: aprì la prima scuola pubblica del Cilento e la società di mutuo soccorso. Coltissimo: traduceva dal latino e dal greco senza l’uso di vocabolari. La Divina Commedia la conosceva a memoria. Un grandissimo oratore: le sue prediche erano impregnate di profonda fede religiosa e di patriottismo. Controcorrente: da prete aveva scritto un libro contro il potere temporale del Papa. Quando era nel suo paese si sentiva protetto. Mai avrebbe immaginato che Tardio era li per lui, chiamato da cittadini della sua  Campora. “Uomini bruti, io vi maledico fino alla settima generazione”, così padre Giuseppe, il suo nome da frate, secondo la versione ancora oggi tramandata a Campora, gridò proprio ai suoi compaesani che vedendolo barcollare gravemente ferito dalle pallottole ne pretesero la morte immediata. L’avvocato brigante inferse un’ultima e decisiva sciabolata. Il sostegno della piazza lo eccitava ancora di più alla ferocia. Quella giornata sembrava cominciata sotto un altro segno. Da una cronaca locale: “I briganti avevano fasce rosse ai cappelli e molti cittadini erano andati loro incontro. Il giorno dell´invasione – come sostenne il giudice Guerriero al processo -, Carlo Veltri e Andrea Perriello andarono incontro alla banda per la strada di Santa Maria e si abbracciarono e si baciarono "in segno di antica amnistia e di vecchia conoscenza". La banda di Tardio era composta da 33 persone, fu accolta trionfalmente e l´indomani mattina, eccitati dall’eccidio di Feola, conquistati dal fascino brigantesco e antiunitario, circa quaranta cittadini la seguirono”.

Il giorno dopo arriva la disfatta di Magliano Nuovo

La maledizione di padre Feola non porterà bene al piccolo esercito dei briganti chiainari: fin dal giorno dopo, a Magliano nuovo, comincia la serie degli insuccessi che si concludono con la completa disfatta. Tardio quella sera non sa che ha i giorni contati come “comandante”. Ferita ancora aperta, questa dell’uccisione di Vito Antonio Feola, nel piccolo ma delizioso paese, più dell’Alto Cilento che della Valle del Calore. Eppure di tempo ne è passato. Questo è l’anno 149, oltre sei generazioni sono passate, un tempo assai lungo nella storia di una comunità.  Quella maledizione tiene sempre banco. “Sono sei generazioni, manca ancora la settima”, spiega Turibbio Feola, il pronipote che ancora oggi custodisce la stanzetta dell’antenato. Campora è "covo di bruti più chè uomini" ci va subito giù il procuratore generale del re presso la Corte di Appello di Napoli durante" durante il processo per quei fatti.

“Non è tempo per eroi”, arriva il film di Massimo Smuraglia

Tutta la storia ora si appresta a diventare un film grazie al regista toscano Massimo Smuraglia che di questa strana storia se n’è innamorato grazie ai racconti di un suo vicino di casa, il medico Angelo Galzerano, carattere scoppiettante e natali a Campora. Smuraglia, che dirige la scuola di cinema di Prato intitolata ad Anna Magnani, è anche un appassionato studioso del contributo che il cinema italiano ha fornito nella rappresentazione del Risorgimento. Fin dai tempi del cinema muto. Per giungere a Blasetti e Visconti. Smuraglia fa sul serio con le riprese fissate già dal 21 luglio al 5 agosto, la sceneggiatura già scritta e basata su 43 scene. “Ho bisogno ancora di attori, mandate i vostri curriculum a info@scuoladicinema.org, con una foto e un curriculum”. In paese sono in molti a darsi da fare per trovare i soldi necessari per coprire almeno le spese. Un finanziamento è arrivato già dalla provincia tramite l’assessore Marcello Feola, 2000 euro. Angelo Rizzo, presidente della comunità montana, è anche lui un sostenitore attivo dell’idea da oltre dieci anni. Un atto dovuto da parte di parenti di padre Feola? “Che c’entra – dice Rizzo – gli esperti parlano di historical reenactment e living history come strumenti privilegiato per il lancio turistico di paesi dimenticati e devastati dallo spopolamento e c’è chi si attarda ancora su questo? E se qualche altro mio parente probabilmente fu dall’altra parte. E allora?”. E torniamo a padre Feola. Padre Giuseppe Feola, al secolo Vito Antonio, nacque a Campora il 23 maggio 1813. Fu allievo del Vicario Foraneo di Gioi e di Don Saverio Guida di Stio che ne apprezzarono le eccellenti doti intellettuali e religiose e lo spronarono a proseguire gli studi. Devotissimo di San Francesco d'Assisi, ne studiò le opere che lo corroborarono nella fede e gli aprirono le porte dell´ordine cappuccino, di cui indossò il saio. Si distinse nella dedizione totale al servizio dei poveri che necessitavano di aiuto materiale e spirituale. E di imparare a scrivere e a leggere.

