LE BOCCE DI MICHELINO
di Carmine Senatore
Si giocava . Principale attività dei ragazzi… . Il gioco si chiamava “arreto o mierco”. Consisteva nell’utilizzare un piccolo coccio di terracotta rozzamente quadrato ( 5cmx 5cm)detto appunto “mierco”. Dietro di esso, mantenuto rigidamente in piedi o con un poco di arena, ogni giocatore metteva una moneta di 5 o 10 £. Il gioco consisteva nell’abbattere con una pietra piatta detta appunto “staccia” il “mierco” e coprire con essa la moneta che ne rappresentava anche il premio . Il gioco passava al giocatore successivo fino all’esaurimento delle monete. Colpo maestro: abbattere contemporaneamente il “mierco” e coprire con la “staccia” le monete. Ci si riusciva , però occorreva grande perizia ed abilità, lanciando la “staccia” immediatamente a monte dell’attrezzo di terracotta e coprendo le monete. Le” stacce” inoltre per noi ragazzi venivano utilizzate a mo’ di bocce, usando un coccio più piccolo come pallino. Questo ,perché era difficile procurarsi le bocce di legno. Chi aveva le bocce era invece Michelino, il cui padre falegname gliele aveva costruite modellandole da pezzi cubici di legno.. Era un ragazzo con gravi handicap . Si muoveva con difficoltà. Lo sguardo era rivolto verso l’alto e braccia che si contorcevano ad ogni movimento. Aveva difficoltà nei movimenti, esprimeva ed organizzava le reazioni del corpo in maniera lenta e scoordinata. Debole, per non dire assente il tono muscolare , che rappresenta l’attività primitiva e permanente dei muscoli ed adattato ai bisogni della postura e degli atti motori e comportamentali. La sua postura era dinoccolata e incerta ,in quanto mancanti o per dire assenti i rapporti tra i vari segmenti corporei, inseriti nello spazio. Mancante quasi del tutto la coordinazione motoria; era evidente la incapacità di compiere con armonia ed adeguata misura qualsiasi movimento. Quello ,che era peggio, era strano ed imprevedibile nel comportamento. Nessuno dei miei compagni voleva giocare con lui. Il campo da gioco era uno spiazza sterrato dietro al monumento. Era il luogo preferito da noi ragazzi,in quanto non passavano né automobili, per la verità assai poche, né motocicli né biciclette. Ogni tanto qualche carro guidata da qualche cavallo o asino transitava. Si interrompeva e poi , dopo il passaggio, si riprendeva. I nostri genitori sicuri del luogo. Anche Michelino veniva portato dai genitori, qualche volta vigilato qualche volta lasciato solo. Guardava, curioso,voleva partecipare. Io,impietosito,cercai di giocare con lui. Non l’avessi mai fatto!. Ad un certo punto mentre giocavo a bocce , mi sentii arrivare una palla di legno sul viso in prossimità dell’orecchio. Per poco non svenni. Sangue copioso e dolore lancinante per molti giorni. Nei giorni seguenti, ogni volta che lo vedevo cercavo di evitarlo. Il mio senso di compassione mi aveva giocato un tiro mancino. Nei giorni seguenti i genitori cercarono di non farlo più uscire. Dal suo balcone ci guardava…. Quanta tristezza!
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