Ermanno Forte
"Se non li vuole chiamare torturatori, come li chiama quegli operatori sanitari?" chiede il giornalista Andrea Vianello. "Bè, certamente... li chiamo non-medici, non-operatori" risponde Luigi Pizza, direttore del dipartimento di salute mentale dell'ex Asl Salerno 3. Avviene venerdì sera nella trasmissione di Rai tre "Mi manda Rai3". Si parla della morte di Francesco Mastrogiovanni, il "maestro più alto del mondo" che la notte tra il 3 e il 4 agosto ha perso la vita in un letto del reparto di psichiatria dell'ospedale "San Luca" di Vallo della Lucania. Dopo essere rimasto legato per oltre 80 ore, mani e piedi, a quel letto. Senza essere slegato praticamente mai, senza essere assistito, senza essere alimentato, se non attraverso le flebo. Morto da solo, dopo atroci sofferenze, in conseguenza di un edema polmonare. I sanitari del reparto se ne sono accorti la mattina dopo, a quasi sei ore dalla morte. A quel punto hanno effettuato dei tentativi di rianimazione. Era un po' tardi, evidentemente.
La narrazione del modo incontrovertibile in cui un uomo è stato privato dei propri diritti fondamentali, della propria dignità e, di conseguenza, della propria vita, ha assunto nella diretta televisiva nazionale di ieri quella forza dirompente - d'indignazione e di emotività - che solo le immagini hanno la capacità di generare, nella loro immediata presentazione degli eventi. E' stato mostrata a milioni di telespettatori una sintesi del video registrato dalle telecamere di sorveglianza del reparto; quel video che risulta essere la prova granitica su cui si basano i capi d'imputazione - sequestro di persona, falso ideologico e morte come conseguenza di altro delitto - che gravano su 18 tra medici e infermieri rinviati a giudizio immediato. Nelle prime sequenze si vede l'arrivo di Franco Mastrogiovanni in ospedale, intorno alle 12 e 30, dopo la "cattura" effettuata sulla spiaggia, nei pressi del Camping Cilento. L'uomo appare tranquillo - anche perchè già era stato sedato. Gli viene fatta un' ulteriore iniezione dopo un quarto d'ora; la situazione sembra essere "pacifica". Qualche minuto prima dell'una si vede Mastrogiovanni, seduto sul letto, che mangia. Sempre tranquillo. Dopo una mezz'ora, il video mostra il maestro che riappare nel campo visivo della telecamera, visibilmente meno "lucido". Probabilmente è stato pesantemente sedato. Alle 14 e 25 di quell'afoso giorno d'estate, Mastrogiovanni, ormai non cosciente, viene legato al letto con delle fasce di contenzione rigide. Mani e piedi. Resta così fino alla morte.
Le altre sequenze mandate in onda da "Mi manda Rai3" raccontano l'abisso nel quale, quotidianamente, una società che si considera civile e democratica corre il rischio di precipitare. A quattordici ore dal suo arrivo nel reparto, la telecamera riprende l'uomo completamente nudo, sempre legato, che si agita in maniera evidente. Solo, non assistito. La sofferenza è già palese. Il necessario salto televisivo porta l'atroce racconto a 2 giorni e 21 ore dal ricovero. Il maestro più alto del mondo appare con un pannolone. E' sempre legato, sempre solo, si agita sempre di più. Il letto è stato spostato e vicino è stato posizionato un altro lettino vuoto. Dopo un pò arrivano un paio di infermieri, gli fanno un'altra iniezione. "Lo trattano come un pupazzo, non come un uomo", commenta Andrea Vianello. A terra c'è una grossa macchia di sangue, con ogni probabilità fuoriuscito dalle ferite che le fasce di contenzione hanno provocato ad uno dei polsi di Franco. Nelle immagini successive si vede un infermiere pulire con uno straccio il pavimento. Mastrogiovanni è sempre legato, si agita. Non lo alimentano, non curano le ferite provocate dalla contenzione. Non è assistito. Soffre. Le sequenze video saltano all'agonia della notte tra il 3 e il 4 agosto. Il maestro appare gravemente sofferente. Sempre col pannolone. All'1 e 30 di notte l'uomo appare allo stremo. Soffre sempre di più. E' solo. L'ultima immagine dell'orrore presentata da Rai3 è quella delle 3 e 05 del 4 agosto. Francesco Mastrogiovanni è immobile, legato al letto, con la bocca semiaperta. Solo.
In studio c'è Grazia Serra, nipote del maestro deceduto. Aveva un legame particolare con lo zio e in quei giorni nefasti si era recata in ospedale per avere sue notizie, per vederlo. Sta riposando, le hanno detto, sta bene. "Non c'è bisogno che si agita così. Non può vederlo, deve continuare a riposare". Grazia racconta di aver visto lo zio all'obitorio e di aver preso con sè un braccialetto che nemmeno gli era stato tolto per applicargli le fasce di contenzione; in tal modo è rimasto sotto la fascia ed ha provocato lesioni e probabilmente dolore maggiore al maestro. Ora quel braccialetto lo porta con sè.
