Al mio amico Benito
di Diomira Cennamo
Da giorni lo cercavo per parlargli, il cellulare spento. Non richiamava. Strano, non è da lui, ho pensato, sempre così preciso, attento, educato. La solita mail mensile in cui comunicava la chiusura del giornale con la preghiera di affrettarsi nell’invio degli articoli non arrivava. Insolito. Potere del social network, apro, un saluto di un collega, lo scopro così. Povera illusa convinta di aver azzerato con internet la vile distanza. Uno scarto di ore e la certezza che essere lì è altra cosa. Aspettavo una chiamata mentre Eboli già lo piangeva. E oggi lo piango anch’io, sola dove nessuno lo conosce, mentre leggo l’ultimo suo regalo, la presentazione della mia rubrica “L’IBRIda” e salvo in un file unico le mail e i suoi messaggi per fingere che sia sempre lì, con l’agenda sotto il braccio e la cravatta colorata, a organizzare dibattiti. Non ti preoccupare, sii ottimista, non è un problema, risolviamo, le parole che ricorrono in quei brevi dialoghi in rete per rendere più sereno il mio percorso di formazione. Negli ultimi tempi però era lui a chiedere, a informarsi, e solo ora capisco. Caro Benito come rimpiangerò quel caffè non preso, quante volte rimandato per la mia solita fretta! Ne berrò uno nel bar che sai, pensando a te, alla fiducia incondizionata che mi hai donato senza conoscermi, alle porte che con un semplice gesto mi hai spalancato, alla tua umanità, così rara, al tono paterno della tua voce. Ora brancolo nel buio senza appigli a cui aggrapparmi. Guida la mia penna anche da lassù. Ciao Benito, che vuoto.