Pubblicato su carta sin dal 1993, è uno dei più longevi periodici dell'area della Piana del Sele e Cilento. La Collina degli Ulivi online vuole essere ancora di più un luogo di informazione, ascolto e diffusione di idee, anche attraverso l'interazione in tempo reale con i suoi lettori in ogni parte del mondo.

venerdì 30 gennaio 2009

Maltempo e frane. Pericolo ad Altavilla, Albanella e Serre

di Oreste Mottola

Domani riaprono le scuole dell'obbligo a Serre, dove è stata ripristinata la conduttura dell'acqua colpita da uno smottamento. E, nella serata, i vigili del fuoco sono andati a verificare le condizioni di una casa anch'essa colpita da un sommovimento del terreno. Altavilla Silentina c'è un'intera collina di argilla che se scende a valle. Ad Albanella quattro famiglie si chiedono se dovranno abbandonare la palazzina nella quale abitano. Colpa della natura argillosa di queste zone, una conformazione geologica particolare che s'impregna d'acqua, per poi gonfiarsi e perdere di consistenza. Solo la vegetazione riesce ad assicurare qualche forma di difesa. La zona "rossa" di Altavilla ha nomi diversi: Piano delle Rose, Quota 424, S. Elia, ma è la parte di territorio comunale che più guarda verso i monti Alburni e dove nel 1943 tedeschi ed Alleati combatterono a lungo. I punti più critici sono sul crinale dove la strada vicinale si è interrotta per un grosso fronte di frana che ha isolato un gruppo di diverse famiglie. Un altro smottamento, nella zona di Tempa della Guardia, ha provocato l'interruzione della condotta idrica principale. Sotto la direzione dell'ingegner Alessandro Fusco, capo dell'ufficio tecnico, si è riusciti a riparare la condotta dell'acqua potabile che serve tutto il paese. Deve lasciare la sua abitazione Antonio Matturro con la propria famiglia, perché la sua casa ed i terreni circostanti che se ne stanno scendendo a valle. Davanti alla sua casa c'è un fronte di frana di almeno cinquanta metri. Ed il terreno che scivola gli ha cancellato già il pozzo. "Il ruscello che scorre nelle vicinanze è diventato un vero e proprio fiume. Le sue acque hanno infiltrato tutto il mio terreno ed ecco il disastro", racconta. Di mestiere fa il muratore, Matturro, e riflette sul fatto che non sa dove mai potrà trovare i soldi per la bonifica idrogreologica della sua proprietà. Quel gran cascinale sorge lì da più di un secolo. Lo comprò il padre, arrivato da Balvano, quando decise di mettere radici proprio ad Altavilla. "Un inverno così piovoso io non me lo ricordo mai", racconta Alberto Belmonte, un novantenne ex musicista. L'eccezionalità degli ultimi eventi meteorologici non può oscurare la circostanza che vede la cura del territorio e la regimazione delle acque i due nervi scoperti di una politica del territorio che da decenni è diventata solo quella dell'accompagnamento costante alla crescita edilizia. Ad Albanella tremano le quattro famiglie che abitano in un grosso caseggiato in via Roma, 268. Una frana sta minacciando la stabilità della casa: "Sono venuti tutti: ufficio tecnico comunale, provincia e carabinieri. Ci dicono che la situazione è grave ma non ci dicono se dobbiamo sgomberare per pericolo imminente o che possiamo stare tranquilli", denuncia uno dei proprietari, Carmine Iuliano.

mercoledì 21 gennaio 2009

Anche per il turismo Cristo si è fermato ad Eboli?

Comunicato stampa del Comune di Eboli

Si è tenuta ieri sera nel complesso monumentale di San Francesco, nella Sala Mangrella, la conferenza dei servizi per la programmazione degli Eventi culturali e turistici 2009. Erano presenti l’assessore al Turismo, Roberto Palladino, l’assessore alla Cultura, Mimmo Maglio, il consulente per il turismo Rosario D’Acunto, il Responsabile del Settore Cultura, Agostino Mastrangelo, gli organizzatori degli eventi, gli albergatori e i ristoratori ebolitani.

“L’amministrazione ha fra le proprie priorità quella di coniugare agli eventi culturali e le attività economiche – dichiara l’assessore al turismo Roberto Palladino - e di realizzare una politica di integrazione delle attività ricettive per attivare il turismo. Un primo passo in tal senso è il protocollo d’intesa sottoscritto il 20 gennaio con la Pro Loco “Città di Eboli”, per l’attivazione dell’Ufficio Turistico, che avrà il compito di promuovere le attività sul territorio. Un altro elemento positivo è stata la pubblicazione, cartacea e on line, del Cartellone “EboliEventi 2009”, un calendario delle attività che contiene anche le informazioni base sull’offerta ricettiva  e gastronomica, su cui lavoreremo ancora per migliorarlo e che sarà contemporaneamente strumento di pianificazione, di organizzazione e di informazione”.

Banco di prova di questa sinergia, che vede impegnati gli assessorati al Turismo, alla Cultura e Sport, alla Comunicazione, sarà la Final Eight di Pallavolo Femminile che si terrà al PalaSele dal 5 all’8 febbraio, durante il quale la nostra Città ospiterà centinaia di atleti, giornalisti, tecnici  visitatori.

domenica 18 gennaio 2009

Il sindaco di Salerno De Luca tra i più amati d'Italia

All'insegna del neocomunitarismo i premiati dal "Governance Poll 2008" del Sole 24 Ore. 
Secondo posto al sindaco del nostro capoluogo di provincia

Se il primo posto va, a pari merito, a Sergio Chiamparino di Torino, Flavio Tosi di Verona e Giuseppe Scopelliti di Reggio Calabria, quello immediatamente successivo è occupato dal primo cittadino di Salerno, Vincenzo De Luca.
 
Tra i presidenti delle province italiane, un po' meno bene, ma sempre nella metà alta del tabellone, si posiziona il salernitano Angelo Villani, che riscuote il 44° posto (ecco la classifica).

A livello regionale, invece, è quasi scontato il risultato relativo al nostro governatore AntonioBassolino: ultimo dei 105 in lizza (qui). Ne segue le tracce il sindaco partenopeo Rosa Russo Iervolino, ugualmente ultimo nella classifica dei sindaci.

La ricerca è stata condotta per Il Sole 24 ore da Ipr Marketing, che individua i criteri fondamentali di giudizio nel  "pragmatismo" delle attività e nella "trasversalità" del consenso.

Interessante poi l'analisi che Ipr fa dei primi cittadini italiani a partire dai risultati degli ultimi tre anni della ricerca. "I sindaci che godono di maggiore popolarità evidenziano un forte senso di radicamento nel territorio, spesso elevato a ingrediente essenziale della propria offerta politica; la capacità di intercettare trasversalmente le attese dei cittadini e, talvolta, di saldare gli interessi di blocchi sociali molto distanti tra loro ad efficaci strategie di policy (secondo un fenomeno che De Rita ha definito di “neocomunitarismo”); il possesso delle doti comunicative e dei codici necessari a sintonizzarsi con il proprio elettorato - e non solo - e comunicare i risultati raggiunti; una concezione pragmatica e decisionista dell’esercizio del proprio ruolo fino a forme di accentuato protagonismo e personalismo (non a caso sempre più spesso i sindaci superano per consistenza di voti le liste che li sostengono, svincolandosi dalle rigide maglie dall’appartenenza partitica); la disponibilità ad un’azione rivendicativa che, in nome della “fedeltà” al territorio, sia pronta all’estremo sacrificio dell’identità, scissa tra livello “nazionale” e “locale”."

Nonostante il quadro regionale, quindi, a quanto pare qualche spiraglio di buon governo nel nostro territorio sembra esserci. Per una volta, quindi, un termine di paragone positivo eccezionalmente vicino geograficamente. 