Ancora misterioso il vero mandante. Un ordine venuto da Roma?

Resta il dilemma: le varie ricerche storiografiche pur accurate come quella di Infante non hanno ancora illuminato il vero movente dell’omicidio Feola. Lo stesso Tardio dopo la cattura a Roma nel 1870, grazie a una soffiata del compaesano Nicola Mazzei, si difende così: "io non sono colpevole di reati comuni poichè il mio stato, il mio carattere e la mia educazione non potevano mai fare di me un volgare malfattore; io non mi mossi e non agii che con intendimenti e scopi meramente politici; talchè non si potrebbe chiamarmi responsabile di qualsivoglia reato comune che altri avesse per avventura perpetrato a mia insaputa contro la espressiva mia volontà e contro il chiarissimo ed unico scopo per cui la banda era stata da me radunata". L’autodifesa di Tardio, applicata al caso Feola, allontana i sospetti legati alla richiesta dei duemila ducati di riscatto e rimette in gioco l’ipotesi della vendetta vaticana. Una storia da riscrivere per dare a padre Feola l’onore che merita con un film, con il ciak dato dal direttore della scuola di cinema intitolata a Anna Magnani. Per un sano neorealismo in salsa cilentana.      

AVVIATO IL RIPOPOLAMENTO DEL FIUME SELE


Saranno versate nel fiume Sele a partire dal torrente Tredogge, altre 20,000 trotine "Fario" nate nell'incubatoio comunale di Caposele.
La struttura, anche se provvisoria sta dando grandi soddisfazioni rispetto a quanto è stato programmato per il RIPOPOLAMENTO del fiume Sele. Come avveniva negli anni ' 70, il fiume, infatti,comincia ad essere vivo anche attraverso questa complicata operazione che l'Amministrazione Comunale e nella fattispecie l'Assessore Alfonso Pallante, ha voluto intraprendere.
Finalmente il corso del Fiume avrà (nei prossimi anni si noteranno i risultati) nuovamente la viva modulazione argentea che ha contraddistinto nel passato alcuni tratti del fiume e che attiravano turisti ed osservatori.
Il Sele e le sue trote nel corso del parco fluviale da osservare e preservare e a testimonianza che il fiume, per lo meno dalle nostre parti, è ancora vivo e pulito.
indietro

Parte l'impianto fotovoltaico posizionato sul tetto della scuola materna di Cerrelli ad Altavilla Silentina

E' stato messo in funzione, dopo dieci anni, l'impianto fotovoltaico posizionato sul tetto della scuola materna di Cerrelli ad Altavilla Silentina. "La nostra comunità ha compiuto un passo avanti nel campo della cultura delle energie rinnovabili – ha commentato Francesco Cembalo, assessore all'ambiente - e noi intendiamo impegnarci per valorizzare l’energia pulita e sensibilizzare le nuove generazioni ai temi forti dell’ambiente e della tutela del paesaggio. Il fotovoltaico è una frontiera per la rivoluzione ambientale. La scuola di Cerrelli è la prima del territorio a produrre energia dal sole".

Fiume Calore, pesca privatizzata per dieci anni. E' una decisione della giunta Cirielli

28/05/2012 - Provincia di Salerno : Delibera di giunta su gestione dei fiumi Tusciano, Picentino e Calore salernitano


