Pubblicato su carta sin dal 1993, è uno dei più longevi periodici dell'area della Piana del Sele e Cilento. La Collina degli Ulivi online vuole essere ancora di più un luogo di informazione, ascolto e diffusione di idee, anche attraverso l'interazione in tempo reale con i suoi lettori in ogni parte del mondo.

mercoledì 29 luglio 2009

I lucani nella Piana del Sele

La Piana del Sele configurò il bacino di raccoglimento di diversi popoli dell’antichità: Etruschi, Piceni, Greci, Romani.
Ma coloro che hanno conferito un impronta etnica chiara e permanente a tale territorio vanno individuati nei Lucani
D’altronde anche le recenti immigrazioni dall’entroterra potentino e cilentano sembrano ulteriormente rafforzare questo dato storico, a testimonianza di una contiguità di tipo osmotico tra la regione interna e la piana stessa. Quindi in sostanza il riferimento principale da cui attingere le nostre origini di abitanti della Piana del Sele è quello lucano.
I Lucani affiorarono attraverso la sovrapposizioni delle stirpi osco-sannitiche spostatesi più a sud, con gli antecedenti Enotri e con le popolazioni autoctone locali di retaggio paleoeuropeo.
La loro denominazione rimanda all’etimologia latina “lucus” (Bosco sacro) o dal greco “lukos” (lupo) conformemente alle peculiarità morfologiche territoriali e ai riti italico-totemici della Ver Sacrum ( primavera sacra).
La presenza lucana nella Piana del Sele sventagliò da Agropoli sino alla sponde del fiume Tusciano interponendosi sul piano cronologico tra la colonizzazione greco-sibarita (Poseidonia) e il dominio romano. Essi intorno al 400 a. C. piombarono dai varchi appeninici soggiogando l’intera piana tra cui le città di Eburum (odierna Eboli) e Posidonia (ribattezzata lucanamente Paistom). L’eredità di questo antico popolo è riconoscibile dagli svariati reperti assurti alla luce, stanti a palesare soprattutto la propria inclinazione guerriera, aristocratica e patriarcale. I Lucani, è risaputo, assorbirono molto della cultura greca, in primis, mutuarono l’uso dell’alfabeto. Un armonico intreccio culturale diede corpo alla fascinosa “koinè” di cui, sotto certi aspetti, ancora oggi ne ammiriamo le fattezze (dipinti, sculture, tombe, elmi, armi etc…).
Come gran parte delle popolazioni italiche guerriere nel “pantheon lucano” si evince la devozione per il dio della guerra Mamerte, l’equivalente del Marte romano di cui è palese la radice cultuale uranico-indoeuropea. Ad esso si affianca il culto della dea ctonica delle acque Mefite : una volta giunti alla foce del Sele ebbero il modo di riproporlo sotto le vesti matriarcali di Hera Argiva. Il connubio culturale ellenico-lucano fu ampiamente riuscito, scevro da snaturamenti e disarmonie, in virtù della comune matrice indoeuropea dei due popoli. Ecco perché la Paistom lucana riuscì a preservare le caratteristiche originarie di “polis”, implementata delle nuove forme culturali e sociali.
I Lucani trovarono sul loro destino la potenza di Roma. Analogamente ad altre tribù osco-italiche (Sanniti, Brettii) riuscirono, tuttavia, a vendere cara la pelle anche in virtù del loro temperamento tenace, bellicoso, rude.
Una “resistenza etnica” il cui filo rosso si estende fino al XIX secolo….con la guerriglia difensiva innescata dai briganti lucani contro le umiliazioni inferte dall’invasore sabaudo-unitario.

martedì 28 luglio 2009

Musica del Cinquecento ed una discussione nel centro storico altavillese. Protagonista Gerardo Di Verniere

Il suggestivo Centro Storico è tornato ad essere protagonista dell’estate altavillese avendo ospitato, sabato 25 luglio, una serata di musica per palati raffinati.
“Ghirlande Rinascimentali”, ha riproposto suoni, canti e danze del 1500, eseguiti dal complesso vocale “Dimensione Polifonica”, di Napoli , diretto dal M° Biagio Terracciano. Il posto (piazza Antico Sedile), gli strumenti( flauto dolce e spinetta), la bravura degli interpreti ed i curatissimi vestiti d’epoca indossati dai protagonisti, hanno calato i presenti in una realtà di altri tempi che ha reso la serata piacevole e rilassante. Particolarmente gradito dal pubblico il confronto tra “canti del Massaro” e villanelle napoletane.
Contentissimi per la riuscita della manifestazione gli organizzatori Ortensio Acito, Germano Di Mari, Romualdo Cafaro e Gerardo Di Verniere. “Il riferimento ad un particolare periodo storico, il Rinascimento, è stato quanto mai attuale; Altavilla Silentina, in questo momento, necessita di un vero e proprio “rinascimento” che la riporti fuori dallo scadimento nel quale è sprofondata ultimamente. Le colpe sono da attribuire a tutte le componenti sociali (istituzioni, clero, associazioni e cittadini) che hanno scarsa volitività e non riescono più a dialogare ed a collaborare tra loro in maniera costruttiva. Ognuno di noi deve sentire la necessità di contribuire alla ricostruzione di quell’Altavilla che per anni è stata punto di riferimento dell’area Sele-Calore.” Con queste parole Gerardo Di Verniere ha spiegato, ad inizio serata, il motivo che ha spinto alla ideazione di questa manifestazione. In momento successivo ha fornito poi importanti comunicazioni ai presenti. La prima ha riguardato la situazione delle Chiese del Centro storico : S.Egidio e S.Biagio. Relativamente alla prima ha tenuto a ricordare che l’intervento più importante, il consolidamento strutturale della volta con il rifacimento del tetto, è stato realizzato già da tempo con un intervento della Soprintendenza ottenuto, grazie a personale interessamento. Si è detto poi rammaricato di non aver visto, ad oggi, risultati da parte dei sedicenti interessati alla riapertura della chiesa ai quali è stata lasciato,come chiedevano, ampio ed esclusivo spazio. Dove sono finite le millantate amicizie importanti ed i grandi coinvolgimenti popolari?
Per quanto riguarda S.Biagio ha precisato che la chiesa, così come si presenta, potrebbe essere già riaperta al pubblico in quanto carente del solo restauro di cinque dei sei altari di stucco. Ha poi ricordato, in risposta a quanti si sono posti il problema, che le chiavi della chiesa, ovvero il conferimento dell’incarico di preoccuparsi del suo recupero, gli sono state consegnate dal vescovo Casale, predecessore di Favale e che, successivamente, ha sempre continuato con i vari parroci ed il nuovo vescovo in un rapporto di reciproca collaborazione. Ha precisato che negli anni sono stati fatti interventi superiori ad un miliardo delle vecchie lire e che, al momento, è in attesa del completamento di un iter di finanziamento attivato grazie ad una richiesta inviata direttamente al ministro Bondi e da questi positivamente recepita. In ogni caso ha promesso la riapertura entro la fine dell’anno. Relativamente alle “leggende maliziose” sorte intorno al settecentesco organo ha chiarito che la parte musicale è stata già restaurata in Monselice(PD) e che del suo trasporto ad Altavilla si è fatto carico un autotrasportatore amico che lo farà non appena si troverà in zona per scarico di merci.
L’altra importante comunicazione ha contemplato la raccomandazione, ai concittadini proprietari di immobili all’interno del centro storico, di non svendere e neanche vendere detti stabili in quanto è imminente il passaggio alla fase attuativa della L.R.26 /2002. Detta legge darà l’opportunità, ai cittadini dei comuni che si saranno dotati di Piano Colore e Programma di valorizzazione (Altavilla Silentina è stato tra i primi ad attivarsi nel 2003 ed ha quasi completato l’iter richiesto), di accedere a contributi a fondo perduto per il ripristino e la sistemazione di dette strutture.
Agli amici in privato, relativamente a quest’ultimo argomento, ha tenuto a precisare che lo ha fatto in quanto la cosa, da lui fortemente voluta e seguita, nella scorsa consigliatura, perché di vitale importanza per il definitivo e produttivo recupero del centro storico, difficilmente sarebbe stata divulgata dall’assessore preposto ben conoscendone la limitata sfera di interessi e la cura che ha di quel luogo evidenziata dalla carente manutenzione della pavimentazione stradale e dal posizionamento di fontane di dubbio gusto e“cancellate anti fiere”(bastavano delle semplici ringhiere) che hanno contribuito a degradarlo piuttosto che a migliorarlo. Piazza Arduino Iorio è rimasta un’incompiuta eppure i soldi, per opinabilissimi interventi in altri posti del territorio, sono stati puntualmente trovati!