Partecipa alla trasmissione pure la sorella di Mastrogiovanni, Caterina. Entra nello studio solo dopo le sequenze del video inizialmente mostrate. Non ce la fa a guardare quel delirio di disumanità. Quando nel cuore della puntata Vianello annuncia la visione delle altre parti del video, esce di nuovo dallo studio. Caterina Mastrogiovanni descrive il fratello come un appassionato della lettura, come un maestro, come un uomo buono e disponibile. Con delle fragilità interiori, che facevano da contraltare alla sua imponente fisicità. Alcuni amici, sentiti dall'inviato della Rai, raccontano che "appena arrivava, tutti i bambini erano attorno a lui, perchè gli volevano bene e lui voleva bene loro". Oppure che "la sua caratteristica era l'amore per la giustizia, non si tirava indietro, difendeva gli amici, l'ha sempre fatto".
Licia Musto, la proprietaria del villaggio Camping Cilento, riferisce invece di quella frase più volte riportata dai quotidiani locali, le ultime parole che ha sentito dire a Mastrogiovanni: "Se mi portano a Vallo non ne esco vivo".
In collegamento da Napoli c'è Luigi Pizza, in rappresentanza dell'Asl. Parte con un profilo molto basso, quello di chi sa che c'è poco margine per giustificarsi. Il video appena mostrato ha esplicitato con le immagini quanto già avevano scritto i giudici nella varie ordinanze. Ma la verifica degli occhi lascia senza fiato. Pizza poi esplicita, su sollecitazione di Caterina Mastrogiovanni, che l'Asl un'indagine interna l'ha fatta e che ha portato alla sospensione di Michele Di Genio, l'allora direttore del dipartimento nonchè primario del reparto. Poi però punta il dito sulle "eccessive enfatizzazioni" della stampa locale. "Hanno esagerato, hanno parlato di lager, di torturatori. In questo modo si delegittimano pericolosamente le istituzioni". Vianello fa notare che forse la delegittimazione deriva dai comportamenti inaccettabili raccontati dal video e non da una definizione.
In studio ci sono pure quattro legali di quattro infermieri del reparto di psichiatria - gli avvocati Ciro del Grosso, Giovanni Laurito, Michele Avallone e Francesco Maria Torrusio. Quando cominciano a formulare alcune acrobatiche frasi difensive nell'interesse dei loro assistiti, l'ambiente si riscalda. C'è chi dice che Mastrogiovanni è stato legato per poter fargli un prelievo, in modo da verificare se aveva assunto sostanze stupefacenti. Seduto tra il pubblico, insieme all'avvocato Caterina Mastrogiovanni, Vincenzo Serra del comitato "Verità e Giustizia per Franco" esplicita un "Vergogna", così come la la figlia Grazia e la moglie. C'è chi dice che il proprio assistito è l'unico che lo ha slegato per alcuni minuti, per "consentirgli di lavarlo", e "lo ha dato anche da bere, e non era nelle sue competenze", adottando un opinabile italiese. C'è un altro avvocato che dice che la macchia di sangue a terra che si vede nel video è scaturita dal fatto che Mastrogiovanni si è strappato da solo il deflessore, "nel suo stato di agitazione". C'è chi dice che la contenzione non riguarda gli infermieri, ma è di competenza solo dei medici. Qualcuno fa notare che gli infermieri avevano l'obbligo deontologico - e morale - di disattendere agli ordini palesemente illegittimi, così come scritto dal gip e dai giudici del tribunale del Riesame.
Dei medici coinvolti, nessuno è presente in studio, nemmeno uno dei loro avvocati. "Se la sente di chiedere scusa ai familiari, in rappresentanza dell'Asl?" chiede alla fine Vianello a Luigi Pizza. "Se verranno accertate le responsabilità, se ..." risponde il direttore del dipartimento di salute mentale.
Il 28 giugno comincia il processo relativo a questa storia di ordinaria follia e di disumana indifferenza. Intanto sono in corso le indagini relative alla fase precedente al ricovero, cioè alle modalità di disposizione del trattamento sanitario obbligatorio firmato dal sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. Non si sa ancora per quale motivo si sia deciso per una misura estrema quale dovrebbe essere un tso. Vassallo ha parlato prima di episodi accaduti ad Acciaroli, poi di una richiesta della famiglia stessa di Mastrogiovanni, che però ha smentito e ha querelato il sindaco. Quello che si sa con certezza è che il maestro Franco Mastrogiovanni è morto legato ad un letto di un ospedale, nudo, ferito, non assistito, umiliato, non curato, non alimentato, solo. Dal 31 luglio al 4 agosto del 2009. Se questo è un uomo.
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