Pubblicato su carta sin dal 1993, è uno dei più longevi periodici dell'area della Piana del Sele e Cilento. La Collina degli Ulivi online vuole essere ancora di più un luogo di informazione, ascolto e diffusione di idee, anche attraverso l'interazione in tempo reale con i suoi lettori in ogni parte del mondo.

sabato 28 febbraio 2009

Mio zio Alfredo Di Matteo e la sua Africa

Zio Alfredo aveva sposato la sorella di mio padre, zia Fiorinda Nel dopoguerra, lavorava come calzolaio insieme al padre , ma con una clientela sua propria. Decise di aprire bottega da solo. Io mi si recavo spesso e seduto una sedia vicino al dischetto ascoltava a bocca aperto le sue narrazioni della suo soggiorno ad Addis Abeba.

Lavorava dietro un negozio di scarpe , aperto nel frattempo, gestito insieme al fratello. Era stato primo clarino nella banda “Rossini” Aveva un ‘ottima conoscenza musicale: sapeva suonare quasi ogni strumento.

Da soldato, era stato in cavalleria. Lo si vedeva in un grande fotografia mentre col suo cavallo saltava un ostacolo, al termine di una scala su una parete della stanza dove mia zia lavorava come sarta.

A partire dal 1929 il governo fascista di Benito Mussolini dà inizio al progetto di conquistare un “proprio posto al sole” sulla scia di Gran Bretagna e Francia: l’aspirazione del duce è, in altre parole, quella di avviare una politica imperialista che sia in grado di dare lustro al regime, di conquistare terre ricche di risorse naturali, di ricostruire un impero sullo stile del grande impero romano. L’Abissinia sembra subito, alle alte gerarchie politiche e militari fasciste, l’obiettivo giusto; è uno Stato ancora indipendente e l’invasione italiana non avrebbe con tutta probabilità provocato reazioni internazionali. Inoltre il livello militare delle truppe etiopi è basso: la guerra di Etiopia sembra l’occasione adatta per vendicare la sconfitta subita dall’Italia, nel 1896 in Africa orientale

Il panorama internazionale sta però lentamente cambiando: in molti paesi colonizzati cominciano a nascere e a farsi strada movimenti nazionalisti e indipendentisti che di lì a poco muteranno gli equilibri geopolitici dell’intero pianeta.

Mussolini voleva “fascistizzare” il paese e a tale scopo saprà sfruttare magistralmente i mezzi di comunicazione di massa. In particolare la radio, che viene ascoltata nelle case, in tutti i posti di ritrovo, persino nelle fabbriche. La colonna sonora è fatta di dichiarazioni, di proclami, di discorsi, di parole d’ordine o di canzonette facili e orecchiabili che colpiscono e accendono la fantasia del popolo. Ma non c’è solo la radio: grande importanza hanno anche i documentari e i cinegiornali dell’Istituto Luce .

Dal 1937, inizia a bonificare terre, a costruire strade e infrastrutture e a progettare un nuovo piano regolatore che renda Addis Abeba la città modello dell’impero. Vengono persino prese alcune iniziative in campo sanitario, in quello dell’ assistenza alla popolazione locale. In realtà, però, molte di queste iniziative non si realizzeranno mai. Spiega Labanca: “La ricerca di un posto al sole, di un luogo dove far emigrare gli italiani per non farli più sentire bistrattati nei luoghi di emigrazione, in America Latina, in America Centrale, in Europa, era un altro tema della propaganda. Ed effettivamente il fascismo spera di poter portare milioni di coloni italiani in Etiopia. Ma tutte queste rimasero parole perché in realtà mai più di alcune decine di migliaia di italiani si mossero verso l’Etiopia, non ci fu il tempo di sfruttare le risorse del sottosuolo etiopico. L’Italia fascista spese forse 16 miliardi del tempo per la guerra di Etiopia, una cifra immensa che creò un baratro nelle risorse finanziarie italiane”.

Fu così che anche Zio Alfredo si trovò in Abissinia, rimanendovi ancora qualche anno.

L’Africa orientale viene gradualmente abbandonata dalle forze armate che a malapena riusciranno a inviare i mezzi necessari per continuare la repressione della guerriglia etiopica appoggiata in forze dalla Gran Bretagna. Gli inglesi lanciano un’offensiva su larga scala partendo a sud dal Kenya e a nord dal Sudan e travolgendo in tal modo le truppe italiane.

Saranno gli eventi della Seconda guerra mondiale a sancire dolorosamente la fine dell’avventura etiopica.

Roberto , il fratello, aveva combattuto in Russia.Viveva con una pensione di guerra : alcune minuscole schegge erano rimaste nel polso e gli davano un dolore atroce. Sapeva suonare la chitarra. Da giovane infatti aveva partecipato e diretta un’orchestrina che si esibiva durante i matrimoni.

Nella banda musicale “Rossini” era stato suonatore di corno.

Il 22 giugno 1941: attacco tedesco all’Unione Sovietica. Mussolini decide pochi giorni dopo l’invio di un corpo di spedizione italiano (Csir, Corpo di spedizione italiano in Russia), che il 10 luglio comincerà la marcia di trasferimento. L’attacco tedesco, condotto lungo un fronte che va dal Baltico al Mar Nero, ottiene inizialmente grandi successi; nell’autunno inizia l’assedio a Leningrado e prosegue la marcia di avvicinamento su Mosca; ai primi di dicembre i tedeschi sono a 40 chilometri dalla capitale, ma sono costretti a ripiegare da una controffensiva sovietica di inaspettato vigore.

