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giovedì 15 aprile 2010

Il mio ricordo di Fernando Lettieri – di Tiziana Rubano

Mi è arrivata la richiesta di ricordare Fernando quando davanti ad un foglio bianco tentavo di mettere ordine alle emozioni e alle fresche memorie per fissarlo per sempre nella mia mente con l'unica arma in mio possesso: la penna. Non basta una foto, un video, una canzone, una poesia, una descrizione per raccontare l'uomo e l'artista; serve tutto questo e altro ancora, perché il suo corpo gracile era una miniera ricca con un grande masso ad ostacolarne l'ingresso. Lui, con la sua forza, spostava la pietra e permetteva ai privilegiati di entrarvi e attingere. Non sono la persona adatta a parlar di lui perché Fernando lo conoscevo, ma altri molto più di me. Non posso dire cosa si celasse dietro quei sorrisi appena abbozzati, dietro quello sguardo attento e profondo, dietro i silenzi, dentro quella testa riccioluta coperta sempre parzialmente da una larga fascia nera o un cappellino con la visiera. Tre sono le immagini dai contorni nitidi che andrò spesso a rispolverare per mantenerle vive con la speranza che, al bisogno, si rianimino per venirmi in aiuto. Risalgono tutte all'estate scorsa e penso racchiudano quello che era o, almeno, quello che era ai miei occhi. Sera di Ferragosto, Fernando con l'entusiasmo di sempre è uno dei musicisti ospiti di un modesto evento organizzato dall' associazione con cui collaboro, a me l'onore di presentarlo. Poco prima dell'inizio, in disparte, gli chiedo altre informazioni sul suo passato artistico anticipando che lo introdurrò come "colui che per gli altavillesi e gli amanti del jazz non ha bisogno di presentazioni. Vero talento di casa nostra". La smorfia sul viso e gli occhi abbassati a ridimensionare gli elogi pur sapendo che non aggiungevo nulla di mio alla verità e poi una sfilza di nomi noti con cui ha lavorato e una pausa, "ricordati di dire che sono direttore d'orchestra e fondatore di Altavilla Viva Band", mettendolo alla pari, se non un gradino più in alto, delle collaborazioni illustri. Questo era Fernando: umiltà e modestia, attento a porre sullo stesso livello genio e principiante. Qualche sera dopo, ci ritroviamo al concerto di Roy Paci. Lo spettacolo è coinvolgente, tutti ballano, cantano, si agitano, tutti tranne noi due che, a distanza e per motivi diversi, ci perdiamo immobili nell'osservare. Al temine cerco, da semplice spettatore, un giudizio da un esperto. E' entusiasta, ammette di esser rimasto colpito dalla preparazione, anche fisica, dei "fiati" che riuscivano a saltare e muoversi velocemente senza smettere mai di suonare. Un pizzico di sana invidia per le condizioni di salute che permettevano loro ciò che a lui era proibito. Anche questo era Fernando: non ritenersi arrivato, sentire la necessità di assorbire il possibile da chi aveva fatto un passo in più e di dare a chi era rimasto indietro. Ultima sera di vacanza ad Altavilla, lasciando la piazza è l'ultima persona che incontro, da leggere come presagio se ci avesse unito un rapporto più profondo. Parliamo di una manifestazione che si sarebbe svolta a breve, ai cui organizzatori avevo suggerito, fra gli altri, lui. Inevitabilmente scivoliamo nei soliti argomenti conosciuti a chi vive della propria arte: quanto poco sia retribuita come conseguenza del poco valore data alla stessa. Un velo di tristezza cala sul viso scuro e marcato mentre esprime il disappunto. Scuote la testa come per dire "non capiranno mai". Soprattutto questo era Fernando: la sua arte. Suonava la tromba. No, Fernando era la tromba. No, la tromba era una parte di Fernando, come un braccio, una gamba, un orecchio. Era un prolungamento delle sue labbra, era il suo fiato che uscendo dalla bocca giocava a disegnare i contorni di uno strumento, era la sua voce che si faceva d'ottone. Nel mio essere idealista reputo artista chi allo studio fa seguire lo studio, l'analisi, la fruizione, la disperata ricerca di una perfezione che mai arriverà, perché l'artista mai riterrà un'opera perfetta, finita. Reputo artista chi non sente la necessità di ostentare la propria bravura, perché per l'artista quella capacità è naturale, come camminare, correre, parlare. Reputo artista chi umilmente non guarda agli altri per giudicare, ma solo per imparare, anche cosa evitare. Reputo artista chi non elemosina la propria presenza, ma dagli altri è invocata. Reputo artista chi quando si esibisce non ha il ghigno tronfio di chi aspetta l'adulazione, ma l'atteggiamento pacato di chi aspira al risultato massimo. Fernando era un'artista, viveva di musica, si saziava di note, si riempiva di suoni, ma il Trumpettist, come lo ricorderemo sempre, era anche un uomo riservato, riflessivo, lontano dalle polemiche gratuite, attento a non andare oltre, a non sforare in commenti fuori luogo. Cercava la parola giusta o non si esprimeva. Il suo migliore amico era un cane. Banale? No, in quel rapporto c'era, a mio parere, la sensibilità nel guardare agli altri, a tutti, come esseri viventi e dunque pensanti, nel trovare nella bestia l'introvabile nell'uomo senza il suo vissuto, fatto di libertà prima goduta e poi privata, di sofferenza e dolore. La dignità lo ha contraddistinto, nella malattia come nell'attività artistica, quella stessa dignità di cui, in questi tristi giorni, parlano le istituzioni, a cui chiedo, facendomi voce unica di tante anime, di non permettere che il suo nome vada ad aggiungersi all'interminabile lista dei "personaggi dimenticati" di Altavilla. Siamo maestri nel non valorizzare in vita le individualità che portano valore aggiunto al paese e professori nel dimenticarle prontamente. Con Fernando questo non deve accadere. Aspettiamo una scuola di musica, una fondazione, una manifestazione artistica che porti il suo nome affinché il suo messaggio non si disperda. E' d'obbligo proseguire quello che ha iniziato per permettere ai figli di un'Altavilla sempre più priva di riferimenti di trovare nel suo pensiero un sano rifugio e ai figli dei nostri figli di avere, come è successo a noi, l'onore di conoscere il Trumpettist. Tiziana Rubano


 

…..All'udire un suono lontano di tromba la piazza si riempirà di te, e sarai sempre lì, dove ci sarà musica e pace, trasparenza e parole, lontano dalla sterilità di questo mondo infame. Ciao Fernando

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