"Perchè raccolgo l'appello di Gennaro D'Angelo - opinione di Gaetano Ricco

Gaetano Ricco: "Perchè raccolgo l'appello di Gennaro D'Angelo"

Caro Gennaro,



al tuo “tavolo” io ci sarò perché,al di là della mia personale stima,il tuo appello mi convince e lo riconosco decisamente favorevole al Cilento.Nasce infatti fecondato e preceduto da un alto quanto altrettanto proficuo confronto dialettico di uomini liberi che amando il proprio paese si muovono,anche se per strade diverse,tutti alla stessa meta,alla nostra stessa lunga attesa. E questo mi conforta molto della tua,della mia stessa sofferenza che occupata e pre-occupata finalmente per te la vedo votata all’azione… un’azione che non può non essere che rotonda e come tu stesso proponi aperta e spero condivisa ,efficace allo scopo per la sua tessa ricchezza di posizioni diverse. Una azione “politica effettuale”,infatti non potrà mai completamente prescindere dalla capacità creativa di ognuno di noi e dalla individuale progettualità adattiva del nostro stesso impegno civile che non è altro che il nostro stesso amore per una terra che sentiamo spesso mortificata dalla grassa retorica di chi,dopo averlo smarrito e da lungo tempo,continuamente ci richiamano alla sollecitudine del ” bene pubblico” : di gran lunga e concordo con te,il fine più alto di ogni azione politica ma anche purtroppo,oggi in Italia, il più negletto; abbandonato come è nell’inferno delle buone intenzioni e quando poi… alle roboanti e demagogiche promesse della politica segue addirittura il deserto culturale e tutto sembra risolversi e morire nello stridore di un soccombente applauso interessato e allora è urgente che venga il tuo “tavolo” e che,raccolto in spirito di servizio,possa per tutti farsi viatico solenne di un libero confronto di idee,avviando in alto quell’auspicato processo virtuoso di inveramento effettuale dell’idee di cui il nostro Cilento pur ricco da sempre ne manca però da troppo tempo. Per favorire e indurre un radicale cambiamento del nostro modo di sentire,di agire e di pensare,di fare politica e di comportarci,abbiamo,infatti,tutti bisogno di ritrovarci intorno ad un “tavolo”,di venire ancora una volta a convegno,ripartendo dalla convinzione di doverci ascoltare,di doverci confrontare e di doverci riconoscere in una storia comune che forse abbiamo troppo “gioiosamente” smarrito: impigliati come siamo tra le tanta pieghe meschine di quelle amorali chiusure familistiche di potentati politici che da troppo tempo inchiodano il nostro Cilento alla miseria e… la miseria,credetemi, di un popolo è davvero insopportabile e ancora di più lo diventa se la sua fatalistica,inane arrendevolezza alla rassegnazione si traduce in una partecipata,stucchevole autocommiserazione… rialziamoci dunque e in tanti allora votiamoci al “tavolo” dove finalmente tutti presenti,insieme impareremo a frequentare il paese,il Cilento che tutti desideriamo facendo di una terra in cui ancora e da sempre tramonta il sole,un nuovo cominciamento al futuro,un novello oriente luminoso! Nessun uomo infatti e nessun popolo mai uscirà dal suo stato di“minorità” se non verrà liberamente al confronto e discutendo con larghezza di idee non provvederà in abbondanza di frutti a nutrire un nuovo progetto,un nuovo concerto comune di affrancamento da quel personale “sonno dogmatico” che ci lega le gambe e ci impedisce ancora il cammino. Un cammino irto,certamente difficile e arduo alla meta e che oggi più che mai si presenta assolutamente necessario,se vogliamo ripartire e rimetterci ancora in cammino verso e sulle orme del nostro tanto passato. Quel passato e quel presente che l’ostinata,innamorata voce poetica del nostro Maestro da tempo ci segnala essere in assoluto pericolo di perdizione se,anche noi innamorati del suo stesso amore,non faremo presto e “nuovo” il tempo che ci rimane,se non ritroveremo la strada che il Cilento contiene nelle sue tante risorse. Il tempo che ci rimane è poco ma il terreno è ben arato e se sapremo spenderlo bene presto ne vedremo anche i frutti … il vento del maestro ha oramai spiegato le vele e indicato la rotta,ora tocca a noi,nel tempo favorevole del “tavolo”,governare la nave spingendola a navigare in avanti sicura nel pescoso mare del Cilento,che da troppo tempo in “tacito sussulto” aspetta un nostro gesto d’amore! La “curva della storia”,è stato scritto,nelle sue prossime sfide globali ci chiama all’urgenza ed all’azione e allora…pronti solleviamoci dunque tutti all’offerta e raccogliamo l’invito a comparire e richiamiamo dunque dal suo lungo esilio, la “storia” e conveniamo fieri al vanto che un giorno “qui” nascendo “essa” ci consegnò…in un tempo in cui il Cilento si compiaceva dei suoi figli migliori!
“Dimenticarono,mescolati com’erano …i Poseidonati la loro lingua greca.

Della antica grandezza non rimaneva solo che una festa…

Come hanno potuto decadere,vivere e parlare barbaro?

Com’è successo,a noi che pure,sfortunati,tenemmo radici greche!


(C.Kavafis)

Gaetano Ricco

Conversazione sulla professione di giornalista con Giorgio Prinzi Conversazione sulla professione di giornalista con Giorgio Prinzi

Conversazione sulla professione di giornalista con Giorgio Prinzi


di MARCELLO MOTTOLA

E' in corso un dibattito sulla professione di giornalista ed in particolare sulla funzione dell'Ordine dei Giornalisti. A Giorgio Prinzi, consigliere nazionale dell'Ordine dei Giornalisti eletto per la lista di "Pubblicisti di Stampa Romana", abbiamo posto alcune domande.