Nel febbraio 1942 viene deciso l’invio al fronte russo di nuovi contingenti italiani, che andranno a costituire l’Armata italiana in Russia (Armir). In primavera e in estate riprende l’offensiva tedesca, concentrata sui territori sovietici sud-orientali. Nel settembre 1942 comincia la lunga battaglia di Stalingrado: i tedeschi stringono d’assedio la città, ma alla metà di novembre si trovano accerchiati dalla controffensiva sovietica; tra il dicembre 1942 e il gennaio 1943 comincia la ritirata delle forze italo-tedesche, nel corso della quale l’armata italiana (e soprattutto il corpo alpino) subirà gravissime perdite. La sconfitta tedesca a Stalingrado, e la successiva ritirata, rappresentano uno dei principali momenti di svolta nella vicenda della seconda guerra mondiale.

La ritirata dalla spedizione russa fu catastrofica. Molti furono i morti e i pochi ritornarono, molti con gravi mutilazioni

mercoledì 25 febbraio 2009

Storie della banda musicale. Ninuccio Di Matteo e gli altri

di CARMINE SENATORE

La prima esperienza musicale di Luigi nacque sollecitata dalla competizione di due bande musicali.

Ninuccio Di Matteo era riuscito a diplomarsi al conservatorio, grazie alla sua ferma e  ferrea volontà.Una volta diplomato, volle realizzare quello che era stato sempre il  suo sogno :  formare una banda comunale.

Il paese era diviso in due fazioni, facenti capo a due quartieri. Era ovvio che una volta formata una banda ne nascesse un’altra nell’altro quartiere. Ovviamente gli abitanti delle rispettive fazioni parteggiavano per l’una o l’altra parte.

Ogni abitante si sentiva in diritto di partecipare: fu costruita per i più promettenti una scuola di musica, la partecipazione alle prove dei concerti era un obbligo.Io,che facevo parte del quartiere di Ninuccio , partecipavo ai concerti della banda “Rossini” ( così venne denominata) quasi ogni sera.

Dall’altra parte si rispondeva con le stesse armi. La banda “Verdi”  era diretta da Don Raffaele , non diplomato, ma un ottimo conoscitore della musica:  l’organista della chiesa del Carmine. Era un tipo burbero , pronto a rimproverare i suoi allievi anche per piccole mancanze.

Ogni banda aveva il suo repertorio. L’una evitava le composizioni di un artista e l’altra quelle dell’altra.

I pezzi forti erano la "Gazza ladra" e "Il Barbiere di Siviglia", mentre “ La traviata” e “ Il Trovatore” quelli dell’altra.

Durante le feste, una sera suonava una banda e la sera dopo l’altra.

Una volta fui preso dal mio sarto,tifoso dell’altra banda, e messo con la testa in un bidone pieno d’acqua e mi minacciò di immergermi  se non avesse gridato “ Viva Verdi”.

Io resistetti,e ovviamente il sarto desistette dal suo proposito.

Scuola di musica e banda musicale finirono quando Ninuccio vinse un concorso di direttore di  una banda comunale in un paese del nord.

Com’era da aspettarsi lo scioglimento della banda Rossini porto al rapido declino della “Verdi”,i cui dissidi interni portarono in breve tempo  al suo rapido sciogliersi.

Questa esperienza portò tutti i giovani del paese ad interessarsi di musica lirica e sinfonica. Anch'io , quando le condizioni economiche glielo permisero,  comprò i suoi primi dischi di musica classica. Ricoirdo ancora il primo disco che comprai:era la sinfonia n.40 in sol minore di Mozart,. Il suo tono drammatico,ansioso e febbrile, contrasta talmente con l’atmosfera generalmente serena , obiettiva, a volte turbata nel profondo ma sempre calma in superficie, che ascoltatore ne rimane immediatamente colpito ed i suoi occhi scorgono segreti che le  parole non possono esprimere.

I ricordi della sua fanciullezza, l’ascolto per radio delle romanze, mi avevano reso permeabile all’amore per la musica.Avevo imparato  che la musica non si impara sui libri, ma ascoltandola. Ascoltandola con attenzione e con amore.Molte melodie, che forse ad un primo ascolto, possono  esserci parse inconsuete lontane, riascoltate più volte divengono, insieme con le altre che già si amano,familiari ed amiche.Ogni composizione musicale presuppone in se stesa un atto generativo e volontario come avviene per la progettazione e la costruzione di un edificio, per la pittura, un monumento, un romanzo o un poema Ascoltare un’opera di Beethoven, leggerela Divina Commedia,  ammirare un quadro di Tintoretto sono atti che si eguagliano, essendo gli uni e gli altri, facenti parte dello stesso mondo culturale, sintesi di intuizione fantastica e di consapevolezza logica.L’uomo con la musica è capace di esprimere il mistero, il dolore e la bellezza della vita. Ascoltare musica significa viverla attentamente ed intimamente  e coltivarla nei silenzi della propria anima.

"Sono stato il primo consigliere comunale del Pci". Carmine Senatore racconta

di CARMINE SENATORE


Don Amedeo era un vecchio avvocato legato profondamente alle idee  socialiste di Turati, che aveva cercato ,appoggiato da molti esponenti del mondo della cultura e dalla Confederazione generale del lavoro, di creare un Ufficio studi del movimento operaio intitolato a Giacomo Matteotti. Dopo questi tentativi, vanificati dalle repressioni fasciste, fu ancora Turati a promuovere, durante il periodo dell'esilio in Francia, la raccolta di documentazione per realizzare una esposizione della stampa antifascista, che fu poi inaugurata a Colonia il 10 giugno 1928. A questa associazione anche Don Amedeo aveva dato il suo contributo di idee ed economico. Il progetto riscuotendo il sostegno di molti militanti, simpatizzanti, storici, politici ed intellettuali, e si concretizzò inizialmente, come abbiamo detto, con la costituzione dell'Istituto socialista di studi storici,

Difendeva i poveri contadini chiedendo parcelle da fame, il più delle volte patrocinava anche gratuitamente. Viveva, colla sua professione e con le rendite di fondi dati mezzadria. Luigi lo ammirava e spesso le loro riflessioni era basati sui diritti di eguaglianza e di libertà dei singoli.

