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lunedì 23 febbraio 2009

L’8 settembre 1943 di Carmine Senatore

L’8 settembre 1943

 

di CARMINE SENATORE

A volte i piani temporali si confondono, si sovrappongono si intrecciano sempre più indissolubilmente, innescano associazioni di significati e la magica evocazione di fatti e di emozioni. A volte il ricordo alimenta e da corpo al monologo interiore.

Il tempo passa , ma restano i ricordi e le emozioni di tutte le altre persone con le quali si è stato in contatto.

Ricordo e memoria sono due parole che hanno affinità , ma sostanzialmente indicano gli effetti della nostra interiorità.

 

Avevo quasi quattro anni, essendo io nato il 7 gennaio del 1940.

Il dramma dell’esercito italiano scoppia alle 19,45 dell’8 settembre 1943, quando la radio italiana divulga il messaggio del maresciallo Badoglio nel quale il capo del governo comunicava che l’Italia ha “chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate” e che la richiesta è stata accolta. Il dramma si trasforma nel giro di poche ore in tragedia per centinaia di migliaia di soldati abbandonati a se stessi nell’ora forse più tragica dall’inizio della guerra.

Così, mentre avveniva il totale sbandamento delle forze armate, le armate tedesche della Wehrmacht e delle SS presenti in tutta la penisola poterono far scattare l'Operazione Achse (secondo i piani già predisposti sin dal 25 luglio dopo la destituzione di Mussolini) occupando tutti i centri nevralgici del territorio nell'Italia settentrionale e centrale, fino a Roma, sbaragliando quasi ovunque l'esercito italiano: la maggior parte delle truppe fu fatta prigioniera e subì l'internamento in Germania.

La cosiddetta operazione Avalanche fu una delle tre operazioni di invasione alleate in Italia nel settembre 1943, guidata dal generale Harold Alexander e dal suo 15º Gruppo d'Armate (comprendente la 5ª Armata del generale Mark Clark e l'8ª Armata Britannica del generale Bernard Montgomery) durante la seconda guerra mondiale. Protagonista di uno degli episodi più decisivi della seconda guerra mondiale fu il golfo di Salerno, da Maiori ad Agropoli. Gli obiettivi dell’operazione, delineati dal generale Dwight D. Eisenhower, comandante in capo del Teatro di Operazioni Mediterraneo, dal generale Mark Wayne Clark, comandante della 5ª Armata e dal vice ammiraglio Henry K. Hewitt, comandante della Forza Navale d’Impiego Occidentale, erano ben precisi: gli Alleati volevano allontanare i Tedeschi dall’Italia Meridionale, impadronirsi delle basi aeree di Foggia, raggiungere Napoli e liberare Roma.

La fortezza di Altavilla nella quale si erano asserragliate le truppe tedesche fu teatro di uno dei più cruenti scontri, che durarono dall’11 al 17 settembre e costarono alla cittadinanza  circa 85 morti . Più volte fu presa dall’una e dall’altra parte. Nello scontro perirono anche molti civili, o causa dei bombardamenti o perché direttamente colpiti dai colpi dei mortai. La popolazione si trovò in gravi ristrettezze alimentari e poté sfuggire alla fame,perché nel mese di settembre vi era nella campagna fichi ed uva in abbondanza e non era ancora iniziata la raccolta. Anch’io  fui costretto insieme alla madre e alla nonna ad abbandonare la casa e a trovare un luogo  più idonea per sfuggire alle bombe. I miei ricordi  a proposito sono pieni di vaghezza soprattutto per l’ordine temporale con il quale si susseguirono . Però rimangono vive le scene del nostro peregrinare durante lo scontro: la “lamia”  di Donna Matinuccia, la strada  lungo il mulino, fuori dal paese ma scoperta, il rifugio nella casetta del piano delle Rose, dove un sorcio morsicò un orecchio a Sabatino, il vallone ,luogo più riparato ed infine il podere  Nese in contrada Cognole, dove la madre cucinò il poco riso condendolo con un poco di olio che aveva preso da una lucerna .Vivo ancora il ricordo quando si recarono sul castello, dove erano vecchie stalle con la volta in pietra e mura molto spesse. Il piazzale era pieno di vetri rotti o perché direttamente colpiti dalle schegge o per spostamento d’aria. La resa delle truppe tedesche e l’ingresso vittorioso delle truppe americane nella piazza del paese segnò la fine dell’aspro conflitto. Il loro arrivo vittorioso suscitò molto  entusiasmo nella popolazione:  mentre passavano con i carri armati  lanciavano a, caramelle, pezzi di cioccolata e sigarette. Durante il bombardamento sia dall’alto che dalla marina fu colpita la casa natale. Particolare curioso, che fu anche la nostra salvezza, fu il ritrovare fra due muri maestri una damigiana d’olio che tenevano sul soffitto. Altro ritrovo gradito fu quando in campagna ritrovarono un trincea piena di carne in scatola e fagioli che le truppe americane avevano lasciato durante il loro avanzare.

Si  contavano  ancora le ferite della guerra: case cadute, molti senza tetto, i lutti ,la miseria ,il razionamento dei viveri e del pane. Io, per la verità,non soffrì la fame ,in quanto mia nonna aveva ricevuto l’incarico dal Podestà  di fare il pane. Incominciarono a tornare i reduci, alcuni attesero  invano. Anche mio padre tornò e riprese a lavorare. Poiché mancava il danaro,si lavorava col baratto. Ricordo ancora il prurito che conferiva la polvere del grano , in quanto veniva conservato come cosa preziosa nella stanzone da letto. Con l’arrivo degli aiuti americani il paese riprese a vivere. Si aprirono le scuole in grandi stanze ai lati del castello : bagni turchi, maleodoranti,classi numerose, per mancanza di aule. Le cose incominciarono a migliorare con il loro trasferimento nel centro storico di fronte alla casa del maestro Vincenzo.

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