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giovedì 3 settembre 2009

Lettera aperta a Sant'Egidio


Il 1° settembre, come tutti gli anni, Altavilla Silentina ha festeggiato il suo santo patrono. Che lo abbia fatto solo con la chiusura degli uffici pubblici è un dettaglio.
Nel mese di giugno accompagnavo lungo le viuzze del centro storico di Altavilla una coppia di mezza età di Boston giunta in paese per il desiderio di lui di rivedere i luoghi in cui era nato e cresciuto il bisnonno, poi emigrato per la 'Merica'. Non è stato poco imbarazzante dover comunicare a queste persone, giunte per la prima volta in sessant'anni nel nostro borgo, che alcuni dei suoi più begli edifici storici non erano accessibili al pubblico. Difficile cercare di trasferirvi la perplessità dei loro volti a questa informazione, espressione del tutto simile a quella che sottolineava la loro candida richiesta di delucidazioni: "ma se Altavilla è così bella come mai tante persone vanno via?".
Una delle prime tappe di questa didascalica passeggiata era proprio, dopo il Castello o quel che ne resta, la fantomatica chiesa di Sant'Egidio, in cui sono stata battezzata e di cui io stessa come molti altri giovani altavillesi abbiamo solo un'immagine spettrale non conservandone ricordi 'in vita'. Ebbene, assicurata al portone sbarrato della chiesa con un giro di nastro per pacchi, vi era un foglio con una lettera scritta a mano (la vedete nella foto), che riportava il testo seguente.
Altavilla Silentina, Provincia di Salerno, Parrocchia di Sant'Egidio
In questa Parrocchia tutti lo sappiamo / il suo nome è Parrocchia Sant'Egidio. Sant'Egidio è il patrono d'Altavilla.
Il portone della sua casa, sono trent'anni, è chiuso dal terremoto dell'ottanta.
Trent'anni che io non prego all'Altare Maggiore, prego davanti al portone.
Trenta Pasque che non sento suonare la campana a festa ascoltando da lontano e farmi un segno di croce dicendo 'questa è la campana di Sant'Egidio' ...
Patre Ave e Gloria, Sant'Egidio sei il patrone, apri questo portone, voglio pregare all'Altare Maggiore.
Mangino Francesco, nato l'8-4-42 a Borgo San Martino, Altavilla Silentina
Viva la pace, via Sant'Egidio, viva la pace nel mondo intero
Fa effetto rileggerla ora che Ciccio, da poche settimane, ci ha lasciati. Suona come un appello disperato delle generazioni che pian piano scorrono via alla nostra che è qui ora e che può e deve agire.
Ciccio il banditore, improvvisatosi pubblicista poco prima di morire, ha voluto esprimere con le armi di cui era capace il desiderio ardente di tanti altavillesi. Quella pubblicazione rudimentale - eppure pubblicazione nel suo senso più verace - è il segno della certezza di un'adesione collettiva a questa disperata richiesta espressa in forma di supplica. Tanti, come lui, non hanno potuto più fare la santa comunione in questa cappella. Ma ce ne sono tanti altri che nutrono il suo stesso desiderio.
Non difendere la propria storia è dimostrazione di inciviltà. Il disinteresse che ne è alla base mette a rischio il futuro stesso dei nostri luoghi. Ne siamo tutti responsabili, a partire dagli insegnanti e prima ancora dai programmi scolastici, che non prevedono lo studio del territorio (e, perché no, del dialetto, sempre a patto che non sia una barriera per nessuno). Questo perché, riprendendo il motto del FAI, il Fondo ambiente italiano, che cerca di tutelare il patrimonio storico-architettonico del nostro bel paese, "se lo conosci lo ami e se lo ami lo proteggi". Sillogismo impeccabile, non fa una piega, da stamparsi in fronte a caratteri cubitali.
Gli altavillesi hanno atteso anni e anni la riapertura di questi beni che fanno parte della loro vita e, prima ancora, di quella dei loro padri e dei loro avi, andando molto indietro nei secoli e quasi nei millenni, se ne consideriamo anche gli abbattimenti e le ricostruzioni. Alcuni secoli fa non vi erano i mezzi per rimettere in sicurezza un edificio colpito da un sisma. Oggi non siamo più giustificati a girare la testa dall'altra parte o ad attendere sentendoci impotenti. E' importante unirci tutti, dai proprietari agli amministratori agli amministrati, su cause come questa e capire come fare ad agire per il meglio, azzerando il passato in un atto di autoindulgenza generale per il bene di tutti. Ma bisogna agire subito. Nei lunghi anni in cui la chiesa di Sant'Egidio è rimasta sbarrata ai fedeli, infatti, molti sono stati i furti che l'hanno impoverita. Così come sarebbe un furto assai più pesante recuperare questi beni non conservandone, oltre alla struttura materiale, tutto l'aspetto artistico di esterni e interni. Pensiamo solo alle varie chiese in muratura da secoli oggi intonacate (ricordate il Convento di San Francesco?). Noi oggi non possiamo più macchiarci di queste colpe. Non possiamo più essere ladri di memoria, della nostra stessa memoria.
Alla soglia dei trent'anni dall'ultimo grande terremoto, qualcuno ci ha ricordato il nostro dovere di guardiani della storia pubblicamente e a modo suo rompendo, con un gesto dalla semplicità disarmante, un silenzio lungo quanto colpevole di disinteresse. Facciamo sì che questo gesto inauguri una nuova era, più consapevole e fattiva, della nostra altavillesità.

Per approfondimenti sulla riapertura straordinaria della Chiesa di Sant'Egidio lo scorso 20 agosto cliccate qui.

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