Daniele era invece un vecchio socialista, frontista. Faceva il sindacalista e viveva con i soldi di qualche pratica e con qualche regalo da parte soprattutto di operai e contadini. Uomo disciplinato e devoto, molto fedele alla causa socialista che non aveva neanche abbonda noto nei periodi del nascente centro-sinistra nenniano, pur essendo fortemente critico nei riguardo della politica praticata.

Daniele e Don Amedeo erano i miei  interlocutori politici. Le loro idee in breve divennero patrimonio di un gran numero di cittadini , tanto da far diventare nell’elezioni del 1963 il partito socialista il primo partito del paese, grazie anche alla lotta di Don Ciccio Iannicelli e del rag.Amoroso per una controversia nei riguardi del Consorzio sinistra Sele appoggiata dall’on Cecchino Cacciatore, deputato salernitano.

Il 12 gennaio 1964, dalla scissione dal PSI della corrente di sinistra, si costituisce il nuovo Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), guidato da Tullio Vecchietti (che ne diviene il segretario) e i cui maggiori esponenti sono Lelio BassoVittorio FoaLucio LibertiniEmilio LussuAlcide MalaguginiFrancesco Cacciatore detto Cecchino e Dario Valori.

Aderirono allo PSIUP tutti quei militanti socialisti contrari alla formazione di un governo di centro-sinistra formato da PSI e DC, preferendo invece un accordo per una alleanza di sinistra con il Partito Comunista Italiano.

Il PSIUP riporta un buon risultato alle elezioni politiche del 1968, in occasione delle quali riesce a raccogliere i consensi della contestazione studentesca; mentre alle elezioni del 1972 non ottiene il quorum in nessuna circoscrizione e non elegge alcun rappresentante in Parlamento. A tale proposito circolava all'epoca una battuta che alludeva alla scarsa longevità politica del partito e che interpretava ironicamente la sigla PSIUP come "Partito Scomparso In Un Pomeriggio".

Anch'io seguii lo stesso percorso politica aderendo  al PCI.

Dopo una militanza nel PCI nella sezione "Gramsci " di Battipaglia,ciittà in cui mi ero trasferito dopo il mio matrimonio, fatta di vendite domenicali del giornale di partito ,di sottoscrizioni e feste dell'Unità, nel 1975 venne il momento di fare l'esperienza politica .

Le elezioni amministrative ad Altavilla ne furono l'occasione . In un primo tempo si pensò di fare una lista col PSI, tentativo che poi fallì per volontà di Carmelo Conte, il quale in quell'occasione affermò " Meglio  cento vonti col PSI che mille  per una lista col PCI" . Enormi furono  le difficoltà non solo per la candidature, ma anche per la raccolta delle firme di presentazione della lista. Per le candidature ci rivolgemmo persino a candidature esterne, come il Prof. Mario Postiglione e l'avv. Maurizio Mottola che, però, tutti avevano un legame diretto o indiretto col paese.

Nonostante la lotta fosse ristretta fra le due fazioni più forte la DC  capeggiata da rag Antonio Tedescoda parte e una DC dissedente capeggiata dal dott Salvatore Cembalo dall'altra, riuscimmo ad avere un consigliere.Io divenni , così,il primo consigliere comunale del PCI. Nessun seggio invece per il PSI, punito dalla sua superbia e tracotanza politica.Le vicende che seguirono sono  storia recente: compromesso storico, trasfuga di un consigliere Dc e maggioranza Dc-dissedenti con elezione a sindaco del dott.Salvatore Cembalo. rapimento ed uccisione di Aldo Moro.

 

lunedì 23 febbraio 2009

Ancora sulla figura di Giuseppe Galardi

di CARMINE SENATORE

Dopo il diploma le mie amicizie si allargarono con gli altri diplomati e studenti universitari del paese. Si vedevano in piazza la sera: durante la bella stagione si facevano lunghe passeggiate lungo i viottoli della Foresta o nella Macchia; di inverno,  al sopraggiungere dei primi freddi,  invece, si giocava carte : la vincita veniva accantonata dalla proprietaria del bar ed annottata su un taccuino. Tale somma veniva spesa poi a fine anno per la cena di capodanno. Le passeggiate nella Foresta era quasi quotidiane. Era quasi un rito . Era un a densa boscaglia ,  fatta da piante ad alta fusto,  cerro, ontani e querce miste a macchia mediterranea,  composta da mirtillo e lentisco. Si attraversano i numerosi piccoli viottoli e infine ci si riposava nei pressi di una fontana,  alimentata da una sorgente naturale di acqua molto fresca . Il gruppo era unito ,  ma ,  quando si incominciava a parlare di politica riaffioravano i due opposti estremisti.

Nelle notti di estate si girovagava ,  poi ci si stendeva su una panchina ad osservare le stelle. Ognuno degli aderenti al gruppo aveva ricevuto una carica , di nobile o di schiavo: così c’era il cavaliere di serramanico”,  il “principe di spogliamonache “ e naturalmente v’era il servo della gleba. Quest’ultimo preparava la cena di fine anno,  sparecchiava e lavava le stoviglie. Ovviamente,  essendo figlio unico,  la sua casa era il luogo obbligato per il festino. Vincenzo,  questo era il suo nome,  era studente dell’Orientale,  un istituto universitario molto rigoroso e di eccellenza. Spesso Vincenzo ci raccontava la sua esperienza inglese ,  quando per imparare la lingua e la giusta pronuncia si era recato a Londra. Il mattino lavorava in un obitorio , la sera andava a lezione.

 Le feste di fine anno si concludevano con una quasi generale ubriacatura,  accompagnata da balli,  rigidamente tra maschi,  e vomiti. L’unico sobrio: Vincenzo. Infine la passeggiata ,  a notte fonda,  nella Foresta,  che si concludeva con un’abbondante bevuta di acqua fresca.