La Giunta provinciale, su relazione dell’assessore Amelia Viterale, ha deliberato di affidare in concessione al presidente pro-tempore dell’associazione di pesca sportiva F.I.P.S.A.S (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee), sezione provinciale di Salerno per dieci anni i seguenti tratti dei corsi d’acqua: fiume Tusciano, per circa 10,195 Km, con un esborso pari a € 1.158,00 di canone annuo; fiume Picentino, per circa 4,5 Km, con un esborso pari € 512,00 di canone annuo; fiume Calore salernitano, per circa 12,4 km, con un esborso 1.409,00 di canone annuo.
Su relazione dell’assessore Marcello Feola, è stato deliberato di approvare in linea tecnica il progetto preliminare denominato “Ampliamento della sede stradale lungo la Sp 74 via Sarno/Striano nei pressi del km 1+300 Comune di Sarno”, ai fini dell’avvio della procedura di variante urbanistica ai sensi dell’articolo 19 D.p.r. 327/01.
Infine, la Giunta ha deliberato di sporgere denuncia/querela ed esperire le opportune azioni civili, anche mediante la costituzione di parte civile in sede penale, incaricando i legali dell’avvocatura provinciale, contro il gruppo consiliare Pd, relativamente al comunicato stampa diffuso dal gruppo che denunciava “il raid squadristico dei collaboratori del Presidente Cirielli contro un operatore dell’informazione”.
- www.ondanews.it -

EROGAZIONE DISPOSITIVI PER DIABETICI, LA REGIONA CAMPANIA CAMBIA ANCORA


LA REGIONE CAMPANIA PREFERISCE LA LOBBY FEDERFARMA
AI DIRITTI DEI DIABETICI
Con delibera Commissariale n. 35 del 20.03.12 (pubblicata sul BURC n. 20 del 2 aprile 2012), il Presidente della Giunta Regionale On. Stefano Caldoro, Commissario ad acta per la Sanità, ha ratificato e sottoscritto un protocollo d'intesa con FEDERFARMA Campania per attivare, a titolo sperimentale e provvisorio un servizio di distribuzione dei presidi per diabetici. L'attività è iniziata a marzo per le ASL Napoli 2 Napoli 3 (essendo scaduto il periodo di un anno, previsto dalla gara indetta da Soresa e non essendo stata indetta nuova gara, in sostituzione della precedente) e proseguirà in tutte le altre ASL della Regione allo scadere del termine contrattuale.
Intanto vi sono forti dubbi sulla procedura: la Regione Campania, incaricò un anno fa, la Soresa Spa di indire una gara per ottenere migliori condizioni economiche e nella gestione del servizio, togliendolo a Federfarma, che lo svolgeva da anni, con lacune e scarso gradimento dell'utenza.
La gara fu affidata ad un'impresa privata, il Gruppo De Rosa srl, che vinse la gara Soresa con un'offerta economicamente più vantaggiosa, privilegiando la consegna a domicilio dei kit per i diabetici.
Questo tipo di servizio ha ricevuto forte gradimento da parte dell'utenza che è molto soddisfatta di ricevere al proprio domicilio quanto necessario per la cura, evitando file e spostamenti defatiganti.
In genere, nelle procedure concorsuali, se l'utenza è soddisfatta ( e non si è provveduto ad esperire una nuova gara) , si proroga il servizio in essere.
Invece, con procedura alquanto anomala, si esclude il vincitore della gara e si riassegna il servizio a chi aveva perso la precedente procedura concorsuale.
Se nel passato Federfarma è stata sostituita attraverso procedura concorsuale, evidentemente non si era soddisfatti delle prestazioni erogate.
Perché oggi si torna indietro?
Inoltre, puntualmente, nelle ASL in cui il servizio è stato riaffidato a Federfarma, sono iniziati nuovamente i reclami e le lamentele da parte degli stessi e delle Associazioni di rappresentanza, che alcuni Consiglieri Regionali hanno puntualmente richiesto la Convocazione delle Commissioni competenti.
Ma il fatto più grave è che nel nuovo protocollo d'intesa Federfarma non è obbligata a consegnare a domicilio i Kit ai diabetici, con i conseguenti disagi per l'utenza e le famiglie.
Ancora una volta la lobby dei farmacisti impone le proprie prerogative in modo arrogante, e senza rispetto per i diritti dell'utenza.
Avevamo avuto uno sgradevole e grave esempio, a livello nazionale, nella lunga diatriba sull'aumento del numero delle farmacie e nella liberalizzazione delle vendite di alcuni farmaci generici presso le parafarmacie.
I provvedimenti inseriti nei decreti che il Governo ha presentato per la liberalizzazione dell'attività professionali e commerciali hanno subito rimaneggiamenti importanti e dannosi per il consumatore.
I farmacisti sono una delle lobby più potente e conservatrice del Paese che in prossimità delle elezioni riesce sempre a farsi valere, speriamo che sia causale il fatto che in questo periodo vi erano importanti scadenze elettorali regionali.
Richiediamo pertanto il riprestino della legalità attraverso l'immediata indizione di una nuova gara, la revoca della delibera di affidamento provvisorio del servizio a Federfarma, ed il ripristino dello stesso, in proroga, all'Azienda vincitrice della gara Soresa.
In particolare chiediamo sia imposto ad horas alla Federfarma la consegna a domicilio dei Kit per diabetici, nel pieno rispetto delle prescrizioni del Diabetologici delle ASL, comminando le dovute penalità a Federfarma per il mancato rispetto di quanto previsto del protocollo d'intesa sottoscritto in data 30.3.2012
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lunedì 28 maggio 2012

