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lunedì 23 marzo 2009

Le condizioni igieniche sanitarie negli anni '50

di Carmine Senatore



L’acqua è uno dei costituenti fondamentali di tutti gli esseri viventi. Essa serve non solo per l’alimentazione umana, ma è anche uno degli elementi fondamentali per la vita igienico-sanitaria di una popolazione. La sua scarsezza fa parlare di grave carenza igienico-sanitaria. Ai tempi della mia fanciullezza invece la scarsità e la difficoltà idriche erano la norma. L’acqua era assente in tutte le case sia umili che benestanti. Veniva attinte da alcuni fonti alimentate da sorgenti locali. Durante il periodo estivo era un vera emergenza. Le sorgenti modeste, non alimentate da una falda profonda cospicua, davano scarse quantità d’acqua. L’approvvigionamento in questi casi rappresentava una vera e propria emergenza. Le quattro fonti alcune derivate da bottini di presa lontane avevano bisogna di condutture, come quella di piazza Castello e del Sieggio, per cui alla scarsità d’acqua qualche volta si aggiungeva anche la rottura delle condutture, altre ,come quelle dei Franci e della Fresta ,attingevano direttamente alla sorgente mediante un bottino di presa. L’acqua si attingeva con un barile di legna di capacità diverse, modeste per la gran parte della popolazione, di dimensioni più grandi la classe più benestante che si potevano permettere un asino o un mulo per il trasporto. I contadini invece attingevano l’acqua direttamente da pozzi scavati a mano, con modeste ricariche considerate le formazioni flyschioidi dei nostri terreni. I barili , a mo’ di botticelle, avevano dimensioni di una ventina di centimetri e lunghe un’ottantina .Venivano posti su due assi curvi di ferro situati su una parete, da cui girandolo, si attingeva l’acqua. Il compito di attingere l’acqua spettava alle donne, che alla fontana facevano la fila. Il barile posto a terra con una base rappresentava, in attesa del turno, uno sgabello. Le attese erano lunghe, specialmente durante il periodo estivo,e rappresentavano l’occasione per scambiare chiacchiere sulla vita quotidiana. Ovviamente era anche l’occasione per parlare di pettegolezzi e maldicenze. Una volta riempito il barile il trasporto veniva effettuato mettendo uno straccio arrotolato sulla testa su cui veniva appoggiato il barile. Si capisce come in queste condizioni, l’igiene personale era carente sotto tutti i punti di vista. Mentre per lavarsi e per cucinare per bere ci si serviva del barile, per lavare i panni invece si ricorreva al lavatoio comunale situato nelle vicinanze del Convento. Era coperto da un solaio . Lo spiazzo antistante era preceduto da una fonte direttamente legata alla sorgente dalla quale derivava anche l’acqua del lavatoio comunale, coperto perché le donne potessero lavare i loro panni anche quando pioveva. Due ampie finestre con arco a tutto sesto lo illuminavano . Al centro i lavatoi in cemento ,una canaletta portava l’acqua ai singoli lavatoi. In alto un ampio lunotto, dal quale i bambini osservavano le loro mamme. Numerosi fonti, (Canale, la Macchia ed altri piccoli rigurgiti) assicuravano acqua ai passanti lungo il loro cammino. Solo in tempi più recenti analisi da noi fatte hanno dimostrato che le acque erano non a norma a fuori dei parametri di potabilità previsti.
Se da un punta di vista idriche, la situazione era drammatica,dal punto di vista sanitario era certamente migliore. Un farmacista , tre medici,un’ostetrica ,“la vammana”, vigilavano sulla salute della popolazione. La farmacia, diretta da Don Achille Sassi, era attrezzata e assicurava, anche con le preparazioni galeniche, i medicinali essenziali. Si vendeva perfino per combattere le anemie “Il Ferro China Bisleri” che oggi viene utilizzato come digestivo dopo i pasti. Una bottiglia l’abbiamo trovata in uno scaffale molti anni dopo con Peppe Galardi che ,avendo seguiti studi di medicina, era esperto ed idoneo nel sostituire il farmacista titolare, che nel frattempo era diventato professore di matematica nelle scuole medie.
I tre medici, Gaetano Sassi e Amedeo Molinara, insieme ad Achille Sassi,essendo anche medico curavano la salute dei cittadini. Obbligatoria era la vaccinazione contro la poliomielite e il vaiolo. Per la verità ,fino al 1950 vi era anche un altro medico, una donna, la dott.ra Belmonte, sorella dei maestri Ninetta e Nando. Morì nel dare alla luce il figlio.
Gaetano Sassi era il figliastro di Don Achille nonchè zio, avendo sposato la moglie del fratello, dopo la sua morte.Don Amedeo, un un uomo alto e robusto. Con la sua calda e persuasiva riusciva ad assicurare tutti i suoi pazienti. La”vammana” dei miei tempi era la madre di Mirella, la moglie del collocatore Iorio.Per la verità vi era anche un latro nostro concittadino laureato in medicina, però che non l’esercitava,.il dott Gaetano Mazzei, che diverrà successivamente medico dell’ENPAS, l’ente di assistenza del personale statale.
Nei tabacchini veniva venduto il chinino di stato, medicinale utilizzato per combattere la malaria, malattia endemica specialmente nella piana del Sele. Questa situazione sanitaria assicurava un sufficiente servizio ai cittadini, situazione che diverrà drammatica, dopo la morte di Don Amedeo e la vincita di Don Gaetano a sanitario del Comune di Battipaglia.Ricordo che nel 1975 il consiglio comunale,nel quale sedevo anch’io, dovevamo rivolgerci a qualche medico esterno per la vigilanza sanitaria. La situazione migliorò alla fine del 1980, quando un nutrito gruppo di giovani si laureò in medicina. Facevano a gara, con colpi maldestri e denunce , per assicurarsi un guardia medica. L’accresciuto numero di medici e l’arrivo dell’acqua, ormai in tutte le case cambiarono le condizioni igienico-sanitarie. Le case ebbero i primi bagni con vasca e doccia. I medici di famiglia, più numerosi, assicurarono un servizio sanitario più efficiente e degno di un paese civile. Il resto è storia recente…

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