L’arrivo di Diodoro Mastandrea ,  nominato direttore didattico delle locali scuole elementari, diede un decisivo impulso culturale al paese. Si avvicinò ai giovani professionisti e studenti e ne incoraggiò le capacità e le energie intellettuali. Convegni,  dibattiti politici furono promossi e permearono l’ambiente culturale del paese. Di tradizioni cristiane popolari,  fu lui che portò in paese un giovane intellettuale avellinese,  Ciriaco De Mita che poi divenne presidente del Consiglio e segretario nazionale della Democrazia Cristiana.

 La sua presenza segnò una svolta nello scenario politico altavillese. Abituati ad una conduzione di tipo clientelare della DC dei coltivatori diretti e dei Comitati civici.,  la sua personalità sembrò una novità nel panorama politico-culturale. Stimolò’ e promosse la nascita del Movimento di collaborazione civica,  in origine un’associazione milanese,  si occupò nell'immediato dopoguerra dell'educazione degli adulti e,  per mezzo dell'Umanitaria e del Fronte della cultura,  diede impulso alla fondazione dell'Unione italiana della cultura popolare. Il movimento si era esteso anche e soprattutto nel Mezzogiorno per elevare culturalmente le masse popolari. Con contributo mensile si iniziò a costituire una biblioteca e validamente diretta da Giuseppe Galardi si arricchì di molti libri, grazie anche alla generosità di molte case editrici ,  che inviarono libri  riviste e giornali.

 Peppe partecipò anche alle recite parocchiali (alcune foto si trovano accluse a questo gruppo),  facendo il regista e lo sceneggiatore. L’unico diversivo da parte dei giovani ,  infatti, era l’azione cattolica che preparava alcune recite teatrali che poi venivano rappresentate al pubblico del paese, animate e favorite dal parroco del paese. Don Domenico ,  dopo aver preso i voti, era venuto da un paese del Cilento ed aveva portato con sé gran parte dei familiari ,  sorelle e nipoti. La sua dimora era situata ai lati della chiesa da cui era separata da uno spiazzo. Comprata dalla curia che ne aveva fatto la casa canonica per i il parroco. Era stata una vecchia dimora signorile della famiglia "Perrotta". Al primo piano vi era , all’interno , un ampio salone che Don Domenico aveva riservato ai giovani del’azione cattolica. Era proprio in questo locale che si svolgevano le recite . In fondo un palchetto realizzato da un falegname locale. Tutti i materiali per l’allestimento delle scene venivano comprati a spese del parroco nel negozio più fornito del paese. Aveva questa sala due balconi , perennemente chiusi, in quanto non aveva le inferriate. Potevano aprirsi solo i finestrini. Arrivano fino alla loro altezza d un giardino laterale due splenditi e rigogliosi aranci. Era il mese di aprile,  da l finestrino si scorgevano sull’albero numerose arance. Presi dalla ingordigia,  i giovani teatranti riuscirono ad afferrarne alcune e mangiarle. Non l’avessero mai fatto : l’ira del parroco non si calmò se non dopo alcune settimane e mise in forse la esecuzione della recita. Il ricavato della recita veniva utilizzato dai teatranti per una pizza nella nascente pizzeria "Rufo".

 I miei ricordi risalgono alla prima metà degl anni sessanta. Eventi e contingenze della vita interruppero il sodalizio da noi creato. Agli inizi degli anni '90 ci siamo ancora rivisti, e più volte, con Peppino e Mario Guerra abbiamo peparato dei pic-nic propri nei luoghi sgarronesi da me comprati . Qualche violta abbiamo in quegli anni organizzati anche dei pic-nic , lungo il Calore,  località presso Leo Romagnuolo,  a cui hanno partecipatp oltre l'immancabile Mario Guerra ed il sottoscritto anche Gigino Guerra e Rocco Morrone.

 Memorabili anche i nostri litigi politici. da una parte Rocco Morrone e Peppe Galardi (allora elettori del MSI di Almirante),  dall'altra parte io ,  Mario Guerra e Vincenzo Grimaldi. Equidistante Gigino Guerra,  successivamente elettore del MSI. Di fronte allo strapotere democristiano,  però , uniti,  tanto che nel 1964 appoggiammo anche noi comunisti la lista del MSI,  naturalmente sconfitti per una manciata di voti.

Via Borgo nei ricordi di Bruno Di Venuta jr.

Via Borgo

articolo di Bruno Di venuta

Inizia dallo stabile in cui viveva la famiglia di  Amedeo Molinara (‘ronnAmedeo’) il medico buono,  gentile e sempre disponibile. Ricordo lo studio medico che si raggiungeva dopo aver salito la prima rampa di scale;  nel locale sottostante, poi adibito a garage, ricordo appena l’edicola  Mazzeo, con Salvatore e Arnaldo giovanissimi dietro al ‘bancone’,  e la madre ‘zieDdelina’ seduta davanti al negozio .
Dopo la curva, trovavi il deposito di mobili del Rag. Antonio Tedesco (Sindaco), poi la cantina di Carmelo Nigro e la Macelleria di Giovanni Baione (‘Giuvannone’). In questo tratto di strada allora sterrato a tratti,   la domenica pomeriggio, “sotto o muro”,  i clienti della cantina giocavano a bocce, quelle di legno. Noi ragazzini, seduti sopra il muro di pietra, e all’ombra delle acacie che allora adornavano  il tratto stradale Chiesa del Carmine - tabaccaio Belmonte, ci divertivamo seguendo gli sfottò e i complimenti che si scambiavano i giocatori “brilli”.  Infatti  chi perdeva doveva pagare un mezzo litro di vino e una gassosa che Carmelo Nigro preparava sul tavolo appena entravi nel locale.

