La batata di Cerrocupo
di ORESTE MOTTOLA (riproduzione riservata)
Altavilla è un paese d'antica civiltà agricola e Cerrocupo, la frazione che s’affaccia sugli Alburni, n’è storicamente il suo vivaio. Con i meloni, il grano, i pomodori. Con le cappucce e le verze. E quel tabacco pregiato, il “Cerrocupo”, commerciato di contrabbando nel secondo dopoguerra. Tante querce e cerri: molti alti e scuri e da qui il toponimo. Un destino legato al fiume ed alla sua ricca fauna ittica di quando spigole ed orate ne risalivano il corso in corteo con an-guille e capitoni e le trote rosate erano davvero tante. La lontra faceva da spazzino e becchino del fiume ed eliminava i pesci vecchi e malati.
Da Cerrocupo parte l'avventura italiana di una delle colture più nuove che viene dall’America. E' la batata. Non è un errore perchè c'è patata e batata. Oltre al tubero che tutti conoscono, e che è caro a tedeschi ed irlandesi, la patata, a Cerrocupo, frazione d’Altavilla Silentina per il Sud ed al nord in poche zone del comasco e nel basso Veneto si coltiva anche la batata, o patata americana com'è chiamata qui.
La batata è ad Altavilla da più di un secolo. Nel 1894 la portarono due emigrati in America: erano Antonio Di Masi e Carmine Liccardi. Da contadini intelligenti qual erano si appassionarono subito all'agricoltura del nuovo continente ed alle piante che potevano essere trapiantate nella loro terra d'origine.
In uno dei loro tanti ritorni alla natia Cerrocupo portarono questa nuova pianta e subito la sperimentarono con successo. Loro stessi cominciarono con il coltivarla in alcune zone particolari della contrada come "l'Isola" ed il "Cucchiarone". Una delle prime utilizzazioni fu nella panificazione dove la fecola della batata funzionava anche da surrogato del lievito.
I nostri due pionieri non erano tipi qualunque: il primo (Di Masi) fece l’ascensorista per una vita, metà 'lift' ed un po' meccanico di funi e carrucole. Tornato a Cerrocupo scelse la via dell'innovazione: Dalla sua abitazione al limitare del bosco Chianca è partita la lunga avventura della meccanizzazione agricola a Cerrocupo. I massicci motopompa della gloriosa casa Lombardini di Reggio Emilia sono stati il primo passo dell'emancipazione dal podestà Mottola e da quel suo “fosso” che da sotto Pietra Marotta portava acqua alla Palata in regime di monopolio. Si, perchè a Cerrocupo anche l'ac-qua era di don Ciccio Mottola cosi come la terra e chi la lavorava! Sembra quasi di rileggere le storie delle terre del Fucino e del principe di Torlonia narrate da Ignazio Silone nel romanzo Fontamara.
Carmine Liccardi era invece un genio della meccanica, armiere e costruttore d’orologi. Con i soldi dell'America si costruì una casetta con un gran pozzo che attirava l'acqua dal vicino Calore. Fu così che la sua vita di contadino-ortolano s'intrecciò con quella d’artigiano multiforme. E fu un tripudio di pomodori, melanzane, meloni e batate che andavano vendute per i mercati dei paesi vicini. Queste ultime non s'imposero subito sulle tavole dei consumatori, ma agli inizi diedero il meglio di se stesse per ingrassare quei suini che fornivano deliziosi prosciutti e salsicce dal sapore reso più gradevole e diverso proprio dal tubero che veniva dall’America.
E' qui a Cerrocupo che il corso capriccioso del fiume Calore si placa. Diventa tranquillo ed ordinato. Sarà per l'ombra maestosa dell’Alburno che incombe su tutta la vallata proiettando un'ombra bianca e verde bottiglia, con schegge di rocce rossastre a segnare, contemporaneamente, la fine e l'inizio di un nuovo giorno e i passaggi degli umani nei secoli. Anche il clima, con quest'autunno che chiede di accomodarsi, favorisce la nostalgia. Il fiume, la montagna: i paesi vicini e nello stesso tempo lontani. Cerrocupo di questo vicinato, soffre più di dimenticanza che di memoria, preferisce i suoi ricordi, affidati a risonanze più lontane, smarrite dai più. Fu così che nei secoli mercanti frettolosi e briganti intenti a nascondersi, non si accorsero della poesia che pervadeva questi luoghi. Una sosta al Portiello di Pietra Marotta ed un pranzo veloce alla Taverna di fronte era tutto quello che Cerrocupo strappava. La terra poi era tutta del feudatario e per secoli appartenne ai Doria D'Angri. Durante la prima parte di questo secolo era del podestà Mottola che amava particolarmente venirci a caccia.
Con l'emigrazione, il duro lavoro ed anche l'apporto della preziosa batata, è stata restituita ai suoi abitanti. Che non sono nient'affatto cupi come il nome della località ci fa pensare ma...allegri e pronti a dar vita a feste nell'aia, accompagnati dall'organetto di Carmelo Suozzo.
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