di Silvia Di Masi
Mi chiamo Silvia Di Masi ed abito a Portici (Napoli) ma sono nata in contrada Falagato e ci ritorno spessissimo, in questo luogo ci sono i miei genitori e le mie passioni, un giardino che ho fatto nascere intorno al rudere della case dei nonni, ed un appezzamento di terreno che mi permette di essere quasi autosufficiente per frutta e verdura.
Nella mia terra ho cercato di conservare le piante che sono tipiche della nostra zona, come il grande gelso bianco che copre tutto lo spazio davanti casa che era una pianta che tutte le famiglie avevano. Sotto questa pianta, da circa ottanta anni, tutti i membri della mia famiglia hanno riposato nei pomeriggi assolati dopo il lavoro dei campi, mentre nelle serate estive tutto il vicinato si radunava per chiacchierare ed il nonno ci suonava il mandolino e giocava a carte con Zi Innaro. Lo scandire delle stagioni per me era legato al gelso, al dolce dei frutti in primavera ed al fresco della sua ombra d’estate, mentre l’autunno era segnato dal giallo delle foglie e il tappeto che esse formavano sull’aia. Ma queste piante sono scomparse dal vicinato per motivi diversi ed uno di questi mi ha colpito più degli altri:” è una pianta che sporca “. Per migliaia di anni è stato un albero produttivo in tutte le sue parti frutti, foglie, legno, mentre oggi … sporca. Nei cortili dove una volta c’erano gelsi, limoni, viti di uva fragola oggi troviamo piazze cementate ed alberi di Phenix e Washingtonia che sono belle piante ma poco si adattano al nostro paesaggio.
Ma l’albero che più rappresenta il paesaggio di Falagato è sicuramente la quercia, piante di quercia erano distribuite su tutto il territorio. L’incrocio in cui si incontrano le strade che portano a Cerrelli, Borgo Carillia e Matinella viene ancora detto “A Cerza” anche se l’albero è stato tagliato. La grande quercia all’inizio di contrada Falagato offre ancora oggi riparo ai venditori ambulanti nelle calde giornate estive così come la quercia che troviamo nel piazzale della Madonna della Neve ricordata da tutti i pellegrini. Ogni angolo di questa contrada aveva una quercia, ma solo alcune sono rimaste, altre non ci sono più.
Il mio personale ricordo è la strada che portava a casa mia allora circondata da alberi alti ed imponenti che nelle sere d’inverno formavano un tunnel scuro e misterioso alla fine del quale si intravedevano le mura bianche della mia casa.
Molti esemplari sono stati tagliati, alcuni erano malati ma altri sono stati abbattuti perché queste piante non servono più, in realtà come per il gelso, anche la quercia ha perso la sua funzione di alimento per i maiali e di riserva di legname per il camino .
Qualche giorno fa ho chiesto a mio padre quante piante di quercia erano rimaste nel nostro terreno e lui ha risposto che ne erano rimaste poche, solo due, ho pensato che fra pochi anni se continuiamo ad essere indifferenti, il patrimonio di querce di Falagato finirà e le prossime generazioni non potranno godere di questi magnifici spettacoli che sono queste sculture vegetali.
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