Pochi metri e sulla destra entrando nel grosso portone ancora oggi esistente, trovavi il negozio di scarpe di Guglielmo Agresti, con Carluccio e Carminuccio intenti a suolare le scarpe e inchiodare le “centrelle” (grossi chiodi con la testa piatta semi-arrotondata che si mettevano sui contorni della suola di cuoio duro  per non farla rovinare e per camminare meglio nella strade impervie e sterrate); pochi metri e negli anni ’70 viene inaugurato  il Bar Senatore di “Mast’Adolfo e Angiulina” (che trasferiscono l’attività da Piazza Antico Sedile). Io e miei amici compravano, con 10 lire,  il ghiacciolo Toseroni o un bicchiere di spuma Viviani.
Di seguito il frantoio (“u trappito”) di Antonio Nese nel quale si accedeva da una scalinata in pietra posta nel vicolo che ti permette  di arrivare alla Foresta in pochi minuti.
Subito dopo il negozio alimentari di Ciccillo Grimaldi (padre di Vincenzo ex consigliere Provinciale di Rifondazione Comunista)  e zia Rosina; difronte l’emporio di Angelo ed Oreste Capaccio . Dall’altro il Maestro Suozzo seduto sul balcone che attendeva i ragazzi ai quali insegnava musica. Pochi passi e trovavi ‘ZiMinichino’ Agresti, grande amico di Rocco Rizzo il panettiere, seduto sui gradini di casa con in mano il quotidiano Roma o “Il Mattino”. Subito dopo  abitavano ‘Zi Davide’ e zia MariaGrazia. Due gradini e accedevi a casa di zia Giovanna e zio Guglielmo Agresti dove Carmelina offriva a me e Gaetano, amico d’infanzia, una fetta di pane con il sugo rosso.
Ricordo il salone di Ciccio il parrucchiere, difronte e di lato ad esso, il negozio e i depositi commerciali di mio padre.  Poco più avanti, dopo il negozio della mia famiglia, trovavi quello di ‘zi Carmine Molinara’ e ‘zeClelia’. Di seguito il negozio di elettrodomestici di Raffaele Capaccio. Dopo dieci metri lo stagnino Donato Laurino, detto “Runato o’ peritaro” ; persona squisita sempre sorridente e pronto alla battuta e alla ‘scurreggia’. Era un artista del rame e della lamiera, ricordo le oliere e i ‘setacci per i pomodori’ che realizzava in poche ore. Ricordo che tutte le  scatole di latta (le ‘buatte’ dei pomodori, i contenitori del DDT, e  i contenitori vuoti delle sarde salate)  le riutilizzava per fare utensili per la cucina. ‘ZiRunato’ è stato il primo patentato di Altavilla ed era l’autista di Don Ciccio Mottola e del maestro Galardi. Poco piu avanti il locale di Amodio Celentano, prima adibito a sede del PSI,  poi a locale commerciale-artigianale dove mio cugino Peppe Peduto mosse i primi passi da sarto, poi il locale diventa un negozio di frutta e verdura gestito da Carmelo Luisi appena tornato dalla Germania.  Sul lato opposto il negozio di mio zio Fidelio.
Nella parte in cui si restringe Via Borgo, il calzolaio Ciccio Molinara e poco piu’ in la il sindacalista-calzolaio Antonio Lettieri (Antonio ‘u dottore). Nel suo locale nacque, con il contributo determinante di Oreste Mottola, la prima cooperativa di consumo altavillese, la Cooperativa  S.Antonio che  aprì una macelleria in Via Roma. In questo stesso locale Oreste Mottola, già impegnato politicamente con la sinistra, organizzava i primi incontri per la partecipazione altavillese alla battaglia per le terre di Persano.
Questo appena descritto era il tratto più vivo della Via, dopo la strettoia trovavi le bombole di gas che vendeva Ciccio Nigro l’elettricista, e la fontanella pubblica, installata negli anni ’70 in prossimità dell’abitazione di Don Ferdinando Napolitano.  Piu’ avanti, presso l’abitazione di Angelo Di Lucia, si comprava il latte appena munto. Dopo la casa di Angelo, dove oggi sorge la casa di Antonio Molinara, una discarica comunale (‘o culuombu’) . Il resto della via oggi è rimasto pressoche’ inalterato.

Altro aspetto da ricordare è la ‘processione’ di mucche, pecore, asini,maiali che attraversavano, sin dalle prime ore del mattino,  Via Borgo in occasione delle fiere comunali. Era uno spettacolo piu’ unico che raro, i lamenti degli animali si mescolavano e dappertutto trovavi lo sterco lasciato durante il passaggio.   Dovevano raggiungere il mercato che si teneva  in Via San Francesco dove oggi sorge l’edificio che ospita la Guardia Medica e i Vigili Urbani.
Comunque la via era sempre viva, fin troppo viva. Dalle prime ore dell’alba tanti  paesani l’attraversano a piedi  (sentivo le loro voci quando passavano sotto casa mia),  la mattina per raggiungere il posto di lavoro, e  la sera dalle 17 in poi per rientrare a casa.  Ricordo tanti contadini che domenica legavano gli asini,  adibiti a “mezzo di trasporto”, davanti le finestre o le case dei parenti ed amici per riprenderlo appena si doveva rientrare nella propria casa di campagna.
Purtroppo solo ricordi! . Oggi è rimasto ben poco, quasi niente, di quello che ho appena descritto e forse, considerato anche i pochi cittadini residenti,  cade anche il famoso detto: “ Chi passa pu burrug e nun è trrrcato ,  o è muorto o è carcerato” !.

Bruno Di Venuta jr

L’8 settembre 1943 di Carmine Senatore

L’8 settembre 1943

 

di CARMINE SENATORE

A volte i piani temporali si confondono, si sovrappongono si intrecciano sempre più indissolubilmente, innescano associazioni di significati e la magica evocazione di fatti e di emozioni. A volte il ricordo alimenta e da corpo al monologo interiore.

