L’unica scuola statale: la scuola elementare
di Carmine Senatore
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Con l’arrivo degli aiuti americani il paese riprese a vivere.
Si aprirono le scuole in grandi stanze ai lati del castello . Un lungo corridoio all’aperto proprio corrispondente a quello che portava al frantoio con ai lati grossi stanzoni utilizzati per aule. In un lato , in fondo ai lati della cattedra da una parte la lavagna dall’altra una stufa in terracotta a legna. In una parete una armadio con vetri .Vi erano racchiusi solidi geometrici e mappamondo. I bagni turchi,in fondo al lungo corridoio maleodoranti per mancanza d’acqua.. Le classi erano numerose: in prima elementare circa 60 alunni, per mancanza di aule e di maestri,alcuni ancora non tornati dalla prigionia. Alle maestre venivano affidate le prime classi, ai maestri le classi quarte e quinte.
Le cose incominciarono a migliorare con il loro trasferimento nel centro storico di fronte alla casa del maestro Vincenzo. Maestri più numerosi cambiarono l’assetto degli classi: una trentina di alunni per classe .Immancabili le punizioni corporali in casa di mancanze, abitudini che si protrarranno anche nei decenni successivi sessanta e settanta. Con gli anni 80 , tollerate, fino a scomparire. Alcune punizioni erano terrificanti. La bacchetta come simbolo e parte integrante dell’arredo scolastico. Uso di ortiche e ceci sotto le ginocchia erano la norma. Vi erano poi le punizioni personalizzate. Quelle del mio maestro incutevano terrore:.ci si metteva con la testa in mezzo alle gambe del maestro,mani dietro la schiena, afferrate e tenute rigidamente dal maestro., bacchettate in queste condizioni sul sedere. Per la verità erano riservate ai maschi, in caso di mancanze gravi. Ci si recava almeno un’ora prima a scuola,per effettuare competizioni tra le varie classi organizzate dai caporioni di ogni classe. Il mio era Mario Crisci, di qualche anno più vecchio della gran parte di noi. La sua amicizia era segno di rispetto e di protezione. Era lui che aveva biglie di ferro che portava in una borsa di legno, per giocare a bocce. Ricordo una volta , in piena atmosfera di silenzio,un rumore ci fece trasalire. Le biglie con un rumore assordante finirono in mezzo alla classe. Ovviamente,massima punizione. Ogni banco di legno aveva architettura classica: aveva un pianale leggermente inclinato, che si apriva e vi si metteva la cartella e un ripiano di una decina di centimetri con due buchi circolari per mettere i calamai d’inchiostro. I quaderni erano con la copertina nera e quasi sempre pieni di macchie che venivano asciugate con carta assorbente non posseduta da tutti . In prima si iniziava con le aste e bastoncini, prima con la matita e poi con penna con inchiostro. il passaggio, dall’uno all’altro attrezzo, a dir poco, era traumatico. A casa molti di noi usavano per asciugare l’inchiostro la cenere del camino o del braciere. Se i maestri divennero più numerosi, il numero di alunni per classi ridotto,non portarono certo al miglioramento delle condizioni igieniche .I bagni, turchi, posti in quella che una volta era una stalla, adattati e con luce che proveniva da un’apertura circolare. Si imparavano le poesie a memoria, sempre le stesse e codificate (S.Martino, T’amo pio bove….) Si insegnavano le discipline come prima della guerra, anche se le condizioni politiche avevano cambiato l’assetto dell’Europa. Per cui si recitavano a memoria le capitali delle Repubbliche baltiche, ormai parti integranti dell’impero sovietico. Geometria pian e solida, con esercizi sulle aree e sui volumi, divisioni con cifre intere e decimali, moltiplicazioni e divisioni per 10, 100,1000.,riduzioni ed equivalenze: questo il programma di matematica. Lettura, con l’obbligo di portare il segno. Era proprio la scuola dell’essenzialità: scrivere, leggere e far di conto. Immancabile l’educazioni fisica, con esercizi con gli arti inferiori e superiori. E poi schieramenti, marce e riposi. Punizione generalizzata : l’uso della bacchetta, usata per un duplice scopo, come indicatore di città,monti e fiumi sulle carte geografiche, politiche e fisiche, e come mezzo di coercizione di massa. Dieci, venti, trenta bacchettate erano la norma: veri supplizi. Era vietato qualsiasi lamentela a casa. Il rischio era aggravare la situazione con altre punizioni da parte del genitore. Chi erano i maestri del tempo? Alcuni severissimi, tipo la sig.rina Ninetta Belmonte, altri burberi benefici, tipo Cecchino di Verniere, la cui voce possente incuteva paura e rispetto al solo sentirla ,buoni e alquanto dolci Beniamino Guerra e la sig.ra Giovine, moglie di Paolo Tesauro OIivieri, anch’egli maestro, e i coniugi Scarsi. Il maestro Nando (Ferdinando Belmonte) , fratello della sig.rina Ninetta, credo sia stato il primo maestro ad andarsene a Salerno, seguiti da quasi tutti gli altri.
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