Resta da domandarci se noi piccoli comuni possiamo imparare qualcosa da questo 'pragmatismo trasversale' che sembra essere la chiave del successo amministrativo di un territorio.

venerdì 16 gennaio 2009

Il dono della macchina spazzatrice da Torino ad Altavilla

Una riflessione da una cittadina di entrambi i comuni 

di Tiziana Rubano

Chiamparino dona una macchina spazzatrice ad Altavilla. Non capisco. Rileggo. Chiamparino dona una macchina spazzatrice ad Altavilla. Colpita. Un brivido lungo la schiena. Che c’entra il buon vecchio Sergio con il mio paesello di campagna? Clicco sul titolo e mi perdo nella lettura di un articolo precisissimo in cui vengono citati numericamente i meriti dei miei compaesani estivi. 
La notizia ha per me doppia risonanza: Chiamparino sindaco della mia città e nativo del paese adiacente al capoluogo piemontese dove ora vivo, Moncalieri; Altavilla rifugio dalle mie pene metropolitane. 
Mi viene da sorridere per frasi giustamente dettate dalla gratitudine, ma che suonano un po’ stonate alle mie orecchie. Il sindaco dell’autorevole comune di Torino deve essersi convinto, oltre che per le ben note ristrettezze economiche dei piccoli comuni, per i risultati raggiunti in termini di raccolta differenziata. Penso alla seconda ipotesi e mi pare la più corretta perché, ahimé, Torino di ristrettezze economiche paradossalmente ne ha da vendere. Ma, almeno questo, fortunatamente, non è un vostro problema. 
Ringraziamo Chiamparino, accettiamo il regalo e torniamo all’emozione che ho provato alla scoperta della nuova. Un senso di orgoglio mi ha invasa. Non l’orgoglio di una torinese che tende la mano al Sud, ma di un’altavillese e dei propri conterranei che, partiti da una situazione di svantaggio, hanno avuto il merito di arrivare dove gli altri faticano a giungere. Mi spiego. 
Torino regala una macchina spazzatrice ad un comune del Sud. Traduzione. Una città del Nord dove è scontato che la raccolta differenziata sia ben organizzata e completamente assorbita dalla cultura dei cittadini premia un piccolo paese dell’entroterra campano con l’emergenza rifiuti costantemente dietro la porta. 
La rete straripa di articoli che lodano Moncalieri, Torino e la loro efficienza nell’ambito, ma la realtà vissuta nel quotidiano è un’altra: è di questi giorni la notizia della rabbia dei torinesi che, durante le festività natalizie, hanno visto la città trasformarsi in un’enorme discarica a cielo aperto e il “porta a porta” finire nuovamente nel mirino delle critiche. 
Sarei felice se Chiamparino, recentemente eletto fra i tre sindaci più amati d’Italia, venisse a riposarsi dalle fatiche dei consigli comunali, particolarmente duri da quando “democraticamente” ha deciso di costruire un inceneritore alle porte di Torino, in uno degli agriturismi di Altavilla. Solo così, si renderebbe veramente conto di quanto giusta sia stata la sua decisione e, con la sua testimonianza, potrebbe sfatare il mito del “meridionale” che inquina. Sogno di vederlo passeggiare per le vie del paese alla ricerca di un cassonetto che non troverebbe neanche a pagarlo oro, il suo viso stupito nel vedere ogni mattina la vecchietta o il bambino sporgere il sacchetto, coscienziosamente suddiviso in base ai giorni della settimana, all’esterno della propria abitazione e lo stesso sparire dopo appena qualche ora perché già sulla via della discarica. Lui, uomo semplice e da sempre vicino alla gente, quotidianamente costretto a confrontarsi con i problemi di una grande città, si porrebbe certamente delle domande, una potrebbe essere come sia stato possibile trasmettere alla mentalità paesana l’importanza del differenziare. 
Mi piace immaginarlo, una volta rientrato dalla sua vacanza campestre carico di buoni propositi, immerso in un tipico scenario da girone dantesco. Avvolto dalla nebbia padana lo scorgo camminare per le strade di Moncalieri dove un tempo correva bambino, non colpevole di ciò che lo circonda, ma amareggiato dalla visuale e costretto a zigzagare tra i piccoli bidoncini stracolmi di rifiuti sostituiti a quelli giganti di un tempo quando, bizzarria, differenziare non era obbligatorio. Vedo i bidoncini animarsi e dopo averlo circondato chiedergli perché sono stati sbattuti in mezzo alla strada quando gli era stato promesso che sarebbero rimasti al sicuro all’interno dei cortili condominiali e i sacchetti della plastica traboccanti e maleodoranti, per cui non è stato creato alcun cassonetto particolare, ammassati inermi ai lati dei marciapiedi a ricordare che Napoli non è poi tanto lontana. Vedo il sindaco continuamente interrotto nel suo percorso dai cortei di protesta che regolarmente si svolgono tra le vie del paese, arrivare stanco e deluso davanti alle porte del comune che gli ha dato i natali e affranto sussurrare al primo cittadino e collega: “Ho un consiglio da darti, c’è un paese nel Cilento che ha molto da insegnarti…”.

mercoledì 14 gennaio 2009

Realtà locali. Prospettive e leve di sviluppo

"Vede, Cucuzza..."


La settimana scorsa, nello studio televisivo di Uno Mattina, si è tenuto un incontro sul tema dello sviluppo delle comunità locali.

Si è parlato del disagio insediativo che coinvolge chi emigra dal piccolo centro alla volta della metropoli, quel senso di perdita di identità che si sperimenta lasciandosi alle spalle la comunità nativa. Ma questa sensazione di improvvisa rarefazione e smagliamento della rete delle relazioni umani che si vive nel passaggio dalla propria terra alla “terra promessa” metropolitana è così naturale e indispensabile?

A quanto pare qualcuno oggi sta iniziando a metterlo in dubbio. E si tratta proprio di una nuova sensibilità serpeggiante nella nostra società che, improvvisamente, forse esausta per i ritmi frenetici di città sempre più intasate e straripanti, inizia a rivolgere lo sguardo verso una dimensione “a misura d’uomo”.

Questa nuova sensibilità è legata a una riflessione più ampia, quella di una rinnovata esigenza di “qualità della vita”. Esiste, come tutti sanno, una apposita ricerca annuale condotta dal Sole 24 Ore (per i risultati del 2008 vi rimando qui). Ricerca che tiene conto di variabili come il tenore di vita, l’ordine pubblico, la densità di popolazione, il tempo libero, i servizi ambientali e lo stato di salute delle province italiane. Solo qualche curiosità relativa alla provincia di Salerno: se nei servizi sociali siamo nella parte bassa del tabellone (per tenore di vita siamo gli ultimi in assoluto), siamo piuttosto alti nella classifica dell’ordine pubblico. Sarà perché c’è sempre meno gente da gestire?

Cattiveria a parte, è nota la forte tendenza migratoria che caratterizza da secoli la nostra provincia (vi rimando al libro “La Merica altavillese”, di Bruno Di Venuta), messa in ginocchio da un’economia sempre più globalizzata, totalmente divergente dalla vocazione agricola del nostro territorio, fatta per lo più di piccole imprese alimentari. Vocazione apparentemente immodificabile.

Gli esperti convocati a Uno Mattina sono però tutti d’accordo nell’evidenziare che c’è una spirale subdola attiva storicamente e in particolare oggi: la cosiddetta emigrazione forzata genera a sua volta una gravissima perdita di risorse umane, intellettuali ed economiche. Che genera altra emigrazione forzata. Che genera…

Mauro Guerra, sindaco di Tremezzo, comune a ridosso del Lago di Como, evidenzia come una opportunità oggi imprescindibile per i piccoli centri sia quella di unirsi e cooperare nella gestione del territorio, utilizzando lo strumento - promosso dall’ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani, - delle “Unioni di Comuni”. L’Unione dei Comuni della Tremezzina, da lui stesso guidata e formata da sei comuni che raccolgono in tutto 3600 abitanti, ha ottenuto un netto miglioramento della qualità dei servizi ai cittadini, attraverso la gestione comune della polizia locale, l’ottenimento di un asilo nido intercomunale, di un servizio di assistenza domiciliare agli anziani, e grazie anche alla possibilità di partecipare con più forza ai progetti finanziati dall’Unione Europea.

Rossella Muroni, Direttore generale di Legambiente nazionale, è convinta che non sia così diffusa la capacità di accedere ai fondi strutturali europei. E’ necessario “riscoprire i talenti territoriali, che siano in grado di realizzare cose che piacciono al mondo” (qualcuno, a riguardo, parla di glocal, da global-local).

La Rete europea dei piccoli comuni mette a disposizione strutture e competenze per aiutare i comuni nella realizzazione di progetti finanziabili.

