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lunedì 28 maggio 2012

Gli studi sul dna dei cilentani entrano nei dieci più importanti progetti di ricerca genetici sostenuti da grandi istituzioni internazionali.




Gli studi sul dna dei cilentani entrano nei dieci più importanti progetti di ricerca genetici sostenuti da grandi istituzioni internazionali. La notizia è stata data nel piccolo paese cilentano di Campora direttamente dai ricercatori Roberto Defez e Marina Ciullo. Le nuove risorse a disposizione innanzitutto permettono di non fermare la ricerca ma gli assicurano orizzonti nuovi e finanche insperati. Gli abitanti di Campora, Gioi, Cardile e di altri 9 paesi sono i protagonisti del progetto “Parco genetico del Cilento e del Vallo di Diano, promosso dall’ istituto di Genetica e di Biofisica (Igb) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) “Buzzati- Traverso” e dalla Stazione zoologica “Anton Dohrn”, entrambi di Napoli. Scopo principale del progetto cilentano:  lo studio dei geni alla base di alcune malattie ereditarie “multifattoriali”, che dipendono anche dall’ambiente, come quelle cardiovascolari, l’obesità, i tumori, le malattie neurologiche, e di fornire i relativi dati  alla medicina per individuarne le cure e prevenirle. I ricercatori hanno scelto il territorio cilentano perchè ha conservato nel tempo caratteristiche ambientali, sociali, e stili di vita legati ad una sana alimentazione e a matrimoni contratti solo tra persone del posto. Caratteristiche che rendono degli “isolati genetici” i 12 paesi del Parco esaminati perché hanno mantenuto, per l’appunto, lo stesso patrimonio di geni. Il progetto è iniziato, negli anni scorsi  e continua tuttora, a Campora, dove si è tenuta, il 26 maggio, una mostra intitolata “Il filo della vita” con due relatori d’eccezione: i ricercatori Roberto Defez e Marina Ciullo accolti dal pubblico delle grandi occasioni. «La mostra, inaugurata a Genova, mira a divulgare la scienza, esordisce Defez. E la Campania è stata scelta per una mostra sulla genetica che è in corso a Napoli e che continuerà fino a luglio e oltre». E motiva tale scelta. «La mostra, allestita in 18 ambienti, vuole spiegare l’origine della vita dal nulla alle prime molecole, continua il ricercatore. E la Campania ha degli ambienti in grado di ricreare tali condizioni iniziali, come Solfatara, grazie alle temperature elevate e alla presenza di batteri che riescono a vivere lì». E circa la ricerca su Campora «E’ stata scelta per l’uniformità del territorio e lo stile di vita degli abitanti di cui è stato studiato l’intero albero genealogico. Ciò per capire come è fatta la popolazione e perché si sta meglio qua», continua Defez, che spiega gli scopi della ricerca. «Il progetto mira a curare le malattie con il ricambio, nel senso di cambiare i geni in una persona malata con un “pezzo” nuovo. E, tale ricerca, aiuterà tutti, e anche i sani perché lo stile di vita di questo territorio, ossia l’isolamento genetico, sarà il modello da seguire per vivere meglio. E, poi, i camporesi sono stati sottoposti ad analisie visite mediche ed hanno fatto prevenzione ». I grandi protagonisti della ricerca, quindi, sono stati e  sono gli abitanti di Campora che hanno accolto l’iniziativa e gli ospiti con grande cordialità. Il progetto Parco nasce nel 2001 da  un’ equipe di ricercatori guidata, da Maria  Graziella  Persico, scomparsa nel 2007.  E continua grazie alla collega e amica Marina Ciullo, insieme agli altri ricercatori. L’area geografica di Campora appartiene ai pochi “isolati genetici” studiati in tutto il mondo.
                                                                 Francesca Pazzanese

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