Il tempo passa , ma restano i ricordi e le emozioni di tutte le altre persone con le quali si è stato in contatto.

Ricordo e memoria sono due parole che hanno affinità , ma sostanzialmente indicano gli effetti della nostra interiorità.

 

Avevo quasi quattro anni, essendo io nato il 7 gennaio del 1940.

Il dramma dell’esercito italiano scoppia alle 19,45 dell’8 settembre 1943, quando la radio italiana divulga il messaggio del maresciallo Badoglio nel quale il capo del governo comunicava che l’Italia ha “chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate” e che la richiesta è stata accolta. Il dramma si trasforma nel giro di poche ore in tragedia per centinaia di migliaia di soldati abbandonati a se stessi nell’ora forse più tragica dall’inizio della guerra.

Così, mentre avveniva il totale sbandamento delle forze armate, le armate tedesche della Wehrmacht e delle SS presenti in tutta la penisola poterono far scattare l'Operazione Achse (secondo i piani già predisposti sin dal 25 luglio dopo la destituzione di Mussolini) occupando tutti i centri nevralgici del territorio nell'Italia settentrionale e centrale, fino a Roma, sbaragliando quasi ovunque l'esercito italiano: la maggior parte delle truppe fu fatta prigioniera e subì l'internamento in Germania.

La cosiddetta operazione Avalanche fu una delle tre operazioni di invasione alleate in Italia nel settembre 1943, guidata dal generale Harold Alexander e dal suo 15º Gruppo d'Armate (comprendente la 5ª Armata del generale Mark Clark e l'8ª Armata Britannica del generale Bernard Montgomery) durante la seconda guerra mondiale. Protagonista di uno degli episodi più decisivi della seconda guerra mondiale fu il golfo di Salerno, da Maiori ad Agropoli. Gli obiettivi dell’operazione, delineati dal generale Dwight D. Eisenhower, comandante in capo del Teatro di Operazioni Mediterraneo, dal generale Mark Wayne Clark, comandante della 5ª Armata e dal vice ammiraglio Henry K. Hewitt, comandante della Forza Navale d’Impiego Occidentale, erano ben precisi: gli Alleati volevano allontanare i Tedeschi dall’Italia Meridionale, impadronirsi delle basi aeree di Foggia, raggiungere Napoli e liberare Roma.

La fortezza di Altavilla nella quale si erano asserragliate le truppe tedesche fu teatro di uno dei più cruenti scontri, che durarono dall’11 al 17 settembre e costarono alla cittadinanza  circa 85 morti . Più volte fu presa dall’una e dall’altra parte. Nello scontro perirono anche molti civili, o causa dei bombardamenti o perché direttamente colpiti dai colpi dei mortai. La popolazione si trovò in gravi ristrettezze alimentari e poté sfuggire alla fame,perché nel mese di settembre vi era nella campagna fichi ed uva in abbondanza e non era ancora iniziata la raccolta. Anch’io  fui costretto insieme alla madre e alla nonna ad abbandonare la casa e a trovare un luogo  più idonea per sfuggire alle bombe. I miei ricordi  a proposito sono pieni di vaghezza soprattutto per l’ordine temporale con il quale si susseguirono . Però rimangono vive le scene del nostro peregrinare durante lo scontro: la “lamia”  di Donna Matinuccia, la strada  lungo il mulino, fuori dal paese ma scoperta, il rifugio nella casetta del piano delle Rose, dove un sorcio morsicò un orecchio a Sabatino, il vallone ,luogo più riparato ed infine il podere  Nese in contrada Cognole, dove la madre cucinò il poco riso condendolo con un poco di olio che aveva preso da una lucerna .Vivo ancora il ricordo quando si recarono sul castello, dove erano vecchie stalle con la volta in pietra e mura molto spesse. Il piazzale era pieno di vetri rotti o perché direttamente colpiti dalle schegge o per spostamento d’aria. La resa delle truppe tedesche e l’ingresso vittorioso delle truppe americane nella piazza del paese segnò la fine dell’aspro conflitto. Il loro arrivo vittorioso suscitò molto  entusiasmo nella popolazione:  mentre passavano con i carri armati  lanciavano a, caramelle, pezzi di cioccolata e sigarette. Durante il bombardamento sia dall’alto che dalla marina fu colpita la casa natale. Particolare curioso, che fu anche la nostra salvezza, fu il ritrovare fra due muri maestri una damigiana d’olio che tenevano sul soffitto. Altro ritrovo gradito fu quando in campagna ritrovarono un trincea piena di carne in scatola e fagioli che le truppe americane avevano lasciato durante il loro avanzare.

Si  contavano  ancora le ferite della guerra: case cadute, molti senza tetto, i lutti ,la miseria ,il razionamento dei viveri e del pane. Io, per la verità,non soffrì la fame ,in quanto mia nonna aveva ricevuto l’incarico dal Podestà  di fare il pane. Incominciarono a tornare i reduci, alcuni attesero  invano. Anche mio padre tornò e riprese a lavorare. Poiché mancava il danaro,si lavorava col baratto. Ricordo ancora il prurito che conferiva la polvere del grano , in quanto veniva conservato come cosa preziosa nella stanzone da letto. Con l’arrivo degli aiuti americani il paese riprese a vivere. Si aprirono le scuole in grandi stanze ai lati del castello : bagni turchi, maleodoranti,classi numerose, per mancanza di aule. Le cose incominciarono a migliorare con il loro trasferimento nel centro storico di fronte alla casa del maestro Vincenzo.