Chi avesse voglia di cimentarsi con le tematiche dello sviluppo locale potrebbe poi partecipare a “Symbola”, seminario annuale sulla qualità della vita fuori dalle città, curato da Ermete Realacci (ci farò un salto qui a Milano il prossimo maggio e vi dirò).  

Chiudo con le esortazioni di Aldo Bonomi, presidente del Consorzio AASTER (Associazione Agenti per lo Sviluppo del Territorio), secondo cui la qualità della vita è direttamente proporzionale alle dimensioni delle città, che con la continua immigrazione rischiano di diventare delle megalopoli impazzite. Proprio il 2008 è stato l’anno del sorpasso della popolazione delle città su quella delle campagne, segno che la tendenza è già in atto.

Il futuro economico delle piccole realtà locali, sostiene Bonomi, consiste nello stare al passo con un mercato globalizzato e competitivo. C’è chi, come lui, giura che questo non sia impossibile.

Il Consorzio AASTER nasce a Milano nell'ottobre 1986 come agenzia di promozione della figura professionale dell'Agente di sviluppo. L'Agente di sviluppo si propone come operatore territoriale con spiccata vocazione socioeconomica, che opera in forma autonoma o alle dipendenze di Enti pubblici e privati, con il compito specifico di analizzare le problematiche territoriali sotto il profilo delle risorse e delle reti di attori, di individuare gli elementi di criticità e le potenzialità di un sistema locale, i soggetti disponibili all'azione in comune, nonché le opportunità di finanziamento dei progetti di sviluppo. La struttura si avvale di una rete di collaboratori estesa a tutto il territorio nazionale e ad alcuni Paesi europei (Spagna, Francia, Germania). 

"Vede, Cucuzza, è una questione di responsabilità degli individui: la differenza la fanno le persone, gli amministratori locali."

lunedì 12 gennaio 2009

Recensione de "I Paesi delle ombre" di Oreste Mottola


di Maria Laura Pirone, Il Salernitano

Passione, attenta analisi dei fatti, mistero, suspense, emozione. Questi gli ingredienti vincenti dell’ultimo libro del giornalista altavillese Oreste Mottola.

“I paesi delle ombre” è la risposta al come scrivere un libro di successo, la cui riuscita dipende dal modus narrandi che qui è davvero coinvolgente. Il libro presenta episodi storici con semplicità e chiarezza attraverso la quotidianità degli avvenimenti e dei loro risvolti.

Insieme agli accadimenti e alle storie di vita irrisolte di cui si racconta, emozioni, curiosità, credenze popolari, fatti miracolosi, miserie umane e grandi personaggi si alternano e intrecciano destando rinnovato interesse nel lettore.

La scomparsa di Ettore Majorana e di Lorenzo Rago sono i casi che più impegnano autore e lettore, ma non i soli a catturare l’attenzione. Il libro, infatti, è un susseguirsi di storie particolari attraverso cui Mottola presenta i diversi paesi del sud di Salerno, utilizzando documenti giornalistici, mettendo a fuoco i contesti e le problematiche sociali, ricordando usi e tradizioni locali, che trapelano anche dal modo di parlare e di agire dei soggetti presentati. Infatti, il lettore che non conosce i vari siti che l’autore propone, riesce ugualmente ad entrare nel cuore di essi. E così, il Cilento con Perdifumo, Agropoli, Acciaroli e poi ancora Battipaglia, Paestum, gli Alburni, l’Alto Sele, Albanella, Altavilla Silentina diventano anche i paesi del lettore conquistato dal modus narrandi che eleva a sentimento universale storie molto diverse tra loro.

Un libro che si fa leggere d’un fiato e al contempo ha la capacità di far riflettere sulla forza della vita, sul bizzarro ruolo del destino, sull’impotenza di quanti cercano di governarlo, riscoprendosi continuamente vinti e sulla volontà di ricominciare  a vivere, nonostante tutto. 

I racconti di OLIONELLO

"I fanghi tossici"

di Fabio Sacco

Questa settimana OLIONELLO, l’ulivo al centro dell’incrocio di Matinella, ha deciso di occuparsi di uno sport estremo molto praticato ed in voga nelle nostre zone: scavare buche e sotterrarvi rifiuti tossici. 

Ciao Olionello. Buon 2009!

Buon anno anche a te ed a tutti i nostri coraggiosi lettori.

Com’è iniziato il nuovo anno?

Decisamente bene. A parte la troppa pioggia degli ultimi mesi, per il resto ho sentito ottime notizie.

A quali notizie ti riferisci?

Nei primi giorni dell’anno è stata scoperta una discarica di rifiuti speciali in un’area, sottoposta al vincolo paesaggistico, a pochissima distanza dal torrente “La Cosa”, affluente del Calore e del Sele. Questa è un’ottima notizia che mi riempie di gioia. Di contro è anche una pessima notizia.

Perché? Hai appena detto che ti fa piacere…

Certo! Ma ciò che mi scoraggia è il fatto che non si tratta della prima volta che viene fatta una simile scoperta. Già in passato, nelle stesse zone, sono state scoperte delle grosse buche con rifiuti tossici di ogni genere, sotterrati e nascosti. Chissà di quanti siti simili ancora ignoriamo l’esistenza e non sono ancora stati scoperti.

I responsabili di questo crimine sono stati denunciati?

Il proprietario del terreno è stato denunciato a piede libero per inquinamento e per aver realizzato una discarica di rifiuti speciali, a cielo aperto e non autorizzata. Io l’avrei accusato di tentata strage! Ho la netta impressione che la popolazione sia colpevolmente indifferente nei confronti di tali problematiche. Eppure azioni del genere possono provocare danni irreparabili alla salute dei nostri terreni, le nostre piantagioni, i nostri animali, i nostri prodotti tipici (tanto decantati come genuini, protetti e controllati). Inutile aggiungere gli effetti sulla salute degli uomini, ma preferisco fermarmi qui per non spaventarti.

In ogni caso questa persona non potrà più far danni.

Lo spero proprio. Purtroppo l’esperienza mi porta a non essere per nulla ottimista. Questo stesso individuo è stato già protagonista di simili azioni criminali e, nonostante ciò, è ancora libero di far danni.

Scandaloso. Sei sicuro?

Purtroppo è così. Circa 18 mesi fa ci fu un’altra operazione simile, che portò all’arresto di circa 40 persone in tutta la Campania. Ma dopo 3 giorni esatti erano già tutti liberi, perché il loro fermo non fu convalidato. Il nostro protagonista, invece, ottenne gli arresti domiciliari.

Nel 2003 venne scoperta una truffa ai danni dell’Inps: attraverso il sistema dei falsi libretti si assumevano, in maniera fittizia, migliaia di braccianti agricoli, per poi spuntare le indennità concesse dagli istituti previdenziali. E chi c’era tra gli indagati? Sempre lui, l’uomo nero di Matinella!

Cos’altro bisogna scoprire prima di ottenere finalmente giustizia?

Quanta diossina deve ancora essere ingerita?

Quanti veleni devono ancora essere respirati?

Quante malattie devono ancora colpire le nostre famiglie?

È ora di porre rimedio. 

Otto anni di Musica Nova...

"...Sulla scia di una stella chiamata emozione"

di Antonietta Broccoli

Nelle notti d’inverno, quando la luna abbandona il capo candido sulla chioma soffice della volta celeste e congiunge il perfetto con l’imperfetto sollevando nell’infinito, con il vento pungente, i sogni  degli uomini, capita di restare incantati, ore ed ore, a scrutare il cielo e di scoprirsi più poveri e, al contempo, più ricchi nel cuore e nella mente. 
Più poveri perché la perdita della nostra purezza, commisurata al trascorrere degli anni, ci rende insensibili al mistero, ma anche più ricchi perché la meraviglia ci fa credere nella possibilità di un riscatto che non tarderà a venire. 
Di una stella che, presto, illuminerà il nostro cammino e, questa volta, sarà per sempre.  Già le stelle, quante speranze danno luce e incitano a risalire la vetta del destino che è diverso per ciascuno di noi. Quante emozioni brillano nella nostra anima, se solo siamo disposti ad ascoltarle, fermandoci un attimo e aprendoci all’infinito.
A ben guardare, sono tante le occasioni che sprigionano un’emozione: il sorriso di un bambino, il cielo terso di una primavera fiorita, il dolore dell’addio, la magia della musica. La musica che ha il potere di trasformare un misero in un re, un irriducibile miscredente in un angelo del paradiso, un’impetuosa tempesta dello spirito in una tranquilla bonaccia. 
Compito pregevole e nobile è quello di promuoverla e farla giungere a un pubblico sempre più vasto che abbia accolto benevolmente il suo invito.