I giornalisti sono circa 100.000: in rapporto alla popolazione anche loro si avviano ad essere una pletora come i medici e gli psicologi?


"Sono decisamente troppi e, purtroppo, spesso del tutto impreparati ed inadeguati. Questo vale per ambedue le categorie ma è, a mio avviso, più grave per i professionisti che spesso, per incompetenza e per convinzioni "teologiche", scrivono inesattezze madornali, provocando danni enormi. Se vogliamo, il problema non è il numero ma la qualità nel complesso scadente".

Per far sì che una laurea o un percorso formativo e di pratica si sostanzino in professione occorre l'abilitazione all'esercizio professionale (esame di Stato): è questo attualmente uno snodo fondamentale della qualifica di giornalista, a suo avviso?

"Assolutamente no. La parte scritta dell'esame per accedere alla professione come giornalista professionista consiste nella redazione di una noticina di cronaca. La discriminante sono i diciotto mesi di pratica, che comunque oggi vengono svolti in maniera spesso difforme dalla lettera della legge istitutiva dell'Ordine. Viene considerato praticantato persino la frequenza delle cosiddette scuole di giornalismo, sulle quali l'attuale esecutivo nazionale sta svolgendo un'accurata verifica, che ha già portato ad alcuni ritiri di convenzione".

Quali sono le prerogative e le peculiarità della figura di giornalista unico (invece dell'attuale distinzione in giornalista pubblicista e giornalista professionista) da lei prefigurata?

"Quella procedura è una mia personale proposta. Ne esistono differenti, tra cui quella ufficiale votata lo scorso ottobre a Positano e quella di recente presentata in parlamento da un gruppo trasversale. Anche all'interno dell'attuale maggioranza parlamentare molti sono favorevoli all'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti. La questione è apertissima. La mia proposta è dettata dall'esigenza di porre su condizioni di eguaglianza e parità tutti gli aspiranti. Quindi un titolo di studio conseguibile come quello che forma per altre professioni e un esame finale come previsto dall'articolo 33 della Costituzione. Certo, poi il problema di trovare un lavoro non viene automaticamente garantito, però attualmente non viene neppure garantito l'accesso all'abilitazione professionale a tutti i cittadini che desiderino conseguirlo. Se non si trova una testata disponibile non si può diventare giornalisti. Molti editori pirati sfruttano le aspettative degli aspiranti".

RISTRUTTURAZIONE ED AMMODERNAMENTO RETE IRRIGUA DI ALTAVILLA SILENTINA

Progetti coerenti con gli interventi previsti dalla Misura 1.4 del POR Campania 2000-2006
RISTRUTTURAZIONE ED AMMODERNAMENTO RETE IRRIGUA DI ALTAVILLA SILENTINA:
SCADENZA DEI TERMINI PER LA RICHIESTA DI FINANZIAMENTO DEI PROGETTI

Sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 33 del 01.06.2009 è stato pubblicato l’avviso per la presentazione dei progetti esecutivi coerenti con gli interventi previsti dalla Misura 1.4 del POR Campania 2000-2006, approvato con il decreto del Coordinatore dell’AGC Sviluppo Attività Superiore – Settore Primario n. 147 del 15/05/2009: le richieste di finanziamento potranno essere presentate fino al 31 luglio prossimo (entro le ore 12:00). Tra questi, figura anche un importante progetto presentato dal Consorzio di Bonifica Sinistra Sele di Paestum, ovvero quello inerente la ristrutturazione e l’ammodernamento della rete irrigua di Altavilla Silentina, nelle località Olivella, Cerrelli e Campolongo (3° stralcio), pari a circa 10,8 milioni di euro.
Si tratta di un’opera cruciale per lo sviluppo economico ed imprenditoriale della zona, tesa a favorire un’agricoltura più competitiva e di qualità: l’intervento è ritenuto urgente, in quanto la presenza di una rete irrigua inefficiente determina, di anno in anno, il progressivo abbandono dell’attività agricola con conseguente ricadute di carattere sociale, ambientale ed economico. L’obiettivo è l’ammodernamento della rete irrigua del Consorzio di Paestum, trasformando la distribuzione del sistema irriguo, attualmente prevalentemente a pelo libero mediante canalette in calcestruzzo, in sistema di distribuzione tubato, al fine di ottenere un uso razionale della risorsa irrigua entro i limiti degli effettivi fabbisogni delle coltivazioni. La distribuzione tubata dell’acqua di irrigazione, infatti, consente un più efficiente sistema di controllo dei consumi essendo possibile introdurre, in corrispondenza delle consegne alle utenze agricole, idranti automatizzati: l’utente, per poter attivare il flusso idrico, dovrà essere dotato di una chiave programmabile, abilitata dall’ente consortile, sulla quale viene caricata una disponibilità in mc. L’utente pagherà, così, secondo una tariffa binomia determinata in base all’ettaro servito ed in base ai volumi idrici consumati. Si tratta di un sistema ormai collaudato, visto che il Consorzio di Bonifica di Paestum ha già circa 9.100 ettari attrezzati con queste tecnologie, che incentiva un uso parsimonioso della risorsa idrica. Inoltre, la distribuzione tubata consente di controllare la qualità delle acque distribuite, che, una volta immesse nella rete tubata, sono meno esposte, lungo il percorso, a possibili contaminazioni ambientali.
I nuovi impianti consentono di perseguire anche un notevole risparmio energetico, perché la distribuzione tubata consente un unico sollevamento meccanico a monte in luogo di una serie di sollevamenti, effettuati sia dal Consorzio che dai singoli agricoltori, lungo il percorso. La centralizzazione del sollevamento, unita alla capacità di accumulo dei bacini artificiali collinari, da cui sui dipartono le condotte di distribuzione, permette di avere impianti di maggiore dimensione ed efficienza con l’opportunità di scegliere le fasce orarie di funzionamento in cui l’energia elettrica costa meno. Il risparmio economico derivante dalla riduzione dei consumi elettrici sarà ulteriormente incrementato dalla riduzione delle spese di gestione e di manutenzione derivanti dall’adozione della distribuzione tubata della risorsa acqua. Infatti, l’attuale sistema di distribuzione a canaletta richiede costosi interventi di manutenzione per lo stato vetusto degli impianti, e l’impiego di molte unità lavorative per la regolazione dell'acqua da ripartire tra i vari canali distributori. Si costruiranno, dunque, condotte irrigue a servizio delle vasche d’irrigazione di Tempa di Pilato del comune di Altavilla Silentina: i lavori prevedono la realizzazione di condotte principali, secondarie e terziarie dei reparti 19 dell’alto servizio e 26, 31, 33 e 34 del basso servizio, estesi complessivamente per 853 ettari. Si tratta del 3° stralcio perché, nell’ambito di un ampio progetto generale di ristrutturazione, la realizzazione delle opere avverrà secondo progetti di stralcio attuati con diversi atti di finanziamento: il 1° stralcio verrà realizzato con fondi ministeriali già individuati con specifica delibera CIPE (n. 133/02, rimodulata nella seduta del 24.12.2004); il 2° stralcio è in corso di realizzazione, con la consegna dei lavori che è stata già effettuata nell’ambito di un finanziamento regionale POR.