L'eruzione del Vesuvio e... Altavilla

di CARMINE SENATORE

)
Rispondi

L'eruzione del 1944  del Vesuvio viene considerata come il termine di un periodo eruttivo iniziato nel 1914. L'attività stromboliana cominciò da allora a costituire un conetto di scorie all'interno del cratere che aveva raggiunto, nel marzo del '44, un'altezza di 100 m., portando l'altezza del vulcano a 1260 m.
L'eruzione, descritta in maniera dettagliata da Giuseppe Imbò, allora direttore dell'Osservatorio Vesuviano, fu preceduta da chiari segni premonitori a partire dal 13 marzo, quando si ebbe il collasso del cono di scorie presente all'interno del cratere.
L'eruzione iniziò il 18 Marzo con un aumento dell'attività stromboliana e con piccole colate laviche sul versante orientale e verso Sud. Subito dopo un altro flusso lavico si riversò nell'Atrio del Cavallo e si fermò a 1,2 km da Cercola, dopo aver invaso e parzialmente distrutto gli abitati di Massa di Somma e di S. Sebastiano.
 Nel pomeriggio del 21 marzo iniziò la seconda fase dell'eruzione caratterizzata da fontane di lava che determinarono l'arresto dell'alimentazione lavica. A partire da mezzogiorno del 22 marzo si verificò un sensibile cambiamento nello stile eruttivo: la nube eruttiva raggiunse un'altezza di 5 km, mentre lungo i fianchi del cono si innescarono valanghe di detriti caldi e piccoli flussi piroclastici.

Mentre il Vesuvio eruttava , Zio Carminuccio, il fratello di mia madre,  si sposava Con Annina Mangone. Coronavano così il loro sogno d’amore.

Pur essendo ancora bambino, ricordo che piovevano ceneri che ben presto formarono uno spesso strato. Per alcuni anni tali ceneri furono usate combinate con la calce come materiale di costruzione

Come ricordo Giovanni Rocco

di CARMINE SENATORE

Un altro personaggio che mi è rimasto impressa nella memoria era Giovanni Rocco.  Aveva una norma forza.  Sembrava fosse nato vecchio. Portava un cappello militare con visiera che  non toglieva mai dalla testa.

Quando si doveva trasportare un carico pesante era il punto di riferimento.

Era un omone grosso ,che pur movendosi lentamente , riusciva a trasportare sulle spalle carichi impensabili per un essere umano :  il trasporto di uno scalone o un sacco di grano era per lui possibile..

Quando si doveva trasportare un carico pesante era il punto di riferimento.

Era lui che all’arrivo del postale trasportava il sacco del sale al negozio del centro storico.

Si accontentava di pochi  spiccioli.

Amava, però, le medaglie, da quelle di cartone e quelle di latta. Il regalo lo rendeva felice e questo era l’unico momento in cui sorrideva.

Non disdegnava il bicchiere di vino che beveva tutto in un sorso. Quando mi incontrava mi sorrideva, perché una volta gli avevo fatto dono di una medaglia di cartone con l’effigie del Re Vittorio Emanuele, che avevo trovato a casa di un suo amico in un vecchio baule.

Parlava con difficoltà e spesso era incomprensibile. A volte borbottava  tra sé e sé.

La sua casa, un umile tugurio, era piena di santini, croci di latta e medaglie che teneva sparse ovunque.

Come ricordo il Castello


di CARMINE SENATORE

Il  castello vero e proprio era arroccato in lato. Attraverso una piazzetta dava direttamente sulla piazza principale. Due pilastri con indicata in marmo la proprietà immettevano in un largo su cui si affacciavano  un bar ,lo studio di un geometra e lo studio di notaio di don Ciccio. Lateralmente era il cinema separato da un lungo corridoio che immetteva in un frantoio. Una sbarra separava lo slargo dai garage dove faceva bella mostra una Balilla, ancora funzionante.

Attraverso un’ampia scalinata si saliva all’ingresso del castello. Due pilastri in arenaria, in alcuni punti erosa dal  tempo , si immetteva in un ampio spazio,ai lati del quale si trovavo due giardini . Due cancelli in ferro battuto facevano da entrata; all’interno aiuole di rose e di garofani, al centro due ampie e grandi fioriere in granito. In uno un vasto loggione con panchine in pietra grezza  dal quale si dominava la piazza del paese.

 Al centro la  vasca per la raccolta dell’acqua piovana. Al piano terra , il forno, il bottaio e le stalle che durante la guerra erano servito da ricovero.

Attraverso una scala parte in muratura e parte interra battuta si giungeva  da un lato all’abitazione dello zio Martino, il fattore ,e dall’altra attraverso una scala in pietra all’abitazione di Don Ciccio.

Dall’alto , sulla terrazza, si dominava tutto il paese e la vasta pianura


Mastro Dinuccio diventa poliziotto


di CARMINE SENATORE

Era costume in paese, alla chiusura della scuola, da parte dei padri, mandare i figli presso un artigiano,non tanto per imparare il mestiere, quando per tenerli lontani dalla strada.

Anche a me  spettò in sorte “mastro Dinuccio”, un falegname, che aveva da poco aperto bottega.

Questi era figlio dell’artigiano che aveva insegnato a mio  padre il mestiere di muratore.

La bottega  si trovava a mezzo strada fra il centro e la sua casa  al bivio detto “La croce “. Erano due locali terranei separata da una porta . Vi si accedeva  attraverso due portoncini. Nella prima vi era  il banco di lavoro con gli attrezzi. Nella seconda vi era un camino dove Luigi scioglieva la colla quando serviva.

In un angolo della bottega i trucioli e la segatura residui della lavorazione del legno. Non vi era il tetto ma solo il solaio. Un muro dell’altezza di qualche metro la circondava. Era il luogo dei servizi igienici. Ci si arrampicava attraverso dei massi.

Alla spalle un ampio  oliveto nel quale si tenevano le principali fiere, soprattutto di animali domestici,  maiali , asini ed ovini.