È proprio questo lo scopo dell’associazione culturale e coro polifonico “Musica nova” di Altavilla Silentina che, da circa otto anni, propone, sul territorio nazionale e internazionale, un repertorio universale, fiorito nel corso dei secoli grazie all’opera di compositori immortali, che suscita in tutti una profonda catarsi e una viva gioia. 
L’associazione ha sempre promosso la valorizzazione della cultura regionale ricercando momenti d’incontro con altre realtà: ne sono brillanti esempi i tour in Ungheria (agosto 2004), in Calabria (dicembre 2005), in Valtellina (giugno 2008) e lo splendido concerto corale-strumentale che il coro “Musica nova” ha realizzato il 7 giugno 2008 nella chiesa di Maria SS. del Carmine di Altavilla Silentina, avvalendosi del prezioso ausilio dell’Orchestra a plettro “Ottocento Toscano” di Firenze nota per la sua bravura e, soprattutto, per aver rappresentato l’Italia nell’agosto del 2005, alla XXXIX Edizione del "Festival Internazionale delle Orchestre a Plettro" svoltosi a Logroño (Spagna). 
Nel periodo natalizio, è stata protagonista, come ogni anno, di un proficuo viaggio tra le melodie della festa che è approdato a Pontecagnano Faiano (Chiesa di S. Benedetto, 13-12-2008), a Eboli (Santuario dei SS. Cosma e Damiano, 20-12-2008), ad Altavilla (Chiesa di Maria SS. del Carmine, 26-12-2008) e a Trentinara (Chiesa dell’Assunta, 29-12-2008), irradiando sprazzi di genio musicale dell’importanza di Haendel, Verdi, Bach, Vivaldi, sommi rappresentanti della musica classica e poi ancora, Orff, Burleigh e Piovani, moderni e contemporanei alchimisti dell’armonia. Ma c’è di più.
Il 3 gennaio 2009, in collaborazione con Bruno Di Venuta, autore dell’interessante libro “La Merica altavillese” di cui è stata eseguita una ristampa voluta fortemente dalla Regione Campania, “Musica nova” ha organizzato una manifestazione originale che aveva come argomento principe il tema del libro, l’emigrazione, raccontato, ragionato, ma anche cantato. L’emigrazione non è più un fenomeno che appartiene esclusivamente al passato e a determinate categorie sociali, ma accomuna episodi attuali di giovani diplomati o laureati che, in cerca di un lavoro e di migliori prospettive di vita, decidono di lasciare il paese d’origine e raggiungere le metropoli della realizzazione personale. Sono lontani i tempi della valigia di cartone e di “Partono i bastimenti…”, eppure tanto di quella “Terra mia” e del “Paese mio che stai sulla collina…” sopravvive ancora in noi e ci rimanda alla storia di tutte le nostre famiglie che, in modo diverso, hanno vissuto il distacco. La manifestazione, sapientemente guidata da Bruno Di Venuta ed intervallata da piacevoli e pertinenti momenti musicali, a cura del coro diretto dal Maestro Roberto Serratore, è stata arricchita dagli interventi finali del dott. Antonio Bassi, Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Altavilla Silentina, del Prof. Pinto, docente di storia presso l’Università degli studi di Salerno e dell’Assessore alle politiche sociali del Comune di Eboli, dott. Sgroia che hanno evidenziato la valenza altamente culturale del libro, della serata e discusso delle loro esperienze di “emigrati di successo”.
Che altro dire? “Musica nova” non può che far proprio l’augurio dei latini che, si sa, erano un popolo belligerante, ma soprattutto dei grandi intellettuali che hanno conquistato il mondo più con la cultura che con la spada. 
Dunque, ad Maiora! 

San Silvestro altavillese da 10 mila euro

Merito di un gratta e vinci fortunato venduto a Borgo Carillia

Un impiegato torinese, altavillese di nascita, vince diecimila euro al gratta e vinci. Festa e brindisi a Borgo Carillia nel bar gestito da Cosimo Adelizzi . «Ancora una volta la fortuna ci ha portato bene. Siamo alla quinta vincita in un solo mese». L’impiegato da tutti conosciuto ha cinque fratelli in zona. Li chiamano i fratelli Acito, ad Altavilla. Cresciuto in paese, il vincitore ha lasciato il Sud trovando un impiego a Torino. Rientrato per le festività natalizie, il fortunato scommettitore, il 31 dicembre scorso, ha comprato un biglietto da cinque euro nell’ambito del concorso il Miliardario. Grattando la patina argentata, l’impiegato altavillese ha scoperto l’inattesa vincita: diecimila euro. Sarà stata l’emozione, la voglia di condividere il premio, ma in pochi minuti tutti gli avventori del bar e molti residenti in zona hanno saputo della vincita. Stappato lo spumante, l’impiegato e i suoi amici hanno festeggiato la vincita e brindato all’anno nuovo. Prima di andare via, con il biglietto sistemato in una tasca con la cerniera, il vincitore ha lasciato una mancia anche ai dipendenti del bar gestito da Cosimo Adelizzi.

mercoledì 7 gennaio 2009

I social network come strumenti di incontro tutt'altro che virtuale...


di Diomira Cennamo

Rispondendo al commento di F.T. a "I figli feriti di Altavilla", i social network sono degli strumenti in cui la discussione è molto più agevolata e in tempo reale. Tra questi Google, Ning, facebook - dove abbiamo già un gruppo dedicato e ne esiste un altro dedicato al nostro paese, Altavilla Silentina Group (molte persone si sono iscritte a entrambi) - e Second Life. Quest'ultima è una piattaforma 3D, un cosiddetto "mondo virtuale", in cui si può chattare e parlare, avendo un microfono (consiglio una cuffia con microfono incorporato, che si trova a partire da 6 o 7 euro). Occorrerà costruirsi gratuitamente un account con un proprio "avatar", un personaggio che ci rappresenta, e incontrarsi nel luogo e orario previsto, organizzandoci magari via mail, blog o social network. Sono operazioni abbastanza semplici, semplicissime per chi ha già qualche dimestichezza con i videogiochi. Per iniziare occorre scaricare il programma qui.
Tra l'altro, credo molto in un utilizzo combinato di questi mezzi. 
Avrei la possibilità di richiedere a Progetto Kublai del Ministero dello sviluppo economico, con cui ho collaborato, un'area conferenze. Credo che ne saranno contenti, visto che lì si fa proprio sviluppo locale. Intanto inizierei a costituire un social network classico tipo Ning (che mi piace molto). Nel frattempo utilizziamo pure i due gruppi su facebook, dove pubblicherò ogni post, invitando le persone a commentare. Vi lascio intanto un paio di link a social network che conosco e che funzionano bene: http://progettokublai.ning.com/ e http://40xvenezia.ning.com/.
Il bello è che, grazie a questi strumenti, possiamo incontrarci da ogni parte del mondo. 

Aspetto vostre idee, adesioni, proposte.

lunedì 5 gennaio 2009

La quercia: albero secolare altavillese da salvare


di Silvia Di Masi

Mi chiamo Silvia Di Masi ed abito a Portici (Napoli) ma sono nata in contrada Falagato e ci ritorno spessissimo, in questo luogo ci sono i miei genitori e le mie passioni, un giardino che ho fatto nascere intorno al rudere della case dei nonni, ed un appezzamento di terreno che mi permette di essere quasi autosufficiente per frutta e verdura. 

