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martedì 17 marzo 2009

La bicicletta di mio padre e l’investimento di “Zio Giovannino”

La bicicletta di mio padre e l’investimento di “Zio Giovannino”

di CARMINE SENATORE
L’unica fabbrica del paese ,nella quale nel dopoguerra lavoravano la gran parte della popolazione, era situata in pianura a circa 15 chilometri del paese. Questa distanza, mancando mezzi di trasporto, veniva percorsa da gran parte a piedi. Per cui era giocoforza alzarsi molto presto per raggiungere il luogo di lavoro.
Il complesso aziendale era stato voluto e costruito da un giovane ed illuminato uomo salernitano, che successivamente divenne sottosegretario , durante la II Legislatura e la III Legislatura, sotto i governi Zoli (con delega all’emigrazione) e Segni.
Comprendeva un tabacchificio e una segheria con annesso conservificio. Successivamente fu aggiunto un cordificio per la lavorazione del nylon per fare discoli per i frantoi oleari.
Accanto al complesso industriale, era stato costruito un complesso edilizio per gli impiegati e gli operai provenienti dai paesi vicini.
Il lavoro in fabbrica, però , era di carattere stagionale. Per cui si alternava il lavoro in fabbrica a quello privato, rendendo praticamente inutilizzabile la bicicletta, la quale rimaneva chiusa nel bottaio, il luogo nel quale si corservano il vino e i salami.
Quando mio padre comprò una bicicletta fu una grande festa.L’ultimo tratto di circa due chilometri era fortemente in salita con tornanti fortemente in pendenza.
La pendenza della strada , sterrata, unita alla stanchezza di una giornata di lavoro,impediva che la si potesse percorrerla . Si smontava di sella e si portava la bicicletta a mano.
Dall’alto del muraglione, così veniva denominata la salita, i ragazzi attendevano e andavano incontro ai genitori . La bicicletta passava dall’una all’altra mano. Così ,mentre i genitori abbreviavano la strada attraverso delle scorciatoie, i ragazzi percorrevano con la bicicletta a piedi i vari tornanti. Qualche volta io la prendevo ed ero riuscito dopo numerosi tentativi a padroneggiarla.
Erano gli anni della competizione di Bartali e Coppi.
Le loro gesta erano decantate da tutti e coinvolgevano anche noi ragazzi.Imitarli nelle loro gesta rappresentava il nostro sogno.
Coppi, soprannominato “campionissimo” aveva vinto il Giro ancora nel 1947, nel ’49, nel ’52 e nel ’53: ma la sua fama crebbe soprattutto grazie alle continue sfide con Bartali, che vincerà ancora nel 1946. La gente adorava il suo essere un “omone buono”, forse meno calcolatore del collega Coppi. Secondo alcuni sarebbe stata la vittoria di Bartali ad una delle tappe del Tour del 1948 a placare gli animi degli italiani sconvolti per l’attentato di Antonio Pallante a Palmiro Togliatti: Bartali stesso ha invece detto come, forse, servì a distogliere momentaneamente l’attenzione ma che, certo, le due cose non avevano avuto la stessa importanza.
Coppi e Bartali gareggiarono spesso insieme e quando Bartali smise di correre divenne direttore sportivo proprio della squadra di Coppi che, invece, nel 1960 aveva quarant’anni e nessuna intenzione di smettere.
Le competizioni continuavano anche in classe dove il mio maestro,Vincenzo Morrone (il papà dell’avvocato Rocco Morrone), che aveva diviso la classe in gruppo col nome dei ciclisti più famosi d’allora.
Un giorno io e il suo amico Ezio decidemmo di fare una gara con la bicicletta dalla piazza fino alle palazzine popolari: il primo tratto in discesa , il secondo fortemente in salita.
Fu proprio durante la discesa che avvenne l’investimento del postino. La velocità era talmente elevata che all’altezza di una sartoria. ,il postino che usciva con il suo borsone , fu investito.
Era un ometto bassa e grasso che portava gli occhiali. Il borsone lo rendeva ancora più rotondeggiante.Sanguinante, con lettere e plichi sparpagliati dovunque, nonostante il forte impatto, aveva inforcati ancora su un orecchio gli occhiali.Per due mesi fu costretto a mettersi in congedo, lui che non aveva mai preso un giorno di ferie,neanche quando ne aveva diritto.Da lontano io, timoroso,lo guardavo con entrambi le mani ingessate.
Sai chi era il mio amico Ezio?.... quello che poi diventerà procuratore capo in Brasile, animatore e fondadatore di "Altavilla Viva"

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