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giovedì 15 aprile 2010

Casa Tomasino, da una pianta di patata spunta un pomodorino Cherry


Casa Tomasino, da una pianta di patata spunta un pomodorino Cherry. Gli esperti: "Può indicare anche una mutazione verso una nuova specie" 

di Oreste Mottola

"Fenomeno interessante, da tenere sotto osservazione. Può riservare sorprese", dicono gli esperti. La terra dei meloni scomparsi ma da meraviglia del sapore non smette di interessare gli osservatori più attenti delle mutazioni agroambientali. Da una pianta di pomodoro è venuto fuori un frutticino di pomodoro. L'evento è accaduto in località Genzano, ad Altavilla Silentina, presso l'abitazione di Alfredo Tomasino. E' sua moglie (nella foto) a mostrarcelo. A casa Tomasino pur essendo agricoltori di esperienza è la prima volta che si trovano di fronte ad un fenomeno così evidente. Abbiamo sottoposto il caso a due agronomi che hanno provveduto a trovare la spiegazione scientifica. Ad entrambi abbiamo fatto avere delle foto. L'evento, come sanno gli orticoltori più attenti - infatti, in natura è raro ma non – come vedremo – impossibile. Per Rosa Pepe, che lavora all'Istituto per l'Orticoltura di Pontecagnano – tutto è nella normalità: "Sia le patate che i pomodori appartengono alla famiglie delle solanacee, per cui i veri frutti sono quelli che si ottengono dai fiori che sono piccole infiorescenze apicali, le patate sono falsi frutti. Il pomodorino, riscontrato a casa Tomasino, che si presenta come un picccolo "cherry", molto rari nelle patate, a volte per combinazioni atmosferiche e pedologici vengono fuori questi frutti. per cui è tutto a posto, anche se è un evento raro che il fiore della patata possa allegare e maturare". Più sintetico è Antonio Gallo: "Il frutto della foto è sicuramente una bacca di una patata. Ringrazio la signora per la segnalazione suggerendole di tenere sotto osservazione lo sviluppo del frutto in quanto le piante possono dare luogo a mutazioni naturali generando così nuove specie". Gloriosa è stata infatti la storia del melone dalla scorza nera, il "Gigante di Altavilla". "I mercanti venivano da Nocera, da Montoro e Roccapiemonte a compraseli. Arrivavano coi loro cavalli e dietro i carri – traini. Giravano per le campagne altavillesi per comprare i migliori esemplari. . Il"Gigante" è ancora nei libri di orticoltura. Di quello che si coltivava in modo solidale, con "vicini e parenti" che si spostavano di campo in campo. Non ci sono più le rose di Paestum e sono scomparsi anche i meloni di Altavilla. Che avevano meno glamour storico e letterario ma erano un trionfo di sapori e lenivano le arsure estive. Oggi però occore fare attenzione Quando, ad agosto, dal fruttivendolo sotto casa come sulla bancarella più improvvisata, troverete scritto "veri, originali meloni di Altavilla", sappiate che state assistendo ad una piccola truffa. Da più di trent'anni la varietà "Gigante di Altavilla", dalla scorza nera, con i semi rossi e dalle fette ben disegnate, non è più coltivata. Quei semi oggi hanno un valore attualmente inestimabile. Nei decenni scorsi sono stati molti ad arrovellarsi sul problema. Il problema era proprio in quei semi che non c'erano più. Una biodiversità cancellata. Come è potuto accadere? E' successo per tante ragioni. I terreni stanchi, i vecchi coltivatori in pensione o emigrati, per l'impianto di nuove colture - prima il tabacco e poi il pomodoro - più convenienti. Per l'aggressione virulenta delle specie ibride di provenienza americana: un vero e proprio inquinamento del nostro patrimonio vegetale. Una serie di fattori combinati hanno distrutto, e in pochi decenni, quello che era il simbolo di questo paese. Del tempo in cui, a Campagna e a Serre, il giorno di Ferragosto alle innamorate si regalava l'anguria di Altavilla. Anche negli altri centri della Piana del Sele e degli Alburni, per onomastici e compleanni, l'omaggio più gradito era proprio quello della "melonessa" altavillese. Era il simbolo dell'amore, della freschezza e dell'amicizia. Per l'ex senatore Gaetano Fasolino diventa urgente delineare un programma di recupero di queste varietà vegetali che hanno fatto la storia dei nostri luoghi. Come? "Mettiamo al lavoro le strutture agricole della Regione". Non lo si potrà certo vendere a 30 centesimi il chilogrammo se non si può coltivare su di un terreno dove nell'anno precedente ci siano state altre colture. Con l'uso della zappa azionata a mano, meno che mai di trattori e motozappe, e con una presenza sul campo quasi ogni giorno per togliere le erbacce come giavone, sorghetto e la simpatica ma "esigente" erba "vascioledda". 

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