Nella mia terra ho cercato di conservare le piante che sono tipiche della nostra zona, come il grande gelso bianco che copre tutto lo spazio davanti casa che era una pianta che tutte le famiglie avevano. Sotto questa pianta, da circa ottanta anni, tutti i membri della mia famiglia hanno riposato nei pomeriggi assolati dopo il lavoro dei campi, mentre nelle serate estive tutto il vicinato si radunava per chiacchierare ed il nonno ci suonava il mandolino e giocava a carte con Zi Innaro. Lo scandire delle stagioni per me era legato al gelso, al dolce dei frutti in primavera ed al fresco della sua ombra d’estate, mentre l’autunno era segnato dal giallo delle foglie e il tappeto che esse formavano sull’aia. Ma queste piante sono scomparse dal vicinato per motivi diversi ed uno di questi mi ha colpito più degli altri:” è una pianta che sporca “. Per migliaia di anni è stato un albero produttivo in tutte le sue parti frutti, foglie, legno, mentre oggi … sporca. Nei cortili dove una volta c’erano gelsi, limoni, viti di uva fragola oggi troviamo piazze cementate ed alberi di Phenix e Washingtonia che sono belle piante ma poco si adattano al nostro paesaggio.

Ma l’albero che più rappresenta il paesaggio di Falagato è sicuramente la quercia, piante di quercia erano distribuite su tutto il territorio. L’incrocio in cui si incontrano le strade che portano a Cerrelli, Borgo Carillia e Matinella viene ancora detto “A Cerza” anche se l’albero è stato tagliato. La grande quercia all’inizio di contrada Falagato offre ancora oggi riparo ai venditori ambulanti nelle calde giornate estive così come la quercia che troviamo nel piazzale della Madonna della Neve ricordata da tutti i pellegrini. Ogni angolo di questa contrada aveva una quercia, ma solo alcune sono rimaste, altre non ci sono più.

Il mio personale ricordo è la strada che portava a casa mia allora circondata da alberi alti ed imponenti che nelle sere d’inverno formavano un tunnel scuro e misterioso alla fine del quale si intravedevano le mura bianche della mia casa.

Molti esemplari sono stati tagliati, alcuni erano malati ma altri sono stati abbattuti perché queste piante non servono più, in realtà come per il gelso, anche la quercia ha perso la sua funzione di alimento per i maiali e di riserva di legname per il camino .

Qualche giorno fa ho chiesto a mio padre quante piante di quercia erano rimaste nel nostro terreno e lui ha risposto che ne erano rimaste poche, solo due, ho pensato che fra pochi anni se continuiamo ad essere indifferenti, il patrimonio di querce di Falagato finirà e le prossime generazioni non potranno godere di questi magnifici spettacoli che sono queste sculture vegetali.

I figli feriti di Altavilla


di Tiziana Rubano


Una sera dell’estate scorsa, mi trovai, quasi per caso, seduta ad un tavolino del bar centrale di Piazza Castello con alcuni vecchi amici, qualche faccia nuova e altri conosciuti nel pomeriggio. Tra i mille discorsi affrontati quello che fece scaldare maggiormente gli animi fu, come è immaginabile, l’abbandonare o meno Altavilla per cercare la propria realizzazione lavorativa e umana altrove. 

Premetto che, per quanto possa amare Torino mia città natale, vivo la lontananza dal paese come se fosse un esilio,  dunque mi colpì particolarmente un ragazzo, non più giovanissimo che, con aria di sufficienza, si inserì nella discussione gettando un fiammifero acceso sulla benzina che fuoriusciva dalle nostre bocche: “Io torno in estate per vedere mia madre, il giorno in cui lei ci lascerà non metterò più piede qui”. 
Il ritorno quindi vissuto come richiamo di sangue. Nessuna nostalgia per la terra, l’odore, le abitudini, le tradizioni. 

Provai a farlo ragionare. 
Io che, nella fredda città piemontese, non passo giorno senza rivolgere a sud un malinconico pensiero. Io che mi addormento ogni sera chiudendo gli occhi alla ricerca di quella pace, che forse voi chiamate tedio, ma per me è impossibile da trovare altrove. Mi resi conto da subito che mi accingevo ad un confronto già perso in partenza. Percorrevamo al contrario due linee parallele che non si sarebbero mai incontrate. Lui fuggito dalla quotidianità noiosa e alienante del paese natio, io attratta da una forza proveniente dalle viscere più profonde di quella terra. Entrambi provammo a sostenere le nostre tesi. Aveva le idee ben chiare. Non era solo la mancanza di lavoro la causa del suo allontanamento, ma soprattutto la “gente”. 
La gente, gli altavillesi. Persone strane. Iniziò con l’espormi un esempio dalle fondamenta poco solide: “Odio stare in coda alla posta ed essere superato da chi è appena entrato perché amico del cassiere o del direttore o di chicchessia”. E’ vero succede e non solo ad Altavilla, ma proprio qualche giorno prima ero stata in posta e il cassiere si era prostrato per aiutarmi a risolvere un problema senza neanche conoscere il mio nome. Mezz’ora dedicata a me e nessun lamento di chi era alle mie spalle. Anche questo succede, a Torino no, non c’è tempo, si va di fretta, ritieniti fortunato se ti vengono concessi un paio di minuti. Mi raccontò di situazioni politiche particolari, di clientelismo, di nepotismo e così via. 

Lo bloccai. Non mi interessava. 
Non è solo la classe politica che fa il paese, come la terra è di chi la lavora, il paese è di chi lo vive. Su questo punto ci trovammo d’accordo, ma proprio questo punto lo infervorò ulteriormente. Ad Altavilla manca la voglia di evolversi, sbraitava. 

Ad Altavilla manca la forza di vivere la propria realtà, lo corressi, e questo vuol dire renderla il più gradevole possibile. 

Ho visto amici impegnare anima e corpo per organizzare un qualsiasi evento e avere come risposta sguardi vuoti e ghigni neanche troppo soffocati dalle stesse persone che, passeggiando su e giù per la piazza con le braccia conserte, lamentano la mancanza di stimoli. Ho visto giovani  costretti a chiudere locali soffocati dall’invidia. Ho visto, da un’estate all’altra, sparire il “campetto”, la “foresta” e così via. Per giocare una partita a tennis bisogna emigrare ad Albanella. Per andare in un locale alternativo bisogna arrivare al mare. Per ballare non ne parliamo. Ho scoperto dell’esistenza degli scavi di San Lorenzo preparando un esame di archeologia medievale a mille chilometri di distanza. 

Perché ad Altavilla, a differenza di altri paesi, anche limitrofi, nulla di positivo riesce a durare? Chiesi. 
“Per via della gente” fu la risposta unanime che s’innalzò da quella piccola tavola rotonda improvvisata. La gente. Ma chi sarà mai questa “gente”? La “gente”, elemento astratto e inafferrabile, si è inserita nella mia vita da quando ragazzina in vacanza ad Altavilla sentivo ripetere “Non stare davanti al bar se no la gente…Non stare in piazza fino a tardi se no la gente….Non uscire con quello perché porta l’orecchino se no la gente…”. Una litania che a me suonava come un bombardamento di timori esasperati ed esasperanti. Immaginavo gruppi di persone ferme agli angoli delle strade in attesa del mio passaggio per poi bisbigliarsi cattiverie all’orecchio e lanciarmi anatemi. Solo una persona, nella mia famiglia,  riusciva a sdrammatizzare. Mio nonno materno, forse forte della sua esperienza americana ironizzava ribadendo che “le critiche giunte alla fine del paese non possono che tornare indietro”, dunque tragitto breve e pochi giorni di sopravvivenza. Così, negli anni, pezzo per pezzo sgretolai l’immagine fantastica e fantasiosa che avevo creato della gente. 

Alla fine gente, la gente siamo noi, la gente siete voi. La gente siamo tutti e tutti dobbiamo guardare nella stessa direzione. E’controproducente ridere di chi con impegno lavora per migliorare quello di cui tutti godiamo, che si tratti dell’apertura di una nuova attività o dell’organizzazione di una serata di festa poco importa, ogni briciola è parte di un pezzo di pane che poi sazierà un po’ tutti. E’ controproducente crescere i figli con il mito del Nord ricco e efficiente, al contrario facciamoli innamorare delle loro origini al punto che li sentiranno sempre imprescindibili dal proprio essere, anche perché, una volta partiti, non solo non mangeranno fusilli al pranzo della domenica o struffoli la sera di Natale, ma vivranno lontani dal calore che unicamente la propria terra e la propria gente possono donare e inevitabilmente, strappati dalle loro radici e da tutto quello che è la loro storia saranno persone a metà, forse con un lavoro più sicuro, forse, ma pur sempre persone a metà. 
“E’ facile per voi, con uno stipendio fisso a fine mese, suggerire agli altri come dovrebbero reagire di fronte alle difficoltà imposte dalla propria situazione”, mi hanno attaccata, quasi all’unisono, i partecipanti, via via sempre più numerosi, di quella intensa conversazione estiva. Questo è indubbio, ma credetemi, quassù è raro leggere negli occhi di qualcuno quel senso di appartenenza che traspare dai vostri e l’essere parte di una comunità, quest’ultima intesa come gruppo di persone che condividono qualcosa di importante, è il primo passo verso la realizzazione di qualsiasi progetto, è impresa titanica scalare una montagna in solitudine.  