La Collina degli Ulivi

La Collina degli Ulivi

Gli studi sul dna dei cilentani entrano nei dieci più importanti progetti di ricerca genetici sostenuti da grandi istituzioni internazionali.




Gli studi sul dna dei cilentani entrano nei dieci più importanti progetti di ricerca genetici sostenuti da grandi istituzioni internazionali. La notizia è stata data nel piccolo paese cilentano di Campora direttamente dai ricercatori Roberto Defez e Marina Ciullo. Le nuove risorse a disposizione innanzitutto permettono di non fermare la ricerca ma gli assicurano orizzonti nuovi e finanche insperati. Gli abitanti di Campora, Gioi, Cardile e di altri 9 paesi sono i protagonisti del progetto “Parco genetico del Cilento e del Vallo di Diano, promosso dall’ istituto di Genetica e di Biofisica (Igb) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) “Buzzati- Traverso” e dalla Stazione zoologica “Anton Dohrn”, entrambi di Napoli. Scopo principale del progetto cilentano:  lo studio dei geni alla base di alcune malattie ereditarie “multifattoriali”, che dipendono anche dall’ambiente, come quelle cardiovascolari, l’obesità, i tumori, le malattie neurologiche, e di fornire i relativi dati  alla medicina per individuarne le cure e prevenirle. I ricercatori hanno scelto il territorio cilentano perchè ha conservato nel tempo caratteristiche ambientali, sociali, e stili di vita legati ad una sana alimentazione e a matrimoni contratti solo tra persone del posto. Caratteristiche che rendono degli “isolati genetici” i 12 paesi del Parco esaminati perché hanno mantenuto, per l’appunto, lo stesso patrimonio di geni. Il progetto è iniziato, negli anni scorsi  e continua tuttora, a Campora, dove si è tenuta, il 26 maggio, una mostra intitolata “Il filo della vita” con due relatori d’eccezione: i ricercatori Roberto Defez e Marina Ciullo accolti dal pubblico delle grandi occasioni. «La mostra, inaugurata a Genova, mira a divulgare la scienza, esordisce Defez. E la Campania è stata scelta per una mostra sulla genetica che è in corso a Napoli e che continuerà fino a luglio e oltre». E motiva tale scelta. «La mostra, allestita in 18 ambienti, vuole spiegare l’origine della vita dal nulla alle prime molecole, continua il ricercatore. E la Campania ha degli ambienti in grado di ricreare tali condizioni iniziali, come Solfatara, grazie alle temperature elevate e alla presenza di batteri che riescono a vivere lì». E circa la ricerca su Campora «E’ stata scelta per l’uniformità del territorio e lo stile di vita degli abitanti di cui è stato studiato l’intero albero genealogico. Ciò per capire come è fatta la popolazione e perché si sta meglio qua», continua Defez, che spiega gli scopi della ricerca. «Il progetto mira a curare le malattie con il ricambio, nel senso di cambiare i geni in una persona malata con un “pezzo” nuovo. E, tale ricerca, aiuterà tutti, e anche i sani perché lo stile di vita di questo territorio, ossia l’isolamento genetico, sarà il modello da seguire per vivere meglio. E, poi, i camporesi sono stati sottoposti ad analisie visite mediche ed hanno fatto prevenzione ». I grandi protagonisti della ricerca, quindi, sono stati e  sono gli abitanti di Campora che hanno accolto l’iniziativa e gli ospiti con grande cordialità. Il progetto Parco nasce nel 2001 da  un’ equipe di ricercatori guidata, da Maria  Graziella  Persico, scomparsa nel 2007.  E continua grazie alla collega e amica Marina Ciullo, insieme agli altri ricercatori. L’area geografica di Campora appartiene ai pochi “isolati genetici” studiati in tutto il mondo.
                                                                 Francesca Pazzanese

