Anche a me è capitato……….
di Carmine Senatore
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Avevo appena conseguita la licenza media nella sessione estiva. Un bel 7 in latino faceva bella mostra nel risultato finale. Due finezze traduttive nella versione dall’italiano in latino, astuto qual era (qua astutia erat) e un cuius interest utilizzando anziché cuius la forma arcaica cuia, avevano suscitato il plauso e l’ammirazione della commissione d’esame. Non così era stato l’anno precedente, quando il salto,due anni in uno, non era stato coronato da successo. Era costume ai miei tempi, quando gli alunni avevano frequentato la quinta elementare,presentarsi direttamente agli esami di ammissione alla scuola media. Lo facevano soprattutto i figli di impiegati e commercianti, mentre i figli degli operai e dei contadini sostenevano gli esami di quinta elementare. Quindi i primi non conseguivano la licenza elementare, perché gli esami erano contemporanei a quelli di ammissione. Io sostenni pertanto gli esami di ammissione alla scuola media l’anno dopo. Allora non esisteva in paese la scuola media, per cui quelli che non potevano andare a pensione a Salerno a frequentarla,dovevano affidarsi ad un precettore pagato. Il precettore più gettonato era un giovane studente universitario in giurisprudenza , Manuccio di Lucia. Ci riceveva alla sua casa .In una stanza una tavola quadrato e in un angolo un tavolo più piccolo. Qui sono passati tanti miei compagni da Germano Marra ,Umberto Cantalupo, Antonio Molinara, Giovanni Mazzeo Giuseppe di Lucia, fratello del precettore, e di tanti altri. Si trattava piuttosto che di un insegnamento vero e proprio di un autodidattismo guidato. I libri naturalmente usati,venivano acquistati direttamente dal precettore e poi ripagati dai nostri genitori,con la naturale cresta per l’avvenuto acquisto. A volte dovevano attendere in completo silenzio il nostro maestro,dedito al pisolino pomeridiano. Alla fine dell’anno gli esami a Salerno da privatisti: i più bravi alla scuola media Pirro e in meno bravi alla scuola media di Largo Campo. Era possibile, allora, a chi aveva compiuto i 14 anni, presentarsi agli esami di licenza media. Io che avevo superato il primo anno, secondo il precettore, potevo fare gli esami di licenza media. Il che comportava fare due anni in uno. L’insuccesso scolastico,dopo gli esami di riparazione, aprì la via al lavoro. Era in ristrutturazione la chiesa di S.Antonino, gravemente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. La ditta vincitrice dell’appalto un’impresa napoletana , il cui capomastro si chiamava Don Antonio,abile muratore ed esperto stuccatore. Mio padre , assunto dall’impresa, riuscì a farmi assumere ,naturalmente in nero, come apprendista. Non so quante “caldarelle” ( allora di ferro) di cemento e di calce ho trasportato sulle spalle. Ero diventato la “mascotte” del cantiere. Seguivo mastro Antonio nella direzione e nel lavoro come stuccatore. Occorreva rifare tutti gli intonaci e le cornici danneggiate. Si usava del gesso per fare i modelli che l’abile maestria dei Marra trasformava in modelli di legno. Questi servivano facendoli scorrere a fare le cornici. Tutta la chiesa era un immenso cantiere, tra statue e iscrizioni lapidee. Il luogo aveva perduto qualsiasi sacralità. Si ristrutturavano i finestroni della parte terminale della chiesa. Proprio ristrutturando uno di questi finestroni che avvenne un episodio ancora vivo nella mia mente. Mio padre su un’impalcatura in legno che dava parte all’esterno e parte all’interno stava ristrutturando le cornici . Occorreva ovviamente per farlo poco calce. Io preso , dal non far niente e dalla richiesta, aveva invitato di trasferire a mio padre parecchi secchi di calce. Quando all’improvviso, nell’andare a pigliare la calce all’interno,mi sentii arrivare a qualche metro un secchio pieno di calce lanciato da mio padre. Per poco non mi colpì. Dopo questo fatto divenni l’apprendista preferito di Don Antonio. Ovviamente a cantiere chiuso, nessuna buonuscita per me. Anche questa volta , pur in presenza di un successo,mio padre mi portò con sé a lavorare alla SAIM, come apprendista, questa volta come lavoratore vero e in regola con ferie e contributi. Lavorai per cinque mesi . Si impiantavano macchine per la segheria, manovale “U farmacista”. Si ristrutturavano le case dei dipendenti e si iniziò la costruzione di un fabbricato per un nuovo tipo di prodotto: un cordificio per discoli per frantoi oleari. Si era nella seconda parte dell’anno 1955.
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