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sabato 14 marzo 2009

ANTICHE RICETTE DI CASA NOSTRA. Un viaggio nelle tradizioni culinarie altavillesi….

di CARMINE SENATORE

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Siamo lieti di invitarvi a scoprire, in un viaggio altrettanto interessante come i soprannomi, i diversi sapori della cucina tradizionale altavillese .Si potrà scoprire come molte pietanze consentono di andare indietro nel tempo alla scoperta delle nostre tradizioni, non solo culturali e storiche . Le pietanze ,che erano tutti i giorni sulle tavole degli altavillesi, sono ormai scomparse. La cucina allora era una cucina povera, ma nello stesso tempo gustosa e fatta da un solo piatto, che veniva consumato dai più la sera al ritorno dal lavoro. Essendo ovviamente piatto unico era molto abbondante. Vi erano poi periodi o festività in cui venivano consumati cibi retaggio di una tradizione secolare .Queste considerazioni oggi possono passare inosservate, ma i nostri nonni erano al corrente di queste tradizioni, le quali creavano l’armonia tra spirito e materia. Il cibo era il modo di pensare e di vedere la vita.

L’uccisione del maiale , ad esempio,oltre che procurasi le provviste per tutto l’anno, era incontrarsi con i parenti. Prima di ammazzarlo doveva essere pagata una tassa per la macellazione. Era l’unica gabella che si pagava più volentieri. La macellazione coinvolgeva i cinque sensi: l’occhio era catturato dal contrasto dei colori, l’orecchio dallo schioppettío del forno a legna, l’olfatto dal profumo, il gusto dal mangiare e dal tatto. Le percezioni sensoriali sono un ricordo che rimane impresso per sempre insieme alle gestualità : tenere la coda del maiale significava impadronirsi l’osso sacro dell’animale che veniva arrostito con un poco sale e mangiato. Le grida strazianti dell’animale morente, pur spaventando noi bambini, era un momento di gioia. Il pranzo consisteva nello “Sfriiunzolo” e in fegato arrostito o fritto avvolto nella retina e condito con sale lauro e pepe. Si utilizzavano per tale piatto solo le parti meno nobili, non per questo meno saporite dell’animale, riservando quelle più nobili per salsicce e soppressate. Le ossa, scarnificate, venivano messe sotto sale e utilizzate per fare i sugli per la pasta, soprattutto pasta fatta a mano, gnocchi, fusilli e ravioli. Queste rappresentavano la provvista fino a Pasqua, durante il cui periodo si incominciava a consumare carne soprattutto di capretto e di agnello. Quasi del tutto assente, la carne di vitello. La macellazione di qualcuno di essi ,da parte dei Baione, rappresentava l’occasione per i fanciulli anemici per bere il sangue in bicchieri portati ognuno direttamente da casa.

Siete pronti a intraprendere il vostro viaggio ?
Bene!



i “triiddi”

Consistevano in una specie di fusilli lunghi e molto fini di pasta fresca che venivano cotti in un brodo molto denso ottenuto facendo bollire un osso di prosciutto con altri parti di maiale meno nobili. Una volta cotti apparivano leggermente brodosi che venivano conditi con formaggio e pepe.

“U sfriiunzolo”


Si componeva di tocchetti di carne e polmone di maiale che venivano cotti con peperoni sotto aceto. Veniva soprattutto preparato durante l’uccisione del maiale

I “muglitieddi”


Erano intestini di capretti lavati e arrotondati a mo’ di involtini con una striscia di grasso al centro n cui erano messi prezzemolo , un po’ di formaggio e aglio: Venivano poi cotti in un brodo molto denso per effetto delle particelle di grasso che essi lasciavano.

“Laene e ciceri “


Erano fatte di sfoglie di pasta tipo tagliatelle ma in forma più irregolare cotti con ceci in precedenza cotti dopo averli messi in ammollo con un pizzico di bicarbonato. Le “laene” e con i ceci, una volta cotti, venivano condite con aglio , olio e peperoncino precedentemente fritti. Questo è uno dei piatti maggiormente rimasti nella tradizione.

La “cecciola”

Consisteva in un misto di legumi, tra cui fagioli, ceci,lenticchie, fave e cicerchie. Avendo tempi di cottura diversi, si capisce benissimo la consistenza della zuppa: da quelli stracotti a quelli più duri.

I “triiddi”

consistevano in una specie di fusilli lunghi e molto fini di pasta fresca che venivano cotti in un brodo molto denso ottenuto facendo bollire un osso di prosciutto con altri parti di maiale meno nobili. Una volta cotti apparivano leggermente brodosi che venivano conditi con formaggio e pepe.

“U sfriiunzolo”


Si componeva di tocchetti di carne e polmone di maiale che venivano cotti con peperoni sotto aceto. Veniva soprattutto preparato durante l’uccione del maiale

I “muglitieddi”

Erano intestini di capretti lavati e arrotondati a mo? “di involtini con una striscia di grasso al centro n cui erano messi prezzemolo , un po’ di formaggio e aglio: Venivano poi cottiin un brodo molto denso per effetto delle particelle di grasso che essi lasciavano.