Non so se quella sera di mezza estate sono riuscita a convincere il mio nuovo amico, certamente lui mi ha lasciato una riflessione che giro a voi con la speranza che troviate le risposte che vagano, da mesi ormai, negli strati più bui e profondi della mia mente.  

Apparirà retorica, ma come può un paese sito alle porte del Parco Nazionale del Cilento, con alle spalle dei monti superbi e di fronte una delle coste più belle d’Italia, con un centro storico invidiabile e una vista sulla piana del Sele da togliere il fiato, con un potenziale immenso e assopito, in attesa da anni di essere sfruttato, lasciare che i propri figli fuggano e che lo facciano con il desiderio di non tornare più, quasi, e questo mi viene da pensare, a scappare da un amore troppo grande, un amore che li ha delusi, li ha feriti , li ha lasciati andare dandogli probabilmente anche un leggera spintarella sulla schiena per facilitarne il distacco…

Tiziana Rubano

sabato 3 gennaio 2009

Raduno degli Amici della Collina degli Ulivi ad Altavilla

di Fabio Sacco

Salve a tutti.
Sono Fabio Sacco.
Vi scrivo per ringraziarvi ancora una volta per aver partecipato alla nostra riunione.
In copia trovate gli indirizzi e-mail di tutti i partecipanti.
Se ho mancato qualcuno o desiderate rendere pubblica questa mail, siete liberissimi di inoltrarla a vostro piacimento. Non avremo mai nulla di segreto.
Credo sia inutile ricapitolare quanto ci siamo detti solo poche ore fa.
A beneficio di chi non era presente vorrei sottolineare solo alcuni aspetti salienti:

- Alla riunione hanno partecipato una decina di persone, per lo più non residenti ad Altavilla
- Si è discusso di alcune problematiche legate al territorio (lo stato in cui versano da anni le tante chiese ormai abbandonate, la Foresta, gli Scavi di San Lorenzo)
- Giuseppe Di Chiara si è fatto promotore di una lodevole iniziativa: donare una reliquia di San Francesco al Convento di San Francesco. Questa probabilmente potrebbe essere la nostra prima iniziativa.
- Si è discusso su che forma dare al nostro "associazionismo", quindi se costituirsi in Associazione o Centro Studi. Per ora, a mio avviso, siamo semplicemente un Network ma devo ammettere che bisogna dare una forma legale alla nostra iniziativa.
- Altri argomenti trattati: una scuola superiore ad Altavilla; destinazione degli edifici ERSAG a Borgo Carillia; il Portale di Bruno Di Venuta su Altavilla (potremmo dargli una mano ad arricchirlo); distribuzione di Unico via web in formato pdf; sensibilizzare i giovani altavillesi magari raccontando le storie di chi è emigrato e di chi è rimasto; far conoscere alla popolazione alcuni personaggi illustri altavillesi come Padre Guglielmo Di Agresti, Padre Candido Gallo, il prof. Paolo Tesauro Olivieri, Il prof. Francesco Di Venuta

Un'altra ottima idea mi è pervenuta poco fa da Elda Lettieri: 
http://www.aurigavaldelsa.org/index.php?mod=progetti/ori

Se ho mancato qualcosa o c'è qualche imprecisione, vi prego di correggermi.
Vi segnalo i nostri gruppi su Facebook.
Amici de "La collina degli ulivi": 
http://www.facebook.com/group.php?gid=22116972401
Altavilla Silentina Group: 
http://www.facebook.com/group.php?gid=31863142665

In attesa di rivedervi tutti di persona, vi saluto caramente.

Fabio Sacco.

venerdì 2 gennaio 2009

L'altavillese Francesco Cembalo al timone del Comitato Regionale Campania per il Tiro a Volo


Francesco Cembalo è il nuovo Presidente del Comitato Regionale Campania della Federazione Italiana Tiro a Volo. Sarà coadiuvato dai Consiglieri: Michele Candilio, Ercole Di Baia, Vincenzo Vitone ed Antonella Zaino. Ad esclusione di quest’ultima che già aveva fatto parte per un Quadriennio nel Comitato Regionale, gli altri sono tutti alla loro prima nomina.
"La caparbietà, la passione per il nostro Sport e l’impegno agonistico del nuovo Presidente e della sua genie è notorio", fa sapere la FITAV, "da pochissimi anni avvicinatosi alle competizioni di Fossa Olimpica, ha ottenuto già notevoli successi in campo nazionale e regionale, emulato dal giovanissimo figlio Agostino, anch’egli autore di splendide vittorie nell’ambito delle gare del Centro C.A.S. Anche i nuovi Consiglieri sono tutti Tiratori in piena attività agonistica, cosa che lascia ben sperare in una Nuova Era che, senza trascurare le necessità concrete dei Gestori degli Stand, riesca a coniugare una Politica organizzativa che rinvigorisca il piacere dei Valori di Sportività e di Rispetto delle Regole in essere, dialogando ed ascoltando i Tesserati anche attraverso i Dirigenti delle Società Sportive, sempre che questi ultimi siano veri rappresentanti delegati dai propri Tesserati, ed agendo fermamente ed attivamente nell’Area di propria competenza operativa, ma proponendosi anche nei confronti della stessa Federazione. E’ pleonastico inoltre ricordare l’importanza di una attenta politica che indirizzi e valorizzi sempre più nuove Leve al nostro Sport. A tutti un Augurio di Buon ed Efficace Lavoro!"