I video di Cilentoworld.com

La nostra Tiziana Troisi conduce il video sul numero attuale del giornale

Ieri a Capaccio, allo sgombero degli immigrati

UNICO CON Gian Antonio Stella, Antonio D'Orrico e Gaetano Cappelli - grandi scrittori per UNICO
http://cilentoworld.com/index.php?option=com_hwdvideoshare&task=viewvideo&Itemid=57&video_id=629

“Padre Giuseppe Feola deve morire”


“Padre Giuseppe Feola deve morire”
Campora, un film riapre il caso di don Feola il prete ucciso dal brigante Tardio


ORESTE MOTTOLA
Campora, l’omicidio in pubblico, compiuto 150 anni fa,  del monaco Feola da parte dell’avvocato capobrigante Tardio sta per diventare un film. Lo dirigerà Massimo Smuraglia, direttore della scuola di cinema di Prato e figlio del presidente nazionale dell’associazione dei partigiani. Facile prevedere come “il caso Feola” sia destinato a riaprirsi. Innanzitutto perché una parte del suo paese volle o accettò inerte l’uccisione di un uomo quasi in odore di santità. “Tu devi morire perché quest'ordine mi è venuto da Roma”, Tardio così motivò la sua volontà di fucilare padre Feola. Poco prima gli aveva chiesto una cifra enorme, duemila ducati, poi finanche di inneggiare a Francesco II di Borbone, per aver salva la vita. Il cappuccino resiste sprezzante. Tardio getta la maschera e ammette dice che Feola “deve” morire per forza. Punito per il libro scritto contro il potere temporale della Chiesa? Siamo Campora, il 3 giugno del 1863. Era di mercoledì. Il religioso i briganti vanno a prenderlo direttamente casa. In piazza improvvisano una sorta di processo popolare. Sono tranquilli, sanno di controllare tutta l’Alta Valle del Calore. Il Cervati allora era come il Supramonte. A Campora risiedono i migliori tiratori di fucile della zona. I briganti festeggiano per l’intera giornata. Comanda davvero Tardio l’avvocato. E’ stato liberale, per motivi politici si è fatto anche un anno di carcere sotto i Borboni, con l’Unità d’Italia fa domanda come ispettore di polizia e quando, nel 1862 lo accettano, lui è già capobrigante sui suoi monti. Vendette di paese lo avevano travolto e convinto a passare dalla parte opposta. Ha 29 anni, è giovane e  irruente. Vito Antonio Feola è un cattolico liberale e popolare. Con i suoi cinquant’anni ai tempi è un anziano. E’ solo, non ha mai messo nel conto di doversi difendere con le armi. Una bella figura, il cappuccino Feola. Un vero filantropo illuminato: aprì la prima scuola pubblica del Cilento e la società di mutuo soccorso. Coltissimo: traduceva dal latino e dal greco senza l’uso di vocabolari. La Divina Commedia la conosceva a memoria. Un grandissimo oratore: le sue prediche erano impregnate di profonda fede religiosa e di patriottismo. Controcorrente: da prete aveva scritto un libro contro il potere temporale del Papa. Quando era nel suo paese si sentiva protetto. Mai avrebbe immaginato che Tardio era li per lui, chiamato da cittadini della sua  Campora. “Uomini bruti, io vi maledico fino alla settima generazione”, così padre Giuseppe, il suo nome da frate, secondo la versione ancora oggi tramandata a Campora, gridò proprio ai suoi compaesani che vedendolo barcollare gravemente ferito dalle pallottole ne pretesero la morte immediata. L’avvocato brigante inferse un’ultima e decisiva sciabolata. Il sostegno della piazza lo eccitava ancora di più alla ferocia. Quella giornata sembrava cominciata sotto un altro segno. Da una cronaca locale: “I briganti avevano fasce rosse ai cappelli e molti cittadini erano andati loro incontro. Il giorno dell´invasione – come sostenne il giudice Guerriero al processo -, Carlo Veltri e Andrea Perriello andarono incontro alla banda per la strada di Santa Maria e si abbracciarono e si baciarono "in segno di antica amnistia e di vecchia conoscenza". La banda di Tardio era composta da 33 persone, fu accolta trionfalmente e l´indomani mattina, eccitati dall’eccidio di Feola, conquistati dal fascino brigantesco e antiunitario, circa quaranta cittadini la seguirono”. La maledizione di padre Feola non porterà bene al piccolo esercito dei briganti chiainari: fin dal giorno dopo, a Magliano nuovo, cominciano la serie degli insuccessi che si concludono con la completa disfatta. Tardio quella sera non sa che ha i giorni contati come “condante”. Ferita ancora aperta, questa dell’uccisione di Vito Antonio Feola, nel piccolo ma delizioso paese, più dell’Alto Cilento che della Valle del Calore. Eppure di tempo ne è passato. Questo è l’anno 149, oltre sei generazioni sono passate, un tempo assai lungo nella storia di una comunità.  