Gli
studi sul dna dei cilentani entrano nei dieci più importanti progetti di
ricerca genetici sostenuti da grandi istituzioni internazionali. La notizia è
stata data nel piccolo paese cilentano di Campora direttamente dai ricercatori
Roberto Defez e Marina Ciullo. Le nuove risorse a disposizione innanzitutto
permettono di non fermare la ricerca ma gli assicurano orizzonti nuovi e
finanche insperati. Gli abitanti di Campora, Gioi, Cardile e di altri 9 paesi
sono i protagonisti del progetto “Parco genetico del Cilento e del Vallo di
Diano, promosso dall’ istituto di Genetica e di Biofisica (Igb) del Consiglio
nazionale delle ricerche (Cnr) “Buzzati- Traverso” e dalla Stazione zoologica
“Anton Dohrn”, entrambi di Napoli. Scopo principale del progetto cilentano: lo studio dei geni alla base di alcune
malattie ereditarie “multifattoriali”, che dipendono anche dall’ambiente, come
quelle cardiovascolari, l’obesità, i tumori, le malattie neurologiche, e di
fornire i relativi dati alla medicina
per individuarne le cure e prevenirle. I ricercatori hanno scelto il territorio
cilentano perchè ha conservato nel tempo caratteristiche ambientali, sociali, e
stili di vita legati ad una sana alimentazione e a matrimoni contratti solo tra
persone del posto. Caratteristiche che rendono degli “isolati genetici” i 12
paesi del Parco esaminati perché hanno mantenuto, per l’appunto, lo stesso
patrimonio di geni. Il progetto è iniziato, negli anni scorsi e continua tuttora, a Campora, dove si è
tenuta, il 26 maggio, una mostra intitolata “Il filo della vita” con due
relatori d’eccezione: i ricercatori Roberto Defez e Marina Ciullo accolti dal
pubblico delle grandi occasioni. «La mostra, inaugurata a Genova, mira a
divulgare la scienza, esordisce Defez. E la Campania è stata scelta per una
mostra sulla genetica che è in corso a Napoli e che continuerà fino a luglio e
oltre». E motiva tale scelta. «La mostra, allestita in 18 ambienti, vuole
spiegare l’origine della vita dal nulla alle prime molecole, continua il
ricercatore. E la Campania ha degli ambienti in grado di ricreare tali
condizioni iniziali, come Solfatara, grazie alle temperature elevate e alla
presenza di batteri che riescono a vivere lì». E circa la ricerca su Campora
«E’ stata scelta per l’uniformità del territorio e lo stile di vita degli
abitanti di cui è stato studiato l’intero albero genealogico. Ciò per capire
come è fatta la popolazione e perché si sta meglio qua», continua Defez, che
spiega gli scopi della ricerca. «Il progetto mira a curare le malattie con il
ricambio, nel senso di cambiare i geni in una persona malata con un “pezzo”
nuovo. E, tale ricerca, aiuterà tutti, e anche i sani perché lo stile di vita
di questo territorio, ossia l’isolamento genetico, sarà il modello da seguire
per vivere meglio. E, poi, i camporesi sono stati sottoposti ad analisie visite
mediche ed hanno fatto prevenzione ». I grandi protagonisti della ricerca,
quindi, sono stati e sono gli abitanti
di Campora che hanno accolto l’iniziativa e gli ospiti con grande cordialità. Il
progetto Parco nasce nel 2001 da un’
equipe di ricercatori guidata, da Maria Graziella Persico,
scomparsa nel 2007. E continua grazie
alla collega e amica Marina Ciullo, insieme agli altri ricercatori. L’area
geografica di Campora appartiene ai pochi “isolati genetici” studiati in tutto
il mondo.
Francesca Pazzanese
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