Ecoballe da fotografare

Giustifica
di Franco Benedetto


Parola accattivante che tradisce in pieno il suo significato, essa infatti non è per nulla ecologica: ammassa spazzatura con un film di plastica, racchiude un tot di rifiuti indifferenziati puzzolenti e sbrodolanti.
Personalmente credo che il prefisso “eco” dovrebbe esprimere la qualità naturale di una cosa. Qui però serve più a nasconder la verità che a renderla meno pericolosa. Un immensa “balla” per prenderci per i fondelli. Amo la natura, mi ritrovo a passeggiare spesso tra i boschi o sulle rive del fiume, il degrado è diffuso, evidente e crescente.
Gli interventi di questo giornale, sempre pronti e tempestivi, hanno indicato due aspetti attuali poco rassicuranti per lo sviluppo ma anche per il mantenimento dell’economia locale:
1) le tonnellate di ecoballe che quotidianamente entrano nel comprensorio militare;
2) il degrado e l’inquinamento del fiume Calore.
La regione Campania ha sofferto e soffre per il collocamento dei suoi prodotti. Le mozzarelle alla diossina e i suoli contaminati hanno influito notevolmente sulle vendite campane condizionando anche quei produttori operanti nel pieno rispetto delle norme vigenti.
La nostra zona, ricca di piccoli paradisi naturali, è stata assediata dalle discariche, e dai quei politici che, individuato un territorio dove vivono possibilmente dei “fessi”, decide di sistemarci a tutti i costi cumuli enormi di rifiuti.
Un interrogativo nasce spontaneo: perché i siti scelti ricadono in zone naturali ad alto rischio ambientale? Non riesco a rispondere che una seconda domanda mi assale con più forza della prima: quali precauzioni sono state adottate per evitare la contaminazione della zona?
Le tantissime ecoballe collocate in Persano hanno costituito una collina artificiale ricoperta da un telo enorme e tetro di plastica scura. Sono situate nell’area utilizzata dalla protezione civile, dove prima vi erano numerose roulotte utilizzate durante il terremoto dell’80. Non si conoscono i vincoli di questa convenzione tra lo Stato e l’esercito, tutto top secret, non si conosce la quantità che sarà destinata nel comprensorio e se mai è stato stabilito un limite.
Probabilmente se un limite c’è, esso riguarderà solo i dati economici dell’operazione.
Il tutto avviene sotto giurisdizione militare, dove anche i residenti hanno dovuto sempre sottomettersi alle direttive militari e politiche, nel tempo hanno oltraggiato la zona, privandola delle sue più grandi realtà come l’allevamento del famoso cavallo “Persano” e “sequestrando” la “Casina Reale di Caccia”, presenza architettonica di grande importanza, seconda nella piana del Sele solo ai templi di Paestum.
Si sa solo che un giorno il famigerato sottosegretario ben noto alle cronache, è stato in visita a Persano e ha fatto il miracolo: il trasferimento dei rifiuti dalla città alla campagna.
Il profumo di queste decisioni è giunto sino a noi, donando alla nostra terra il succo colante dei frutti chiamati ecoballe e la lieta presenza di un gigantesco sarcofago nero.
Quest’area della piana è soggetta ad alluvioni durante le piene invernali, due fiumi e diversi torrenti l’attraversano, è ricca di acqua anche nel sottosuolo, tantissime le falde, molte delle quali sono poco profonde, alcune sgorgano in superficie come quella in località “Pozzillo”, dove venne istallata una fontana per uso comune.
Quale abile mente poteva mai concepire la creazione di una discarica di rifiuti alle porte del Cilento, in un bacino idrico di alto rilievo? Il comune di Serre ospita in sostanza una tre discariche, sta assorbendo così tanti rifiuti che i residenti avrebbero impiegato secoli per produrre tali quantitativi.
Personalmente mi sembra più un abuso che una soluzione. Continuiamo a girare intorno ad un problema che avevamo già ben noto negli anni ’80 e che abbiamo portato all’estremo.
Adesso i cittadini stanno pagando le scelte politiche sbagliate dell’ultimo trentennio.
Ricordo di aver letto una teoria tempo fa la quale affermava che l’essere umano è un extraterrestre perché è l’unico essere vivente sul pianeta Terra capace di inquinare mentre gli altri vivono in perfetta simbiosi con l’ecosistema terrestre.
Non vorrei divagare. Continuiamo ad essere presi in giro, e a non essere rispettati. Abbiamo rinunciato alle comodità della città per vivere una vita sana in aperta campagna, adesso dobbiamo subire i rifiuti e l’inquinamento di chi non ha voluto rinunciare a queste comodità.
L’incapacità dello Stato nel trovare una soluzione al problema rende ancora più povera l’economia agricola campana, vittima anche delle tante malefatte di molte industrie del (civile) nord che hanno preferito smaltire in maniera molto conveniente i propri rifiuti tossici.
I soldi sprecati per il trasporto dei rifiuti potevano essere meglio impiegati, avviando la realizzazione di industrie atte al riciclo dei principali prodotti riutilizzabili, così si poteva dare sostegno a zone depresse con nuovi posti di lavoro a vantaggio dell’economia nazionale.
È essenziale avere una politica nazionale attenta a una vita non “usa e getta”, i cicli produttivi devono produrre il minor quantitativo possibile di rifiuti e utilizzare il più possibile materiali riciclabili riducendo al massimo l’uso della plastica. Negli ultimi 50 anni abbiamo rivoluzionato il nostro modo di vivere, prima conservavamo i bottoni che spesso assumevano valore di moneta nei giochi tra ragazzi, oggi compriamo un cappotto nuovo perché abbiamo perso un bottone.
C’è chi chiama questo modo di vivere “benessere”; i tempi ci invitano a considerare invece sotto altra luce il concetto, perché esso non può più significare inutile spreco di risorse preziose.
A Carillia un esempio di riciclaggio lo si deve all’azienda S.L.A.I. che grazie ad un‘apparecchiatura progettata dall’ing. Campus, usa bottiglie di plastica per produrre monofilati sintetici per il cordame nautico. Ovunque tutti possiamo fare molto.
Il problema ha molte facce; se da un lato si accumulano e stoccano rifiuti in maniera impropria, dall’altra sono aumentate le micro discariche abusive e l’abbandono dei rifiuti. In esse si ammucchia ogni cosa, spesso gli si dà fuoco e poi si ricomincia.
Da poco rosea la situazione per l’economia agricola campana sta assumendo aspetti tragici. La cattiva gestione del territorio e dei problemi ad essa connessi porteranno ad un crescente impoverimento di un agricoltura già in difficoltà e ad un ulteriore passo verso il latifondo. La scarsa valorizzazione dei prodotti regionali e l’incapacità di utilizzare al meglio le risorse turistiche, fanno il resto. Oggi i giovani campani sono tra i maggiori aspiranti, insieme ai calabresi ed ai siciliani, ad un posto effettivo nell’esercito. Essi vi intravedono l’unica possibilità per crearsi un futuro, evitando una vita grama, visto che il lavoro manca e le forme di assistenza sono a dir poco offensive.
Sensibilizzato dagli eventi, penso di mettere in cantiere una piccola mostra fotografica sui tanti aspetti dell’inquinamento del nostro territorio. I materiali riguarderanno soprattutto i comuni di Altavilla Silentina, Albanella e Serre.
L’iniziativa è aperta a chiunque volesse contribuire con proprie immagini, l’idea è di realizzarla a breve, dandole un profilo didattico-educativo e di renderla itinerante.
Saluto tutti i lettori, ringraziandoli per l’attenzione verso queste considerazioni e…Mi raccomando, non bruciate materiale plastico!

I primi quarant’anni altavillesi dell’avvocato Buonaventura Rispoli

di Oreste Mottola

Una proposta: conferiamogli la cittadinanza onoraria per il contributo dato all'economia altavillese

La verità messa giù semplice è che alla fine degli anni Sessanta i Rispoli - che oggi nella loro azienda di Borgo Carillia producono conserve di pomodori, legumi, frutta sciroppata - quarant’anni fa vennero a rinvigorire l’economia di Altavilla Silentina quando essa era ancora tutta agricola. E che già al padre di Luigi e Buonaventura Rispoli quell’edificio a pianta crociata piacque già solo per questa particolarità architettonica.

LA FABBRICA CHE NON TROVAVA PACE

Dopo la morte di De Martino, avvenuta nel 1958, quella fabbrica non trovava pace e non ebbe successo il rilancio fatto dal Concooper, allora una sorta di “Partecipazioni Statali” fatta in casa. Nel nostro paese il settore primario era però a brandelli, con i meloni della varietà “Altavilla” consegnati ad una gloriosa memoria, il tabacchificio avviato ad una crisi irreversibile ed un’agricoltura annaspante perché i pomodori altavillesi venivano piantati in ogni dove e i Mellone a Ponte Barizzo, Cirio a Paestum, Rondino a Bellizzi e l’ebolitano De Martino se proprio li prendevano li pagavano assai poco. Nel paese si continuava ad emigrare in massa. A fare l’operaio a Torino, in Germania o a portare una divisa a Milano, differenza non c’era. Era ancora in atto il baby boom ed i vuoti non si notavano. Il sindaco Tedesco ed il medico Sassi “politicamente” cercavano di rimediare altri posti di lavoro: non bastavano mai, erano sempre come gocce date agli assetati. I nuovi acquirenti, gli “abatesi” provenienti dalla profonda provincia napoletana, nella fabbrica rivestita a mattoni rossi si misero ad inscatolare pomodori e, anche per l’impronta “cattolico–democratica” che li ha sempre caratterizzati, cominciarono con il pagare meglio i contadini e permisero ad un’intera comunità di tirare avanti, di ricominciare un suo circolo virtuoso, di “scansarsi” anche un po’ dal “mercato” della politica, facendo studiare i figli e maturando pensioni più decorose per gli anziani.

