La Piana del Sele configurò il bacino di raccoglimento di diversi popoli dell’antichità: Etruschi, Piceni, Greci, Romani.
Ma coloro che hanno conferito un impronta etnica chiara e permanente a tale territorio vanno individuati nei Lucani
D’altronde anche le recenti immigrazioni dall’entroterra potentino e cilentano sembrano ulteriormente rafforzare questo dato storico, a testimonianza di una contiguità di tipo osmotico tra la regione interna e la piana stessa. Quindi in sostanza il riferimento principale da cui attingere le nostre origini di abitanti della Piana del Sele è quello lucano.
I Lucani affiorarono attraverso la sovrapposizioni delle stirpi osco-sannitiche spostatesi più a sud, con gli antecedenti Enotri e con le popolazioni autoctone locali di retaggio paleoeuropeo.
La loro denominazione rimanda all’etimologia latina “lucus” (Bosco sacro) o dal greco “lukos” (lupo) conformemente alle peculiarità morfologiche territoriali e ai riti italico-totemici della Ver Sacrum ( primavera sacra).
La presenza lucana nella Piana del Sele sventagliò da Agropoli sino alla sponde del fiume Tusciano interponendosi sul piano cronologico tra la colonizzazione greco-sibarita (Poseidonia) e il dominio romano. Essi intorno al 400 a. C. piombarono dai varchi appeninici soggiogando l’intera piana tra cui le città di Eburum (odierna Eboli) e Posidonia (ribattezzata lucanamente Paistom). L’eredità di questo antico popolo è riconoscibile dagli svariati reperti assurti alla luce, stanti a palesare soprattutto la propria inclinazione guerriera, aristocratica e patriarcale. I Lucani, è risaputo, assorbirono molto della cultura greca, in primis, mutuarono l’uso dell’alfabeto. Un armonico intreccio culturale diede corpo alla fascinosa “koinè” di cui, sotto certi aspetti, ancora oggi ne ammiriamo le fattezze (dipinti, sculture, tombe, elmi, armi etc…).
Come gran parte delle popolazioni italiche guerriere nel “pantheon lucano” si evince la devozione per il dio della guerra Mamerte, l’equivalente del Marte romano di cui è palese la radice cultuale uranico-indoeuropea. Ad esso si affianca il culto della dea ctonica delle acque Mefite : una volta giunti alla foce del Sele ebbero il modo di riproporlo sotto le vesti matriarcali di Hera Argiva. Il connubio culturale ellenico-lucano fu ampiamente riuscito, scevro da snaturamenti e disarmonie, in virtù della comune matrice indoeuropea dei due popoli. Ecco perché la Paistom lucana riuscì a preservare le caratteristiche originarie di “polis”, implementata delle nuove forme culturali e sociali.
I Lucani trovarono sul loro destino la potenza di Roma. Analogamente ad altre tribù osco-italiche (Sanniti, Brettii) riuscirono, tuttavia, a vendere cara la pelle anche in virtù del loro temperamento tenace, bellicoso, rude.
Una “resistenza etnica” il cui filo rosso si estende fino al XIX secolo….con la guerriglia difensiva innescata dai briganti lucani contro le umiliazioni inferte dall’invasore sabaudo-unitario.
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