“Laene e cioceri “

Erano fatte di sfoglie di pasta tipo tagliatelle ma in forma più irregolare cotti con ceci in precedenza cotti dopo averli messi in ammollo con un pizzico di bicarbonato. Nell’acqua con le “laene” e con i ceci, una volta cotti, venivano condite con aglio , olio e peperoncino precedentemente fritti. Questo è uno dei piatti maggiormente rimasti nella tradizione.

La “cecciola”

Consisteva in un misto di leguni, tra cui fagioli, ceci,lenticchie, fave e cicerchie. Avendo tempi di cottura diversi, si capisce benissimo la consistenza della zuppa: da quelli stracotti a quelli più duri.

“U pappone”

Consisteva in rimasugli di pane raffermo, che veniva cotti,in acqua e olio, il più semplice,o con una salsetta di pomodoro o per meglio dire conserva allungata con acqua. Il più nobile con fagioli o verdura in genere cicoria selvatica.

Pasta e fagioli.


Anche questo piatto è rimasto nella traduiione ed ha avuto successo. La particolarità di questo piatto era il modo con il quale venivano cotti i fagioli,messi ad ammollare la sera prima . Venivano poi messi in un “pignatieddu” di terracotta messi a cuocere con un poco di sedano costantemente cambiata con quella più calda. Si partiva dalla mattina e la cottura avveniva a mezzogiorno. in maniera lentissima vicino alla base del focolare, circondato da cenere calda. La pasta usata erano rimasugli di pasta spezzata che però non aveva gli stessi tempi di cottura. Una volta mescolati con i fagioli e cotti venivano irrorati, se così si può dire, con aglio olio e peperoncino fritti precedentemente.

.“E brasciole di coria”

Erano degli involtini di cotica di maiale, nel cui interno,venivano messi formaggio, prezzemolo e aglio,riavvolti a mo’ di involtini e cotti nel sugo di pomodoro col quale veniva condita la pasta, che veniva comprata sfusa e tagliata a pezzi.

Le “vutaglie con l’arricciatura di lardo”

La materia prima consisteva in cimoli di una pian arbustiva , nel pmese di maggio ., precedentemente bolliti e leggermente amarognoli., che poi veniva passati nel tegame nel quale era stata messo del lardo precdentente ridotto in poltiglia.

“Patane a gabbacarne”

Come dice la il nome erano patate cotte senza carne alla “tortiera” .Le patate tagliate a fette venivano condite con olio,pepe , formaggio, prezzemolo, aglio e filette di pomodoro. Veniva cotte accanto al fuoco con il coperchio su cui veniva messa cecere calda e con regolarità cambiata con cenere sempre caldo. Emanava no un odore che avvolgeva tutta la casa!

“U tortano cu i frittule”

Era un panetto di pane fresco ottenuto con farina , sale , pepe,sugna e residui di grasso di maiale dopo aver ottenuta la sugna. Veniva cotto nel forno con il pane.

Pasta e fagioli.


Anche questo piatto è rimasto nella traduzione ed ha avuto successo evolutivo. La particolarità di questo piatto era il modo con il quale venivano cotti i fagioli,messi ad ammollare la sera prima . Venivano poi messi in un “pignatieddu” di terracotta messi a cuocere con un poco di sedano vicino al fuoco del focolare circondato da cenere che costantemente cambiata con quella più calda. Si partiva dalla mattina e la cottura avveniva a mezzogiorno, in maniera molto lenta. La pasta usata erano rimasugli di pasta spezzata che però non aveva gli stessi tempi di cottura. Una volta mescolati con i fagioli e cotti venivano irrorati, se così si può dire, con aglio olio e peperoncino fritti precedentemente.

La pasta col latte.

Erano minuscoli tagliolini di pasta fresca,che veniva mangiata all’Ascensione, cotti nel latte al quale venivano aggiunti zucchero e cannella.

“E brasciole di coria”

Erano degli involtini di cotica di maiale, nel cui interno,venivano messi formaggio, prezzemolo e aglio,riavvolti a mo’ di involtini e cotti nel sugo di pomodoro col quale veniva condita la pasta, che veniva comprata sfusa e tagliata a pezzi.

Le “vutaglie con l’arricciatura di lardo”

La materia prima consisteva in cimoli di una pian arbustiva , nel mese di maggio ., precedentemente bolliti e leggermente amarognoli., che poi veniva passati nel tegame nel quale era stata messo del lardo precedentente ridotto in poltiglia.

“Patane a gabbacarne”

Come dice la il nome erano patate cotte senza carne alla “tortiera” .Le patate tagliate a fette venivano condite con olio,pepe , formaggio, prezzemolo, aglio e filetti di pomodoro. Veniva cotte accanto al fuoco con il coperchio su cui veniva messa cecere calda e con regolarità cambiata con cenere sempre caldo. Emanava no un odore che avvolgeva tutta la casa!

“U tortano cu i frittule”

Era un panetto di pane fresco ottenuto con farina , sale , pepe,sugna e residui di grasso di maiale dopo aver ottenuta la sugna. Veniva cotto nel forno con il pane.

Adesso divertitevi voi, raccontando altre pietanze o altri cibi di un "tempo che fu"!.....

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