Capaccio Paestum, lì 28 luglio 2009
L’addetto stampa

lunedì 27 luglio 2009

Rosaria Capacchione, la giornalista nel mirino degli ex bufalari


"Non morirò se mi uccideranno, ma se smetterò di cercare la verità”.

Da bufalari a manager, così Rosaria Capacchione, giornalista in forza alla redazione di Caserta de “Il Mattino”, ha disegnato l’irresistibile ascesa dei “suoi” casalesi. Nella terra dove non pagare l’acqua, la tassa sui rifiuti e l’Enel è un fatto di massa. “L’oro della camorra” (edito da Bur) è il titolo del libro che è già alla quarta edizione. Duecento pagine spese per rovistare nel retrobottega di “Gomorra”. Una copia del volume era nel covo del superlatitante Giuseppe Setola. L’incipit è strepitoso: “Un calzino è un calzino. Strumento di seduzione come quello spaiato della Lolita di Nabokov o quello calato della Lulù della Grandes. Quello di Zagaria è corto, in tutte le gradazioni di grigio, adatto ai pantaloni di taglio classico che compra in serie…”, scrive la Capacchione. Ed è anche per questo i camorristi la temono. Il libro spiega come i boss casalesi sono diventati ricchi e potenti manager e che influenzano e controllano l’economia di tutta la Penisola, da Casal di Principe al centro di Milano. Sciascia diceva: “I mafiosi odiano i magistrati che ricordano”. I Casalesi odiano anche gli scrittori che fanno conoscere a tutto il mondo il loro vero volto. Ha paura? “In Campania si può morire anche per un proiettile vagante perché stai nel posto sbagliato. Sì, io voglio rischiare per continuare a tenere la schiena dritta, per fare bene il mio mestiere. Poi la paura seria ce l’hai una sola volta, e se la superi non ti fermi… Sette anni fa davvero l’ho vissuta da vicino. Durante un’udienza il collaboratore di giustizia Dario De Simone, numero tre del clan, riferì dell’esistenza di un piano, risalente agli anni Novanta, nel quale era prevista la mia uccisione; lo stesso, prima con dichiarazioni rese ai pm antimafia e poi in aula, parlò di un odio della famiglia Schiavone nei miei confronti perché con i miei articoli avevo causato tanti fastidi al clan”. Ne vale la pena? “Ho 48 anni e a quest’età non si cambia atteggiamento. Non mi piego e faccio la vita di sempre. Sono fatalista. Prima o poi la mia vita, come quella di tutti, finirà. Intanto sto sempre “buttata” al giornale. Io questo mestieraccio voglio continuare a farlo così. Vado a vedere, verifico, parlo con le persone, i comunicati stampa mi sono utili se li giro e li uso come carta da riciclo. Mi pagano per scrivere ciò che vedo e che capisco”. E’ abituata a spiazzare, ad opporre un’altra domanda all’interrogazione del momento, Rosaria Capacchione. Del “Mattino” oggi pieno d’acciacchi per la crisi d’identità ed una concorrenza molteplice è una delle più belle bandiere. E’ diretta, mai retorica, nel suoi discorsi usa poche parole, si vede che è più adusa alla scrittura ed ancora di più all’azione. Ha una sensibilità che viene da lontano. Aveva dieci anni quando lesse il “Il treno del sole”, libro di narrativa alle scuole medie, che raccontava di mafia ed emigrazione, droga e sfruttamento di chi era in condizione di inferiorità. Sono i temi che si è portata appresso nella sua professione di giornalista e scrittrice.
Ospite della “Tenuta Vannulo” è a Paestum per portare la sua testimonianza e l’iniziativa è stata voluta da Tonino Marino, direttore della Bcc di Aquara, che – in collaborazione con Ornella Trotta, direttrice del mensile “I fatti”, che conduce la discussione. Ad accompagnare la giornalista c’è il magistrato Maggi, che è originario di Aquara. “Rosaria Capacchione è una giornalista impegnata – esordisce Marino -, vive sotto scorta permanente. Tutto questo perché fa un giornalismo diverso. Con questa serata vogliamo testimoniargli la nostra vicinanza. Io che abitualmente mi occupo di cose bancarie so bene quant’è difficile oggi accompagnarsi con l’etica e la legalità. Nella mia banca c’è un dipendente che si occupa quasi solo delle procedure per la prevenzione dal riciclaggio. Io però sento che resistere a questa deriva è fondamentale per lo sviluppo futuro di queste nostre realtà”. Che tipo di giornalismo? “Spesso ci si dimentica che l’articolo di un giornalista deve rispondere a cinque domande: chi, come, dove, quando e perché. Proprio quest’ultima viene sistematicamente omessa riducendo, così, di significato l’articolo. Solamente spiegando i “perché” possiamo offrire un buon servizio al lettore, come ci richiede la deontologia di questa professione». Rosaria è una donna colta, intelligente, coraggiosa, dalla conversazione sobria ed affabile, mai priva di umorismo e nello stesso tempo mai banale. Ama con passione verace la sua terra, ne soffre terribilmente le ferite ma non si ripiega in un affranto ed impotente vittimismo, ma cerca con perizia e lucidità le cause scatenanti del male. E a volte ti sorprende, con i suoi rimandi ad autori letterari di spessore e non certo noti al grande pubblico per esemplificare alcune sue convinzioni, oppure indirizza il lettore verso il senso del contenuto con le citazioni a ripetizione di Leonardo Sciascia nelle introduzioni ai capitoli del suo libro.
Nel dibattito da Vannulo arrivano dai giornalisti presenti le domande più semplici a farsi, ma che sono da sempre croce e delizia del cronista che con “il pericolo è il mio mestiere” ci convive per davvero e non ne fa solo una manfrina per impressionare il prossimo. “Pessimo” è il suo giudizio sul livello complessivo dell’informazione in Italia. “Internet però ha restituito ai lettori – utenti un grande potere. Se ognuno di noi va sul sito del giornale che ha acquistato e manda il suo parere su ciò che ha letto contribuisce a far sì che certi fatti e personaggi non possano più essere ignorati”. Cosa possono fare i cittadini per contrastare nel loro piccolo il "Sistema"? La risposta di Rosaria è stata semplice: cominciare dagli acquisti. Come si sceglie di comprare “Equo e solidale”, ogni cittadino può scegliere di acquistare i propri prodotti in negozi che notoriamente non pagano il pizzo, ed evitare quei marchi delle industrie che, anche se non si dice, sono notoriamente colluse con la camorra. “Anche nel caseificio dove la mozzarella costa un euro di meno al chilo ma il proprietario è colluso o in quel bar dell’amico dove il caffè o lo zucchero della ditta chiacchierata”. Diverso è stato il pensiero del magistrato Maggi, presente alla discussione, originario di Aquara, che ha sottolineato il ruolo dei “poteri forti” capaci di sviluppare una forte capacità di condizionamento della politica, magari anche “disertando” i luoghi di tradizionale decisione”. Quella di Pasquale Zagaria, imprenditore edile, fratello di un camorrista lui stesso, è una casa sobriamente arredata con mobili di design e sofisticati impianti hi-fi. Si trova a Casapesenna, alla tredicesima traversa di Corso Europa. Quel vicolo è il cuore dell'agro aversano, enclave criminale della provincia di Caserta e della Campania. E' anche la centrale operativa di una delle più influenti cosche criminali d'Europa, il luogo dove è stata decisa e realizzata la trasformazione dell'economia camorristica da rurale e parassitaria e capitalistica e industriale, capace oggi di autoriprodursi e moltiplicarsi in forza del suo stesso denaro. Facile a dirsi. Però il tema della paura torna: "Ho paura per la mia famiglia. Ma mai nessuno di loro mi ha detto: Rosaria statti zitta. Mai". Le sue inchieste danno fastidio ai boss, che l'hanno messa nel mirino. Ora è sotto scorta. Ma non ha nessuna intenzione di fermarsi: "Non morirò se mi uccideranno, ma se smetterò di cercare la verità”.

