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giovedì 2 aprile 2009

L’uccisione del maiale: un rito - di Carmine Senatore

L’uccisione del maiale: un rito

di Carmine Senatore

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Il porcellino è diventato un bel porco lungo e grasso. In questi ultimi tempi la sua alimentazione, accanto all’immancabile ” viverone “, fatto di crusca e acqua, anzi dell’acqua ricca di amido derivata dalla cottura della pasta “la iotta”, si è arricchita. Nel suo menu sono entrate castagne, mele, patate dolci “le patate americane” e poi ghiande. Pare un festino,ma è solo l’anteprima di una triste fine. Il tempo è quello giusto: fresco e secco. Natale è ormai passato da qualche settimana. La disponibilità di zio Antonio, la gabella pagata, gli attrezzi a posto, i coltelli affilati, sale, finocchietto ,pepe,zucchero, cioccolata , tutto pare preparato per la festa: l’uccisione del maiale. Rito antico ma pieno di significati. Rappresenta la nostra provvista più importante, che servirà per tutto l’inverno. Il fatidico giorno arriva, ne è stato precursore un paio di giorni di quasi digiuno dell’animale. Ignaro, si muove, data il peso raggiunto, con difficoltà. E’ giocoforza farsi aiutare per spingerlo sul luogo del “delitto”, dove,nel frattempo, si è preparata l’acqua calda in un bidone di ferro per spelarlo una volta morto. Viene preso con forza con i piedi legati dai miei zii e messo su uno “scanno” di legno. Zio Antonio lo afferra per la testa e gli infila un coltello nel collo. Il sangue incominci a scorrere. Mia madre lo raccoglie in un recipiente di rame nel quale ha messo un ciottolo di terracotta. Col mattarello gira per non farlo coagulare. Io afferrò la coda e la tengo saldamente. Il mio premio :l’osso sacro arrostito a macellazione avvenuta. Il poverino si dimena, geme e grida con sempre maggior forza. Lo sforzo è al massimo. Pezzi di cacca gli escono dal culo. Zio Antonio infila con forza il coltello e poi si ferma per far uscire quando più sangue possibile. Le urla si calmano e poco a poco terminano. Il maiale è lì: caldo ed esangue. Mia madre ha raccolto il sangue che sarà l’ingrediente principale per la nostra leccornia , il sanguinaccio. Immobile viene messo nella madia. Affilati coltelli insieme all’acqua calda prelevata dal bidone gli fanno barba e contropelo. Uno straccio imbevuto di acqua calda viene messo nella fessura del collo, per evita re che il sangue restante di disperda intorno. A poco a poco la cotica appare sempre più bianca. Una volta pulito di nuovo un sforzo da parte di tutti per appenderlo al “uampere” con la testa in giù. Inizia lo squartamento. Gli viene mozzata la testa e messa in un angolo con un’arancia in bocca. Un taglio verticale gli viene fatto lungo tutto il corpo .appare l’interno dell’animale. Gli vengono tolti intestini , cuore , fegato e polmoni. Finalmente il mio premio:l’osso sacro. Verrà arrostito e mangiato con un poco di sale. Liberato dalle interiori con colpi ben assestati lungo la colonna vertebrale, le due “mezzine”. Finisce, dopo aver tolto alcuni pezzi di carne meno nobili, la prima parte dell’operazione. La prima fatica è terminata, Il pranzo con tutti i miei zii la naturale ricompensa. Pranzo fatto di” sfriunzolo” con peperoni sotto aceto e i pezzi di carne precedentemente ricavati dall’animale ucciso, poi fegato arrostito con sale pepe e lauro avvolto dall’immancabile “retina”. Finocchi, lupini ,noci e nocciole per dessert. La mattina seguente, dopo aver fatto riposare la carne, lo “sfascio” dell’animale e la selezione delle carni per il loro specifico uso. Nel frattempo le donne,mia madre, mia nonna e le mie sorelle hanno puliti gli intestini , mettendoli successivamente in acqua fresca e limoni tagliati. Le carni selezionate vengono tagliate a pezzetti. Quelle più grasse diventeranno salsicce , quelle più scure e con pezzi di polmoni “noglie”. Le parti più nobili condite con sale e grani di pepe , addolcite con un bicchiere di vino bianco,diventeranno soppressate e messe su una “grata” ad asciugare, dopo che mia nonna con un ago lungo “acucella” le punzecchia, per farle aerare. Non è finita. Il terzo giorno per noi bambini è festa. Si prepara il sanguinaccio. Un lavoro lungo e faticoso ne precede l’esecuzione . Si bolle la testa dell’animale , il cui brodo denso servirà per la successiva operazione. Il pane è stato cotto alcuni giorni prima; la mollica servirà, come semola ,per il sanguinaccio. Zucchero, sangue dell’animale, cioccolato, brodo della testa, cannella ,uva passa e pinoli : questi gli ingredienti. IL sanguinaccio verrà posto in piatti e qui si raffermerà. Servirà come colazione per molti giorni. A noi la pulizia della pentola con le scorze di pane. E poi la preparazione della sugna e della gelatina con la carne della testa. Ultimo atto il giorno seguente: la stesura dei salami su una canna appesa al soffitto. Faranno bella mostra di sé fino a S.Antonino , quando “ A Sant ‘Antuono ogni puorco sape buono!”. Sugna,lardo, guanciale ( “vucculare”), pancette (“longhe”), salsicce , “noglie”, soppressate (“supersate”), capicolli, prosciutti , spalle: quanta bontà!.. E ancora, le ossa sotto sale che serviranno insieme a pezzetti di “noglia a fare il sugo fino a Pasqua, quando si andrà a comprare il capretto. La sicurezza e la ricchezza delle provviste, l’allegria, mista alla paura dell’uccisione, la dolcezza e la prelibatezza del sanguinaccio, queste le sensazioni più pregnanti che rimangono nella mente e nel cuore e rappresentano la memoria viva e condivisa di un tempo che fu.

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