L’ultimo superstite del consiglio comunale del 1953
ORESTE MOTTOLA
“Commendatò, buonasera” gli dicevo incontrandolo e salutando sempre per primo visto che ero molto più giovane. E Rago di rimando - “Buonasera giovinò, ah tu sei quello che mi ha fatto spendere 13 milioni per vincere ‘ste elezioni”. Felice Colliani, che è l’unico componente del consiglio comunale con sindaco Lorenzo Rago, l’uomo politico ed imprenditore di Battipaglia scomparso misteriosamente nel 1953. Ad ottantrè anni ricorda bene quegli sprazzi di dialoghi serali di 54 anni or sono. Fra avversari politici civili allora si usava così. Felice Colliani, poco più che ventenne è il fondatore della Democrazia Cristiana a Battipaglia, e contro Rago ha intrapreso una battaglia politica serrata. Comizi e campagne giornalistiche sono le sue armi. Rago è sindaco fin dal 1948, quando successe a Renato di Moncharmont, uno dei comproprietari della fabbrica Rondino, una strana figura di comunista aristocratico e romantico. Moncharmont per seguire la sua donna se ne torna a Napoli e lascia il comune a Rago. Colliani si mette di puntiglio, lui che ha respirato anche un po’ dell’aria dell’antifascismo cattolico nell’Eboli dalla quale proviene. “Nelle elezioni del 1952, per un mese, ogni sera, da un balcone di Palazzo De Crescenzo, tenevo un comizio di quaranta minuti dove lo prendevo di petto il sindaco l’accusavo di trasformismo per essere passato dal partito dell’Uomo Qualunque al Partito Socialista. Ironizzavo sui 29 sbuffanti carri che erano attaccati al suo treno, si trattava dei suoi candidati. Dicevo anche che non era cosa alla sua altezza amministrare il comune”. Alla fine della serata, per tornare a casa, ero costretto a farmi accompagnare da due carabinieri. Poi continuava a martellare sul giornale Il Tusciano”. La battaglia di Gegè Colliani, come gli amici lo hanno sempre chiamato, non finisce certo il giorno delle elezioni, che inevitabilmente perde. “Rago distribuiva pane, pasta ed olio alle famiglie. Permetteva a molti di mettere tavola. Io gli offrivo discorsi…”. Colliani non è il tipo di arrendersi. Intanto perché ha fatto scendere in campo i pezzi da Novanta. Sono il direttore del tabacchificio della Saim, Orlando Manzo, che è uomo di Carmine De Martino, il padrone di metà dell’economia salernitana. “Nel primo consiglio comunale proposi di dichiarare Rago non eleggibile poiché, grazie ad un prestanome, un certo Ferrentino di Nocera, occupava abusivamente i terreni del demanio di Battipaglia. Produssi anche delle fotografie che dimostravano come Rago in quelle terre si comportasse da vero padrone. Nel corso della discussione mi resi conto di come uno che prendeva oltre tremila voti di preferenza dalla cittadinanza non potesse essere estromesso, magari forzando un po’ la legge in senso restrittivo. Così ritirai la mozione….”. Rago apprezzò il coraggio ma anche la lealtà di quel giovanotto, originario di Contursi e cresciuto ad Eboli, al seguito del prete don Paolo Vocca e che già nel 1941 partecipava alla redazione di un foglio clandestino. Colliani era uno che faceva politica sul serio e Rago sotto sotto ne apprezzava il coraggio. Fu così che una sera dopo il consueto saluto – dialogo fra i due che don Lorenzo lo ferma e gli propone di “andare a mangiare qualcosa assieme”. Colliani accetta e nel gennaio del 1953, “poche settimane prima della scomparsa” – ricorda – se ne vanno assieme alla famosa “pizzeria Negri” di Pontecagnano. Con Rago c’è sempre l’autista Marotta, che però verrà fatto accomodare da solo, ad un altro tavolino. “Al tavolo stemmo solo io e lui. Voleva sapere chi ero io e cosa volesse il mio partito che allora a Battipaglia era appoggiato solo dai padri Stimmatini. Però più interessante, ma me ne sono accorto dopo, fu vedere come si preoccupasse di avvertire la moglie del ritardo nel rientro a casa”. Questo – a quanto hanno poi raccontato i suoi familiari agli inquirenti – non avverrà in quella famosa notte. Ma qual è il giudizio che Colliani dà di Rago? “Rago era una brava persona, con una grande dose d'ambizione con grandi disponibilità economiche. Come amministratore era privo delle necessarie basi ma aveva avuto l’intelligenza di crearsi una squadra assai capace fatta di persone modeste ed oneste ma assai diligenti. Il ferroviere Castellano ed il calzolaio Rossomando sono i primi nomi che mi vengono in mente. Sono loro ad avere l’intuizione di costruire case popolari lungo via del Centenario. Una scelta che poi noi Dc abbiamo confermato. Su tutti dominava il segretario comunale Luigi Rossini, un uomo dalle grandi capacità professionali. I giovanotti democristiani però si dettero da fare. Le parrocchie e gli Stimmatini da una parte, la nuova classe dirigente che era alla testa della Riforma Fondiaria dall’altra. A fare da elemento d’unione è proprio Colliani. Con Tullio Capone, Francesco Crudele, Luigi Gambardella, Italo Rocco e Mario Vitolo pubblicazione di un settimanale locale "Il Tusciano"; il primo numero portava la data del 2 marzo 1950. Il giornale fu ben accolto dai Battipagliesi, anche perché pubblicava le estrazioni del lotto, e, finché fu in edicola, rappresentò non solo informazione attenta ma, soprattutto, stimolo per gli amministratori a ben operare. “Il Tusciano”, nei primi mesi infuocati del caso Rago, giocò anche un ruolo nel mantenere viva l’attenzione sulla pista locale di “via dei Fiori”, così denominata per via di un cancello che permetteva l’ingresso al cinema gestito da Gabriele Garofalo, un altro grande avversario dei Rago. “Questo mi costò nove interrogatori da parte degli inquirenti. Mi dicevano – racconta Colliani – noi ti interroghiamo informalmente. Ed io altrettanto informalmente rispondevo…come dicevo sempre, in premessa, al poliziotto che mi stava a sentire e mi poneva sempre le stesse domande”.
Oreste Mottola
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