Pagina a cura di Oreste Mottola

mercoledì 22 luglio 2009

La grande Lucania vista dal Cilento - di Oreste Mottola

La grande Lucania vista dal Cilento

Cosa vuoi dalla vita? Voglio andarmene con l'Antica Lucania

di ORESTE MOTTOLA
Non ci avete voluto dare la nuova provincia cilentana? Ed allora noi ci mettiamo a promuovere il distacco, la secessione, dalla Campania ingrata, per riunirsi alla Basilicata nostro antico focolare. Questa è la rappresentazione caricaturale che spesso, da queste parti, si tende a dare della discussione sui nuoi orizzonti poltico – amministrativi.. Andarsene con la Lucania per i soldi del petrolio? I centomila barili di greggio estratti ogni giorno non hanno prodotto grande occupazione e le royaltees, fissate al 7%, non sono state un grande affare. E c'è, lo sanno bene i lucani, discussione finanche sui criteri della misurazione. La Lucania non è ricca, l'Istat la colloca solo prima della Sicilia.

Allora cos'è che ci attrae? Un lucano, una lucana? La freddura la conosciamo tutti. "Lucano? No, lu cano è là sotto. Io so' lu pastore". Sì, è proprio la lucanità. E' anche quell'insieme di racconti, proverbi, che ricordano l'anima comune della gente più umile, uniti dai viaggi della mietitura nella Puglia o delle raccolte nella Piana del Sele, dal flusso degli scambi commerciali in natura per rifornirsi di ciò che mancava nella propria località.

"E' ora di separarci dalla Regione Campania", ha scritto Raffaele De Dominicis, nativo di Ascea, un compìto ed assennato magistrato della Corte dei Conti. Ed ha dimostrato che, in punta di diritto, si può fare. Gli ha fatto eco Valentino Di Brizzi, presidente degli imprenditori del Vallo di Diano. E' lui che ha scritto: "Quasi la totalità dei nostri imprenditori è concorde nel sostenere che portare il nostro territorio in una regione che, oltre ad essere la nostra casa storica, sia per cultura che per tradizioni, in secondo luogo si differenzia dalla Regione Campania, per essere di dimensioni molto più ridotte e di conseguenza, in grado di porre maggiore attenzione alle nostre esigenze e, dunque di sburocratizzare e facilitare la realizzazione di opere infrastrutturali che ci consentano di abbattere in tempi celeri il gap con il resto d'Italia e d'Europa".

E' il passato parla mentre il presente atterrisce: dell'Antica Lucania fecero parte il Cilento ed il Vallo di Diano. Paestum fu città anche lucana. E le Nares Lucanae, le porte della Lucania "stretta" sono allo Scorzo di Sicignano degli Alburni, Vallo della Lucania porta quel nome e non un altro. La parlata cilentana, la musica ed il canto del Cilento, sono altra cosa da Napoli. Sono la "lucanità". Napoli è invece Gomorra, il vulcano che da due secoli inghiotte gran parte delle risorse destinate alla Campania.
Perché conviene.
ALLA BASILICATA.. Raccogliere aspettative e attese delle comunità del Vallo di Diano e del Basso Cilento, nell'ambito di storia, cultura, tradizioni popolari che accomunano, può rappresentare per la Regione Basilicata un'occasione, tra l'altro, per superare l'attuale limite demografico dei 600 mila abitanti che di fatto è un gap limitativo per le prospettive di sviluppo perché è alla base della ripartizione delle risorse finanziarie statali in settori nevralgici e fondamentali specie per garantire servizi essenziali alle nostre comunità. Una necessità ancora più sentita per superare le note carenze infrastrutturali che altrimenti, anche a causa dei limiti demografici, resterebbero irrisolti.
A SALA CONSILINA E VALLO DELLA LUCANIA. Nella nuova organizzazione regionale che deriverebbe dalla "scissione" dalla Campania queste due cittadine avrebbero tutti i titoli per poter aspirare ad essere i capoluoghi delle due nuove province che dovrebbero essere necessariamente formate. E Sala Consilina è naturalmente al centro di una serie di paesi (zona di Melfi - Lagonegrese – Senisese – Mercure) che oggi sono alle "dipendenze della provincia di Potenza. In questa zona da tempo è attivo un movimento d'opinione "per la terza provincia lucana" che naturalmente appoggerebbe un'ipotesi di nuova provincia lucana che abbia al centro il Vallo di Diano.
A NAPOLI E SALERNO. Città ed aree metropolitane che potrebbero avviare politiche economiche ed urbanistiche direttamente calibrate su aree intensamente popolate e quindi senza più tener conto dei piccoli "presepi" dei tanti paesi cilentani e dianesi.
Colpisce il legame profondo che le popolazioni 'dell'altra Lucania' hanno con la Basilicata. Non so se è attuale parlare della 'grande Lucania' di un tempo, o sollevare antiche contese di natura storica, ma è senz'altro opportuno riflettere sul percorso comune d'aree geografiche vicine ed accomunate dagli stessi problemi, che una regione cerniera come la Basilicata, capace di guardare al di là dei suoi confini, deve saper cogliere e indirizzare nell'ambito delle sue politiche di sviluppo.

lunedì 20 luglio 2009

Borgo Carillia è... di Daniele Di Leo

Borgo Carillia e’ una simpatica frazione del Comune di Altavilla Silentina in provincia di Salerno e dista 7 chilometri dal medesimo comune di Altavilla Silentina cui essa appartiene. Posizionata in una pianura molto rigogliosa di vegetazione e in mezzo a due fiumi, il Sele ed il Calore (valle del Sele).

In essa si trova una caserma dei Carabinieri, una chiesa, una scuola elementare, ben 3 bar con calcio balilla in veranda, una ferramenta, 1 minimarket, 1 coiffeur. Di notevole impatto il campo sportivo che presenta un prato bellissimo (da far invidia allo stadio olimpico), d’altronde l’acqua per l’irrigazione non manca con due corsi d’acqua abbastanza importanti nelle vicinanze. Naturalmente non puo’ mancare una piazza (Alfani) con grande fontana a vasca. Praticamente un posto dove poter staccare la spina, spegnere il telefono e pensare al riposo. C’e’ il mare vicino che merita qualche tuffo.