ACCOLTO CON DIFFIDENZA, MA POI FU SUBITO SIMPATIA

All’inizio non furono però rose e fiori. “Sentivo una forte diffidenza nei nostri confronti. C’era chi ci vedeva come invasori. Ma bastò conoscerci come persone e tutto finì bene. Chi credette subito in noi fu un gruppo di agricoltori coraggiosi che io non finirò mai di ringraziare: Vincenzo Marra di Cerrocupo, Carmine Lanza di Quercioni, Natale Sgangarella di Albanella e, qui a Carillia, Vito Belmonte”, racconta oggi quello che per Borgo Carillia è l’avvocato per antonomasia: Buonaventura Rispoli, classe 1935, studi di giurisprudenza a Napoli in una facoltà che traboccava di grandi maestri. “La prima volta che mi elessero sindaco del mio paese, avevo poco più di vent’anni, io non solo non mi votai ma mi dimisi quasi subito perché non ero ancora laureato e non mi sentivo adeguato al ruolo. Antonio Gava mi voleva mangiare vivo. E mi costrinse a fare più volte il consigliere provinciale a Napoli. Io che pur mi sentivo moroteo militavo nella sua area politica poiché il mio paese è a cinque minuti da Castellammare, zona di profonda influenza gavianea”. Storia di un’Italia del secolo scorso, infatti siamo nel 1960, e di un giovane che voleva fare l’avvocato e che la politica prima e l’imprenditoria dopo “traviano” e trascinano fuori dalle aule di udienza.

AVVOCATO E IMPRENDITORE
Al di là dei ruoli formali, Buonaventura è ancora il punto di riferimento delle industrie Rispoli, il “cervello”, mentre Luigi è “l’operativo”, negli edifici che una volta furono di Carmine De Martino e che oggi amministra Carmela Palumbo, moglie di Buonaventura, con suo fratello Luigi ed i più giovani Natale e Giovanni, come nuove punte di diamante. “Oggi la fabbrica è diversa. E’ tutta tecnologie, il peso del lavoro si è ridotto all’osso”, confessa l’avvocato. Una volta non era così e sono forse migliaia gli altavillesi, e non solo, che soprattutto d’estate hanno lavorato alla Rispoli. Impossibile fare il conto dei soldi che, è davvero il caso di dirlo, “sono stati fatti girare”. “Ho un vanto: io non ho mai chiuso le porte a nessuno. Ho dato lavoro quando e come si è potuto. Ed è per questo che oggi, che sono quasi fuori dalla mischia, mi onoro di essere benvoluto dai più”. Il primo punto di svolta sono gli anni della virosi che colpisce il pomodoro, a metà degli anni Ottanta. Finisce l’approvvigionamento locale e la materia prima va fatta arrivare dalla Puglia, dalla Basilicata e dalla Calabria. “Il contributo delle campagne di Altavilla si era sempre più ridotto. Le aziende agricole – racconta Rispoli - avevano via via scelto l’allevamento delle bufale. La scarsa dimensione degli appezzamenti a disposizione, però, come era un problema per il pomodoro lo è ancora di più per il comparto bufalino”. Ci si mette poi la Cina che prima ci inonda con grosse quantità di semitrasformato da lavorare ulteriormente prima di rispedirlo nei capienti mercati africani e poi alza i prezzi della materia prima e con il concomitante aumento dell’energia necessaria per la lavorazione, il Btz, composto soprattutto da gasolio: “Sono 300-400 vecchie lire al Kg solo di energia termica. A queste condizioni è difficile tener dietro a questi costi”. In conclusione? “Non si possono fare più le lavorazioni invernali ai ritmi precedenti. Che ci assicuravano almeno 30 posti di lavoro. E così ogni anno dobbiamo ridurre di due o tre unità…”.

I PROBLEMI DI OGGI: IL PRG E LA TASSA RIFIUTI

Gli altri problemi? “Dal Piano Regolatore che non ha voluto riconoscere che qui c’è una zona industriale naturale che ha più di settant’anni. Ma i nostri progetti di valorizzazione ed investimento non ne risentiranno più di tanto”. Ma non finisce qui: “La Rispoli che non grava per un solo chilogrammo dei suoi rifiuti sullo smaltimento generale deve pagare 10mila euro all’anno per un servizio che non riceve. Mettiamola così: è un nostro contributo alla comunità”.
Una comunità che potrebbe parzialmente sdebitarsi – è la modesta proposta di chi scrive - concedendo all’avvocato Buonaventura la cittadinanza onoraria del paese che, grazie al suo acume, è ancora uno dei centri di riferimento dell’agricoltura e dell’economia della Piana del Sele.

Vecchie tradizioni: la torchiatura delle vinacce

di Padre Candido Gallo

Per stringere le vinacce e estrarne altro vino, certo, meno pregiato come si diceva, la cantina di mio nonno Salvatore, non era provvista né di " torchio a leva con gruppo a pressione idraulica" né dell'altro " a elica per vinacce", come nelle moderne cantine. Quello dei nostri contadini l'avevano inventato essi stessi con mezzi poveri e ingegnosi.
Sotto a un annoso olmo avanti casa nonno aveva montato tutta la macchina per la " stringitura" delle vinacce.
Sopra una piastra fissa, costituita da una grossa pietra arenaria spiana, munita di canale di raccolta del liquido che cadeva in un tino sottostante, venivano montate le due parti di un tamburo con doghe interstiziale, fermate esternamente da morse metalliche, che ne facevano un cilindro.
Il tamburo si riempiva di vinaccia grondante vino fino all'orlo, su cui si montava una piastra mobile , che per via della pressione che vi si esercitava sopra s'abbassava lentamente facendo sprizzare il vino dagli interstizi delle doghe. Il canale di raccolta si riempiva e a fiotti si riversava nel tino di raccolta sottostante.
Si stringeva fino a quando la vinaccia non restava asciutta , buona solo per alimento alle galline , che si cibavano di bucce e di vinaccioli ,o buona per ricavarne grappa attraverso un delicato processo di distillazione con alambicco e accorgimenti vari.
La pressione sulla vinaccia era esercitata con un curioso e ingegnoso marchingegno di invenzione tutta contadina, come si diceva.Nel robusto e annoso olmo, che sorgeva sul confine della sua proprietà, nonno aveva praticato un grande foro, nel quale aveva inserito una trave , di non so che legno, della lunghezza di quasi quattro metri; ne risultava una sorta di stadera dall'estremità della quale pendeva un gancio per appendervi i pesi: un grosso ceppo o un masso sui quali si aggiungeva della zavorra per una maggiore pressione sul tamburo, una sorta di "romano" come nei " bilancioni " d'una volta.
Intanto il vino da " stringituro" si conservava in damigiane grandi e piccole, in pretti e impagliati, rivestiti di vimini o di paglia, fino a che non raggiungeva una buona maturazione; si consumava per primo o se ne faceva aceto, buono per sottaceti e insalate della cucina contadina.
L'ambiente della casa campagnola sapeva tutto di vinacce e di vino che ribolliva nelle botti o negli antichi " fiasconi" capaci di contenere piú di un quintale. Adornano oggi quelle pregiate terracotta, atri e giardini di preziose ville di campagna , ma nessuno sa quanta storia esse raccontano.
Alla fine dell'operazione si staccavano la zavorra e i pesi appesi alla stadera, la quale poi veniva sollevata con una fune assicurata all'estremità di un' asta, che aveva il suo fulcro nell'inforcatura di un palo, come in una leva di 1° grado, grosso modo.
Il vino si tramutava piú d'una volta “guardando" la luna, e a quella di marzo s'imbottigliava il nero e il bianco di buon contenuto alcolico per brindisi nelle feste o quando si voleva far bella figura con l'ospite invitato a pranzo.
Altra cosa era, poi, il " vin cotto", buono per il sanguinaccio e per dolcificare altre confetture. Si otteneva facendo bollire il mosto dolcissimo fino a che tutta l'acqua e buona parte dell'alcool erano evaporai, attesissimi. e nella pentola restava tutta la parte zuccherina , poco meno che cremosa, che stuzzicava la golosità di noi bambini ai tempi in cui solo i dolci della sposa , cui mamma e papà erano stati invitatisi mangiavano.
Mamma si accorgeva che il livello nel fiasco che conteneva il vin cotto di tanto in tanto s'abbassava, ma non era un mistero con dieci figli in casa !
E' inutile dire che il vino nell'economia d'una famiglia contadina era essenziale: asciugava il sudore nella fatica, dava tono al pranzo domenicale e allegria nelle feste e, nelle cantine del paese - e sì che ce n'erano tante in ogni angolo - si annegavano in solenni sbronze i pensieri e le angosce della vita...
Ma tant'è: cosí stavano le cose una volta, anni trenta, e cosí io ve le ho raccontate, sicuro che i "figli di nutella e quelli della coca-cola" faranno fatica a condividere...