Quella maledizione tiene sempre banco. “Sono sei generazioni, manca ancora la settima”, spiega Turibbio Feola, il pronipote che ancora oggi custodisce la stanzetta dell’antenato. Campora è "covo di bruti più chè uomini" ci va subito giù il procuratore generale del re presso la Corte di Appello di Napoli durante" durante il processo per quei fatti. Tutta la storia ora si appresta a diventare un film grazie al regista toscano Massimo Smuraglia che di questa strana storia se n’è innamorato grazie ai racconti di un suo vicino di casa, il medico Angelo Galzerano, carattere scoppiettante e natali a Campora. Smuraglia, che dirige la scuola di cinema di Prato intitolata ad Anna Magnani, è anche un appassionato studioso del contributo che il cinema italiano ha fornito nella rappresentazione del Risorgimento. Fin dai tempi del cinema muto. Per giungere a Blasetti e Visconti. Smuraglia fa sul serio con le riprese fissate già dal 21 luglio al 5 agosto, la sceneggiatura già scritta e basata su 43 scene. “Ho bisogno ancora di attori, mandate i vostri curriculum a info@scuoladicinema.org, con una foto e un curriculum”. In paese sono in molti a darsi da fare per trovare i soldi necessari per coprire almeno le spese. Un finanziamento è arrivato già dalla provincia tramite l’assessore Marcello Feola, 2000 euro. Angelo Rizzo, presidente della comunità montana, è anche lui un sostenitore attivo dell’idea da oltre dieci anni. Un atto dovuto da parte di parenti di padre Feola? “Che c’entra – dice Rizzo – gli esperti parlano di historical reenactment e living history come strumenti privilegiato per il lancio turistico di paesi dimenticati e devastati dallo spopolamento e c’è chi si attarda ancora su questo? E se qualche altro mio parente probabilmente fu dall’altra parte. E allora?”. E torniamo a padre Feola. Padre Giuseppe Feola, al secolo Vito Antonio, nacque a Campora il 23 maggio 1813. Fu allievo del Vicario Foraneo di Gioi e di Don Saverio Guida di Stio che ne apprezzarono le eccellenti doti intellettuali e religiose e lo spronarono a proseguire gli studi. Devotissimo di San Francesco d'Assisi, ne studiò le opere che lo corroborarono nella fede e gli aprirono le porte dell´ordine cappuccino, di cui indossò il saio. Si distinse nella dedizione totale al servizio dei poveri che necessitavano di aiuto materiale e spirituale. E di imparare a scrivere e a leggere. Resta il dilemma: le varie ricerche storiografiche pur accurate come quella di Infante non hanno ancora risolto il dilemma sul vero movente dell’omicidio Feola. Lo stesso Tardio dopo la cattura a Roma nel 1870, grazie a una soffiata del compaesano Nicola Mazzei, si difende così: "io non sono colpevole di reati comuni poichè il mio stato, il mio carattere e la mia educazione non potevano mai fare di me un volgare malfattore; io non mi mossi e non agii che con intendimenti e scopi meramente politici; talchè non si potrebbe chiamarmi responsabile di qualsivoglia reato comune che altri avesse per avventura perpetrato a mia insaputa contro la espressiva mia volontà e contro il chiarissimo ed unico scopo per cui la banda era stata da me radunata". L’autodifesa di Tardio, applicata al caso Feola, allontana i sospetti legati alla richiesta dei duemila ducati di riscatto e rimette in gioco l’ipotesi della vendetta vaticana. La storia la fanno sì i vincitori, ma è pur sempre vero che quella stessa storia può essere riscritta ignorando i fatti ma attraverso lo studio e la passione per la propria terra. E con un film, il con ciak dato dal direttore della scuola di cinema intitolata a Anna Magnani. Per un sano neorealismo in salsa cilentana.