Naturalmente tutta la zona intorno presenta la fiorente industria della Mozzarella di Bufala, ci sono decine di caseifici.

Daniele Di Leo

SCUOLA NUOTO AQUILONE ROCCADASPIDE/ALTAVILLA SOLO SUCCESSI

L'Aquilone Nuoto, La scuola nuoto federale di nuoto, esistente presso la Piscina di Serra di Roccadaspide, continua mietere successi. Dopo il trionfo del 7° Trofeo Interregionale di Nuoto Pinnato Giovanile (atleti dal1998 al 2001) che ha visto una grande prova di tutti i mini atleti del settore pre agonistico della scuola diretta dal nosro compaesano Antonio Molinara, arrivano ben 6 TITOLI REGIONALI e 18 medagle in totale dai Campionati Regionali Invernali di Categoria che si sono svolti ad Avellino il 15.02.09. Uno staff che lavora e prepara adeguatamente i propri atleti ed insegna il nuoto secondo le direttive nazionali della federazione e solo con istruttori ed allenatori federali. Inoltre, la nostra, è l'unica scuola nuoto federale del cilento ed offre una struttura coperta ben riscaldata negli ambienti e nell'acqua. Provare per credere !!! Lo staff è composto dal Direttore Tecnico Antonio Molinara; dai coordinatori tecnici, Giovanni Fraiese ed Angela Capozzoli; dal Resp. Pre ed agonismo Peter Zambrano; dai tecnici Vittorio Marino, Giovanna Pomposiello, Armando Iannece, Paola Conte, Patrizia Mirra, Carmine Caputo, Fiore Luciano, MIrko Fraiese, Felice Sacco e Biagio Marino. Inoltre, l'addetto impiantistico è Franco Bilancieri, le collaboratrici sono Mina Cavallo, Gabriella D'Angelo e Lucia Accarino; l'Addetta amministrativa è Mena Cupolo e la coordinatrice è Maria Villani. Grazie al loro operato l'ASD Aquifitness e L'Aquilone sono ormai una realtà al servizio della collettività. Successivamente verranno pubblicati nominativi degli atleti del settore preagonistico e d agonistico. Agli Altavillesi dimenticavamo di dire che L'AQUILONE NUOTO è una Coop. Altavillese che opera presso la Piscina Roccadaspide. Ancora una volta ALtavilla si fa conoscere per le cose buone !!!

Dalla valle del sole alla terra del mito (di Antonietta Broccoli)

Si sa, l’Italia è fatta di tante città e molteplici territori, uno snodarsi d’identità e tradizioni che dalla corona alpina, linea di confine con la Svizzera e l’Austria, scende, come uno scivolo ideale, lungo l’Appennino e si rifugia tra le braccia calde e profumate delle coste meridionali vestite di ginestre e macchia mediterranea.
Non è stato sempre facile considerare questi popoli, così distanti per mentalità e cultura, un tutt’uno armonico e compatto. Eppure, nonostante le tante difficoltà e incomprensioni che, a volte, hanno diviso in due la nostra cara penisola, gli italiani hanno ben racchiuso in sé quello spirito solidale e generoso che, al di là delle diversità, ne costituisce il dna.
Concordia, unione, armoniosità che contraddistinguono il legame che il coro polifonico “Musica Nova” di Altavilla Silentina (Sa), diretto dal M. Roberto Serratore, ha stretto con il “Celebration Gospel Choir” di Grosio (So), un legame che ha sancito, con un grande abbraccio, un rapporto che, negli anni, si consoliderà sempre di più.
Quest’anno, il coro polifonico altavillese ha deciso di ricambiare l’ospitalità e l’accoglienza che, esattamente un anno fa, ha ricevuto dal coro gospel valtellinese organizzando una manifestazione che comprendesse una serie di concerti nel territorio.
“Dalla valle del sole alla terra del mito”, questo il nome della manifestazione patrocinata dalla Provincia di Salerno e dal Comune di Altavilla Silentina (Sa), ha puntato, particolarmente, sulla valorizzazione del Cilento attraverso delle occasioni musicali e quindi culturali che esaltassero le bellezze e le molte peculiarità che la terra del mito propone.
Altavilla Silentina, sede del coro polifonico e Paestum, scrigno d’antichità e spiritualità, sono stati i centri privilegiati di questo tour che si é protratto dal 30 maggio al 2 giugno 2009.
La splendida Cappella di Maria SS. del Carmine, dove “Musica Nova” si è esibita con il “Celebration Gospel Choir” in un avvincente “Happy day”, il Convento S. Francesco ad Altavilla Silentina e il suggestivo Santuario del Getsemani a Paestum, hanno riecheggiato delle coinvolgenti melodie gospel che hanno irretito, in un vortice di battimani e braccia levate al cielo, il pubblico sinceramente interessato e partecipe.
I brani del repertorio, presentato e cantato con bravura dal coro diretto dal M. Roberto Curti, si sono avvalsi del magico ausilio della tastiera, del basso e della batteria che hanno contribuito a creare un’atmosfera piena d’energia e di ritmo incessante nel pieno rispetto del gospel e delle sue sfumature.
La visita ai templi di Paestum e al centro storico della solare Agropoli hanno completato un viaggio che ha, sicuramente, meritato un posto, tra le esperienze più belle nel cuore dei coristi grosini e che darà dei frutti per il futuro.
Il gemellaggio che si è realizzato tra i due cori ha in sé una duplice e profonda valenza: quella, più generale, di accorciare le distanze tra due territori trasversalmente opposti geograficamente e quella, più specifica, di unire due realtà canore in un sodalizio proficuo che allargherà gli orizzonti di entrambe e ne migliorerà senz’altro il percorso.
Il nord e sud Italia avranno, grazie a questa collaborazione, un’occasione in più per confrontarsi e per riscoprire caratteristiche comuni che gli scempi del tempo, purtroppo non solo glorioso, hanno disperso in stupidi scissionismi.
Caratteristiche che ci appartengono e che ci rendono Italia, il Bel Paese.
Aggiungo una breve lirica che i nostri amici valtellinesi hanno composto per noi:
L’amore per la musica
Dai laghi alpini al mare del Cilento
ci unisce un unico sentimento,
l’amore per la musica e l’amicizia
tra Altavilla Silentina e la nostra Valtellina.