Luigi , una mattina, mentre si recava in bottega, lungo un solco trovò alcune monete di carta, perse il giorno prima da qualche compratore. La madre, al ritorno, volle sapere, dove aveva preso quei soldi . La rassicurarono solo le parale di mastro  al quale aveva narrata il ritrovamento.

Stando a contatto,tutti i desideri, le emozioni, i primi amori venivano trasmessi anche all’adolescente garzone .

Corteggiava una giovane e bella ragazza di nome Filomena . Spesso abbandonava il lavoro pur di vederla e scambiarsi uno sguardo.

Amava cantare :il suo idolo era Claudio Villa. E’ inutile dire la sua gioia che egli provò, quando gli arrivò una cartolina dalla Rai : avrebbero trasmesso la sua canzone preferita .

Fare l’artigiano certo non era la massima aspirazione e quando fu bandito un concorso nella polizia decise di parteciparvi.

Nei giorni precedenti aveva imparato a scrivere una lettera aiutato da un maestro con la giusta e corretta  ortografia.

I risultati furono positivi e la carriera  di mastro falegname finì.

Iniziò  la sua carriera militare.Essere poliziotto, significò per lui non solo sicurezza economica ma anche alimentare e soddisfare il senso dell’autorità.

 Erano gli anni delle lotte bracciantili per la conquista delle terre.

I primi cinquant'anni dello Stato unitario sono un continuo succedersi di scontri sanguinosi in ogni parte d'Italia fra masse che reclamano il loro diritto di vivere umanamente e truppe ridotte all'ubbidienza cieca e assoluta da metodi di caserma duri e spietati, eccidi di braccianti agricoli e di operai.

La lotta si estese anche ai braccianti della piana del Sele e molti di essi furono arrestati.

I braccianti si trovarono davanti ai carri armati: il 23 marzo 1950 la lotta al grido di "pane e lavoro" cambiò la vita a San Severo. A fermare la rivolta arrivò l´esercito. Un morto, centinaia di feriti e 180 arrestati. Uomini e donne, in carcere per due anni. E, soprattutto, i loro bambini incustoditi, accolti nelle case di famiglie del Nord grazie a una catena di solidarietà.

L’uso della violenza come strumento di risoluzione dei conflitti sociali non è stato una scoperta, una invenzione del fascismo, anche se il fascismo ne ha fatto sistema esclusivo e permanente di governo. Le giornate milanesi del 1898 ne sono state già, ventiquattro anni prima dell’assunzione del potere da parte del fascismo, un’eccellente anticipazione. Il generale Bava-Beccaris e chi gli diede ordini (e chi a strage compiuta lo ha decorato) ubbidivano a concezioni del tutto identiche a quelle sulle quali poi Mussolini e i suoi accoliti hanno eretto la loro “radiosa” epopea.

Malgrado la maggior parte del sangue versato nella lotta di liberazione fosse quello di giovani comunisti, subito dopo, con campagne infamanti quanto calunniose essi furono cacciati dal governo. Il cerchio si è chiuso, da un regime liberale, formalmente democratico, vistosi in pericolo, si è passati alla dittatura fascista, la quale in 20 anni di feroci repressioni e assassinii ha distrutto la volontà rivoluzionaria del popolo, quindi si è ritornati ad un regime liberale, formalmente democratico, nuovamente pronto a difendere i propri privilegi con ogni mezzo. Ma ora nessuno può fingere di non sapere che subito dopo la liberazione fu costituita la forza militare segreta di Gladio, finanziata dagli USA e gestita da apparati governativi per attuare un colpo di stato nel caso il Partito Comunista avesse vinto le elezioni. La forza dei lavoratori faceva paura anche dopo vent’anni di dura repressione e la violenza contro di loro continua con altri mezzi: si utilizzò la cosiddetta mafia e la strage di Portella delle Ginestre effettuata il 1° maggio 1947 fu il primo atto di terrore che diede inizio ad una nuova e non ancora terminata scia di sangue, 32 giorni dopo De Gasperi formò un governo senza ministri comunisti e socialisti; dai documenti del Pentagono oggi sappiamo che gli USA fornirono segretamente alla Democrazia Cristiana 10 milioni di dollari in armi e munizioni, 24 ore prima delle elezioni politiche generali del ’48. Se la Democrazia Cristiana avesse perso le elezioni, si sarebbe trasformata in un corpo armato pronto a trascinare l’Italia in una guerra civile per impedire ai comunisti di governare. L’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha confermato l’esistenza di una Democrazia Cristiana armata clandestinamente. Il 19 aprile del medesimo anno ci fu l’attentato a Togliatti; vi furono tentativi di colpi di stato come quello del generale De Lorenzo; la strage di Piazza Fontana; di Piazza della Loggia; gli attentati in tutto il Paese, ai treni; la strategia della tensione; lo Stato parallelo; le collusioni mafia-servizi segreti; mafia e politica; i depistaggi dei servizi segreti che ogni volta che si trovano inquisiti in uno scandalo cambiano nome per acquisire legittimità; le inchieste sempre insabbiate; la massoneria; la P2; si è saputo che perfino volantini delle Brigate Rosse erano stampati dai servizi segreti.

Nel 1947 era iniziata la lunga e tristemente famosa carriera di Mario Scelba, come ministro degli interni, dicastero che guiderà ininterrottamente del 1947 al 1953. Si distinguerà per l’avversione alla piazza e alle manifestazioni dell’opposizione socialista e comunista (sia politica che sindacale) utilizzando  anche e soprattutto le forze di polizia (la temuta “celere, i cui uomini i “celerini erano stati soprannominati “scelbini”).

Furono anni di discriminazione verso i militanti della sinistra ai cronisti dei cui giornali era persino vietato entrare nelle sede del governo.

Ma furono anche anni di tensioni che spesso sfociarono in scontri tra calere e manifestanti con spesso morti e feriti.

A tutto questo era andato incontro il poliziotto "mastro Dinuccio"