di Carmine Senatore
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“Un legno non fa fuoco
Con due ne hai poco
Con tre che bel fuochetto
Con quattro che allegretto
Se aggiungi poi un ciocchetto
Oh che bel caldetto!”
Così noi ,parodiando un filastrocca del tempo,si accendeva il fuoco. A sera con l’aggiunto di un tronchetto di quercia, il gioco era fatto. Oramai la casa era riscaldata, la cena consumata , la tavola sparecchiata e i piatti lavati. La vivacità e il calore della fiamma conferiva allegria e un dolce tepore si spandeva tutto intorno. In un angolo intorno ad un braciere mia nonna filava, tenendo i piedi sul “tienavrasere”. Ogni tanto sbraciava . L’odore acre della carbonella era attutito da qualche scorza di arancia che ogni tanto mia nonna lanciava nel braciere. L’odore della buccia di arancia arrostita si spargeva tutto intorno. Intanto mia madre completava le sue faccende. Noi giocavano sotto la tavola: una di quelle che si allungavano quando aumentavano gli invitati. Il sotto tavolo era la nostra casa .Le cavità erano le nostre mensole e i nostri armadi. Un telefonino del tempo: due bicchieri di carta , quelli dei gelati , conservati e custoditi gelosamente, erano le nostre cornette. Un filo di cotone, strappato dal gomitolo della nonna, infilato nelle basi delle coppette, la nostra linea di trasmissione…. E si sentiva ! Il gioco finiva quando mia madre aveva fatto ordine e sistemato ogni cosa. Ci si stringeva intorno al focolare per la serata .Raccolti e tutti orecchio, mia madre iniziava il suo racconto. Erano fiabe miste a favole trasmesse oralmente ed adattate. Credo che fossero sempre le stesse, in quanto situazioni e personaggi erano gli stessi anche dei nostri compagni. Parlavano di fate e di orchi, di smarrimenti e di ritrovamenti. Noi ascoltavano in silenzio e nella nostra mente apparivano fate , principi e principesse, fino a quando gli occhi incominciavano a perdere la loro lucidità e loro brillantezza. Morfeo stava per avere il sopravvento. Mia nonna aveva smesso di filare e si apprestava ad andare a dormire , dopo aver augurato con un fil di voce la buona notte. Il fuoco aveva perduto la sua vivacità e le fiamme si erano abbassate. Mia madre si apprestava a preparare la “crasta” per riscaldare il letto. Un vecchio mattone di terracotta, sempre lo stesso, veniva riscaldato,messo in un foglio di giornale e poi in uno straccio. Veniva messo tra le lenzuola per riscaldare il letto. Ci si accompagnava a letto, ormai quasi dormienti , e ci si infilava nel calduccio del letto. Le nostre coperte: i nostri cappotti. L’immancabile pitalino sotto il letto per la pipì della notte. Mia madre attendeva mio padre uscito per la partita serale con gli amici…
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