lunedì 6 luglio 2009

SAPORI GENUINI ALLA TRATTORIA “TRE TORRI” DI ALTAVILLA SILENTINA

SAPORI GENUINI ALLA TRATTORIA “TRE TORRI” DI ALTAVILLA SILENTINA
Quasi mi vergogno, non mi ero mai fermato ad Altavilla Silentina. Solo una volta, tornando da Castelcivita, vi ero passato per sbaglio. Devo ammettere, il paese è carino, e potrebbe essere ancora più interessante se le amministrazioni inventassero qualcosa per farci venire degli ospiti e magari dei turisti. Come? Valorizzare di più il centro storico, organizzare più manifestazioni socio-culturali, e cosa importantissima, creare dei parcheggi. Un amico altavillese, mi ha segnalato la Trattoria “Tre Torri” (simbolo di Altavilla), aperta da circa un anno e così eccomi qua a passeggiare nelle caratteristiche strettoie del centro storico, dove, nel periodo delle feste, è organizzata la manifestazione “Atmosfera Natalizia”, un circuito di presepi che crea un ambiente magico di suoni, luci e colori.
Su e giù, tra vie e viuzze, arriviamo all’entrata della nostra meta. Si scende una scala ed ai nostri occhi si presenta un localino coi fiocchi. Due salette, per un totale di poco più di trenta posti. Nella prima c’è un piccolo bar e nella seconda il forno per le pizze. L’ambiente lo potremmo definire un rustico-moderno, con rivestimento in mattoni e pietre particolari, oggetti antichi e luci studiate fin nei minimi particolari. Le sedie sono impagliate, le tovaglie giallo solare, i coprimacchia rosso vivo con disegni bianchi, i tovaglioli sono di carta, arrotolati con le posate all’interno. A riceverci, Ettore Camera, che gestisce con passione l’unico locale al centro di Altavilla. Ettore, dopo il matrimonio, era emigrato al nord, ma la sua grande aspirazione era stata da sempre quella di aprire una trattoria simpatica ad Altavilla, così ha pensato di farlo in questo locale di famiglia, dove una volta papà Camera, faceva il panettiere.
Guardiamo il menu, e tra le tante cose, notiamo dei prezzi onestissimi. Complimenti, coi tempi che corrono! Lasciamo fare, ed ecco che ci servono come antipasto il misto della casa: su dei vassoi di legno, soppressata di Gioi, salsiccia e capicollo, poi, sempre al “centro”, mozzarelle (squisitissime), ricotta, zucca marinata, olive locali e melanzane sott’olio. Tutti sapori genuini. Passiamo ai primi: cavati ai funghi porcini, ravioli e fusilli altavillesi al ragù di cinghiale. Si, proprio così, Ettore ha tenuto a precisare che i fusilli sono “altavillesi”, cioè, più corti e più spessi di quelli tradizionali di Felitto e secondo Ettore, sono anche più digeribili, in quanto il buco fatto con il ferro è più largo. Al secondo, ci servono il cinghiale con il quale era stato fatto il gustoso ragù, accompagnati da involtini di melanzane, broccoli “scoppiettati” e zucca al pomodoro. Poi, ancora cinghiale in umido insieme a una deliziosa frittatina alle cipolle. Dolce: un gradito Tiramisù, preparato come tutto da Rosaria (moglie di Ettore) che in cucina è veramente brava.
Come vino, da una decina di etichette proposte, abbiamo scelto il buon Barbera Doc 2001, della Val Calore.
Penso proprio che durante le prossime feste ritornerò a fare un giretto in questo centro storico magari con una cenetta in questa bella trattoria.
Noi siamo stati alle “Tre Torri” il 26 novembre. Spesa indicativa 20 euro a persona.

Trattoria Tre Torri, Via Municipio 4 – 84045 Altavilla Silentina (SA). Tel. 0828.982416 – 347.8636197. A pranzo aperto solo su prenotazione. Chiuso il lunedì. Voto 73/100.

Diodato Buonora - dicembre 2003

Carmine Gioia, il professore aristocratico e cavaliere nel ricordo di Oreste Mottola e Carmine Senatore

Carmine Gioia, il professore aristocratico e cavaliere
A 64 anni scompare il più anglofilo dei giornalisti salernitani

[di Oreste Mottola] “Big Ben ha detto stop”, così Carmine Gioia, spesso con in testa un ricercato cappello nero che ora non saprei descrivere, chiudeva l’intervista quando l’intervistato cominciava a divagare. Ci metteva stile anche nello zittire chi sparlava. Ora lo stop, il the end, al più anglofilo dei giornalisti salernitani, è arrivato all’esistenza terrena, non alla stima di chi lo conosceva. Più che liberale, era monarchico, più che sabaudo o borbonico lui si riferiva direttamente dei regnanti inglesi. Mi ricordo le foto di una visita a Paestum dove lui accompagnava la Regina Madre. Era uno degli ultimi sacerdoti della vecchia Battipaglia, quella dei mitici padri fondatori.Se n’è andato a 64 anni, Carmine Gioia, da solo due anni in pensione, ma sempre indaffarato con i suoi Cavalieri di Malta del Santo Sepolcro (cito a memoria, ti chiedo scusa) e i ragazzi da aiutare. E quelle buste di mozzarelle sempre in mano, da regalare all’ospite di riguardo della serata, cosicchè della nostra zona si potesse portare via sempre l’aspetto migliore. L’ultima apparizione pubblica l’aveva fatta a seguito del sindaco di Roma Alemanno, venuto a sostenere la campagna elettorale di Motta. Il professore Gioia, che posso chiamare così perché lo conobbi quando si venne a sedere in cattedra nell’aula dove io ero studente, me lo ricordo sempre lucidamente collocato in quella parte politica. Me lo disse quel giorno, al primo svolazzare di giornale dell’estrema sinistra, sicuramente “Il Manifesto”, che capitò proprio dalle mie mani. Poi c’era la sua voce, sempre molto musicale e pastosa, che aveva delle estensioni molto armoniche. Con lui, ma anche con il caro Raffaele Rago ed il professore Tufano, ho vissuto l’ultima parte della stagione di Telelibera Battipaglia, dove un grande “direttore d’orchestra”, Piero Rocco, mise insieme giovani giornalisti di belle speranze e voci della migliore cultura locale. E cameraman e tecnici che si sono poi fatti onore in altre emittenti. “Il principe” di tutti noi, restò sempre lui, Carmine Gioia. Che ti sia lieve la terra, professore.


La ritmicità con la sua voce calda e suadente
[di Carmine Senatore ]
Il professor Carmine Gioia ci ha lasciato! Troppo presto per la nostra aspettativa media di vita. Forse Qualcuno, da lassù, nella sua infinita bontà, ha voluto evitargli ulteriori sofferenze. Scompaiono con lui un gentiluomo (o per dir meglio un “gentleman”) e un ottimo professionista. Profondo conoscitore della lingua inglese, di cui era anche professore, parlava con una chiarezza dando ritmicità con la sua voce calda e suadente. Sono stato di Carmine, con Peppino Sorrentino (attuale preside del liceo classico di Eboli) collega alla fine degli anni ’80: io professore di scienze e geografia, lui professore d’inglese, nello stesso Istituto (Istituto tecnico commerciale “F.Besta” di Battipaglia), nello stesso corso, corso A, e nella stessa classe, I^ A. Ricordo a volte i suoi giudizi positivi nei riguardi degli alunni, durante i consigli di classe e gli scrutini, profondamente diversi dalla gran parte di noi. Sempre ottimi. Spesso le sue valutazioni ci mettevano in crisi: forse non eravaforse non eravamo noi a giudicare in maniera diversa? Era buono. Aveva con gli alunni ottimi rapporti. Di essi era non solo professore, ma anche amico, fratello e padre e qualche volta anche innamorato, indipendentemente dal sesso. Era un innamoramento nel senso buono della parola, in quanto condivideva con loro passioni, gusti, interessi, obiettivi e predilezioni. Era certamente un uomo di destra, monarchico. Amante della lingua e della civiltà inglese, ne faceva sfoggio. Sono venuto a contatto, nel non breve percorso dell’avventura della vita, con uomini di destra, da Peppe Galardi, al maestro Longo, al maestro Ciccio Tufano, e ho sempre avuto con loro un rapporto di stima e di amicizia. Che cosa ci univa? Sicuramente l’onesta intellettuale e quella morale. Carmine era così: rispettoso e onesto. Ciao ,Carmine. Che il Signore ti accolga nelle Sue braccia e ti conforti della Sua luce!

