di Carmine Senatore
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La Pasqua coincide col primo plenilunio dell’equinozio di primavera, quindi mai prima del 21 marzo e mai dopo il 21 aprile. La variabilità atmosferica di marzo, con le sue ultime bizzarrie , e il “tip..tip “ delle piogge di aprile, fanno contrasto all’immutabilità della liturgia pasquale, fondamento e fine di tutta la religione cristiana. E’ il momento conclusivo, quando il Cristo, in tutta la sua grandezza, muore e risorge. La liturgia non è gran ché cambiato dai tempi di quando ero ragazzo. Allora il senso della religiosità era molto più profondo e sentito, specialmente durante tale periodo. Ricordo però che la Resurrezione con lo squillo di tutte le campane avveniva a Mezzogiorno di sabato. La settimana santa col suo “non si cammera” era il tempo in cui la comunità altavillese si trovava unita e concorde nelle celebrazioni e nelle funzioni religiose. La settimana santa iniziava con la proiezione di diapositive nella chiesa del Carmine che mettevano in risalto la vita di Gesù dopo le Palme. Era avvenuto intanto la domenica durante la quale era avvenuto lo scambio delle palme , in segno di pace. La visita al sepolcro con le croci degli altari avvolti da una pezzo di stoffa viola conferivano alla visita un’aria pieno di mistero e di commozione. Ai piedi le “cente” piene di germogli conferivano all’altare un aspetto inusuale e ricco di religiosità. Sembrava che veramente v’era il sepolcro del Cristo. La visita ,continua in tutto l’arco della giornata ,era fatta nel massimo silenzio e dal viso dei genuflessi si leggeva un’aria di dolore e di rispetto dell’atto che si stava compiendo.Le funi della campane attaccate,mente imperversavano per tutto il paese il suono delle “tranule”, comprate e costruite da “ Zi Fonzo” Portanova. Il culmine si raggiungeva con la processione dell’Addolorata che piangeva il Cristo morto. Un processione lunghissima,in silenzio, ricca di emotività e di serietà,con le candele accese e con la congrega e suoi adepti rigidamente coi volti coperti. Tutti si fermavano e si crociavano e si genuflettevano. Cosa facevano Intanto,le donne preparavano dolci e pasticci e si accingeva alla grande festa. Era iniziata col conservare le uova qualche mese prima. Venivano messe in un vasetto, di norma utilizzato per conservare le melanzane sotto olio, conservate nella crusca “la vrenna”. Ora era tempo di preparare quelli che erano i dolci pasquali. Si preparava il forno. Pastiere con grano ammollato in casa,panettoni e pan di Spagna e poi calzoni con ricotta e salame con la pasta leggermente zuccherata: queste le leccornie pasquali. Il simbolo e quello gradito ad ognuno di noi,in quanto personalizzato: tanti bambini tanti pizzicocchi. Erano diversi da quelli fatti da Armido Iorio,in quanto fatti con una treccia pasta a mo’ di bambino con un uovo come viso, coperto da striscioline di pasta,che si solidificava col calore. Come pranzo pasquale i ravioli e l’immancabile capretto che a me facevano passare come coniglio,in quanto il capretto non mi piaceva. Quelli di Armido, pur avendo lo stesso nome, erano fatti di pasta lievitata dolce con al centro pan di Spagna che simulava il tuorlo dell’uovo. I pizzicocchi fatti dalle nostre mamme venivano mangiati i giorni successivi. A completare la festa…Pasquetta. Era la gita fuoriporta,in genere in campagna, con i residui del giorno precedente. Da ragazzo per me , gita e pranzo da Antonio Di masi, amico di mio padre. Qui , i ravioli con lo zucchero e l’insalata condita col vin cotto…Per noi una vero supplizio…Immancabile il bottiglione pieno di vermut. Qualche volta a Salerno da mio zio Alfredo,fratello di mio padre….Non tutte le Pasque sono state uguali. Ne ricordo una in cui è avvenuto un episodio tragico: la morte di Aldo Iorio. Aldo era giovane. Aveva frequentato,anche se con scarso profitto la scuola superiore senza però conseguire il diploma. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto vi aveva rinunciato e si era messo a fare il fotografo col padre.
Tifosissimo del Torino,amava giocare al calcio. Durante una partita fu colto da un infarto. La chiamata tempestiva del medico , però, non riuscì a scongiurarne la morte. Il corpo fu portato a casa e tutto il paese, all’annuncio, corse alla sua casa . Anch’io, preso dalla folla, si recai presso la sua casa. Il dolore era immenso e la gente non riusciva ad allontanarsi dal luogo , sperando in un miracolo. Quella Pasqua lasciò in me profondo dolore e ancora oggi il mio ricordo risale al quel triste e tragico episodio.
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