Un cavallo nella storia: il cavallo della razza Persano

Un cavallo nella storia: il cavallo della razza Persano
di Carmine Senatore
La battaglia di Lepanto, lo storico scontro avvenuto il 7 ottobre 1571, segna una rottura fra il mondo occidentale e quello arabo. Dopo la battaglia fino all'invasione napoleonica dell'Egitto nel 1798, l'islam è ripiegato su se stesso, perdendo ogni capacità innovativa. Dal XVI sec. la stabilizzazione dei confini adriatici e la fine delle minacce turche sulle coste italiane, portarono, salvo rare eccezioni, come il tentativo di Mehmet III di invadere la Sicilia, a un periodo di relativa tranquillità nell'Italia meridionale, durante il quale baroni e feudatari poterono sfruttare gli antichi diritti fondiari per consolidare privilegi economici produttivi. Nel 1734, sul trono di Napoli salì Carlo di Borbone, erede designato della dinastia spagnola, un Infante Spagnolo, che divenne re con il titolo di Carlo III. A dispetto della sua discendenza, da subito improntò il suo regno a una maggiore autonomia rispetto ai due secoli precedenti. Nel Consiglio di Reggenza, poiché aveva otto anni, furono chiamati Domenico Cattaneo, principe di San Nicandro e il marchese Bernardo Tanucci. Il sovrano attuò una serie di riforme nei settori dell'amministrazione, del fisco, del commercio e in quello militare, che costituirono un nuovo impulso per lo sviluppo nei decenni successivi di attività che ancora oggi caratterizzano il tessuto economico e produttivo di Napoli. La politica estera di Tanucci portò a un miglioramento della politica nei riguardi degli arabi. Carlo III creò una Suprema Magistratura del Commercio, con ampio potere d’intervento negli affari economici, e con un comitato direttivo in cui i nobili potevano essere messi in minoranza dai commercianti e dai funzionari. Fu proprio in seguito a questi rapporti che un califfo arabo in segno di amicizia regalò al re quattro cavalli bianchi. Fu proprio dall’incrocio di questi cavalli arabi e le fattrici di nostrane della Valle del Sele a dare origine alla razza Persano. E’ un cavallo con mantello baio, con testa ben proporzionata, occhi grandi e vivaci, con profilo diritto con leggera concavità. Ha collo muscoloso, criniera folta e lunga, petto ampio. Le caratteristiche fondamentali, che fanno dei cavalli di questa razza la differenza, sono gli arti robusti e le articolazioni. L’andatura è elastica e armonica. Dalla metà del secolo XVIII° il re pianificò il miglioramento della razza equina già esistente in loco, con l’acquisto di fattrici e stalloni del Medio Oriente e andalusi: la “Real Razza di Persano”, una selezione formata da cavalli da sella con particolare attitudine alla caccia. Il cavallo Persano, ottenuto adoperando alternativamente stalloni arabi andalusi e inglesi, era destinato alle unità di Cavalleria e di Artiglieria e all'attività equestre dell'Esercito. Il prestigio della razza raggiunse l’apice a inizio Ottocento, quando la cavalleria napoletana guidata da Gioacchino Murat partecipò alle campagne napoleoniche e lo stesso imperatore còrso lodò più volte i cavalieri nostrani definendoli “diavoli bianchi” dal colore delle caratteristiche uniformi. Furono i cavalli della razza Persano quelli che portarono le truppe napoleoniche in Russia e furono gli stessi a riportarne indietro i superstiti. Nella battaglia dI Marengo ancora una volta furono questi cavalli a determinarne l’esito. Con l’unità d’Italia la razza Persano fu abbandonata: nel 1874 con decreto del Ministro Ricotti fu definitivamente soppressa e venduta all'incanto sulla piazza di Eboli. La Scuola di Equitazione Spagnola a Vienna è l’unica istituzione al mondo in cui si è conservata fino ad oggi l’equitazione classica così come praticata dall’alta scuola del Rinascimento. Anni e anni di allenamento fanno di cavallo e fantino un tutt’uno inscindibile. Con l’unità d’Italia la razza Persano venne abbandonata: nel 1874 con decreto del Ministro Ricotti fu definitivamente soppressa e venduta all'incanto sulla piazza di Eboli. Nel 1900 il Ministero della Difesa volle ricostituire la razza con fattrici di provata attitudine al servizio da sella scelte tra i diversi reggimenti di cavalleria. In seguito alla soppressione del Centro di rifornimento quadrupedi di Persano, nel 1954, la razza si ridusse a una cinquantina di fattrici, trasferite al Posto raccolta quadrupedi di Grosseto: un altro pezzo di storia meridionale svenduto! La Scuola di Equitazione Spagnola a Vienna è l’unica istituzione al mondo in cui si è conservata fino ad oggi l’equitazione classica così come praticata dall’alta scuola del Rinascimento. Anni e anni di allenamento fanno di cavallo e fantino un tutt’uno inscindibile. Il palazzo, dove ha sede la scuola, fu creato da Leopoldo I. che aveva la fama di appassionato cavaliere. La scuola, per la sua grandezza, più che un edificio sembra un'enorme piazza circondata da forme chiuse. Il maestoso salone circondato da 46 colonne è ornato con stucchi, soffitto con cassettoni e lampadari meravigliosi. Il palco era riservato per la corte, gli spettatori si sedevano nei loggioni. Il selezionamento della specie odierna si collega al nome di Carlo degli Asburghi che creò un allevamento a Lippiza, che apparteneva all'impero, per la scuola spagnola di Vienna fondata nel 1572. I cavalli erano importati dalla Spagna (da qui deriva il nome della Scuola Equestre Spagnola) e poi incrociati con otto famiglie di purosangue, tra cui i cavalli della razza Persano. Dopo la caduta dell'impero, gli animali finirono in Laxemburg, vicino a Vienna e dopo nel Piber stiriano per poter oggi - sopravvivendo alle miserie delle guerre - contribuire alla fama della Scuola Calibri (Corpo) Sono attualmente i cavalli della razza Persano che sono utilizzati dalla scuola equestre di Vienna. Altro luogo, dove ora la razza è riprodotta, è a Jerez de la Frontera e a Saumur sulla Loira. In questa città vi è il Cadre Noir, la scuola nazionale di equitazione.