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venerdì 10 settembre 2010

Quant’è vicino a noi Angelo Vassallo

Ci aveva fatto avvicinare di più Hemingway. Io avevo trovato quei nuovi elementi che permettevano di poter rilanciare l’idea di un soggiorno cilentano, nell’Acciaroli dei primi anni Cinquanta, dell’autore di “Fiesta”.

Al telefono gli anticipai la notizia: “Veramente dici? E falla uscire!”, non mi disse più di tanto.

Era di poche parole, Angelo Vassallo. Ma capace di impuntature a viso aperto. Come nella serata nella quale vennero presentate queste nuove ricerche sulla presenza del premio Nobel. Arrivò al limite dello scontro fisico con degli ascoltatori che rumoreggiarono, da “destra”, in seguito ad alcune parole di un relatore.

Molto pragmatico nell’agire politico quotidiano, tuttavia mai dimenticava il suo essere un uomo “di sinistra” ma mai genericamente “della sinistra”.

La sinistra di Angelo Vassallo era fatta di rigore e di originalità nel portare avanti un modello di sviluppo molto semplice: duplicare nel Cilento costiero le cose migliori che erano state realizzate nella Costiera amalfitana. Lui ci aggiungeva l’anima ambientalista, la cura dei particolari, una forte spinta etica, “al bar non accettava nemmeno un caffè”, e tutti i suggerimenti di quell’élite socio–culturale che già da diversi decenni aveva scoperto Acciaroli.

A Galdo, che è un’altra delle frazioni di Pollica, lontana però dal mare, avevo visto un caffè letterario. Libri e giornali, sigarette, la ricevitoria del lotto ed il banco solo con i libri di autori locali. Poco distante un gruppo teatrale animava serate nelle quali disseminavano tanti indizi e tutti gli spettatori erano chiamati ad individuare il colpevole. “Quel negozietto chiudeva, invece così tanti turisti ci vanno. Funziona sai…”, mi raccontava.

Questo era Angelo, uno straordinario catalogo di soluzioni, idee e provocazioni. Di pragmatismo ed utopia. E poi nessuna indulgenza al “piacionismo”. Cortesia e rispetto. Considerazione per tutto e tutti.

La serata hemingwayana andava per lunghe, lo spettacolo musicale cubano si protraeva, dovevo rientrare. Mi alzo. Vassallo mi ferma. “Sai, io sono di Altavilla”, aggiungo. “Lontanuccio, eh”, commenta.

Con orgoglio ho però visto molti miei compaesani marciare ad Acciaroli con la torcia in mano: Aldo, Lorenzo, Gianni ed altri dei quali non ricordo i nomi.

L’idea che la ferocia del malaffare anche nel Cilento abbia superato tutti i limiti è intollerabile e c’è chi ha sentito dentro di sé l’imperativo a muoversi. A dire la propria, a testimoniare di non volerci stare. C’era tanta gente comune che stava lì certo per “dovere”.

A chi oggi mi chiede: “noi cosa facciamo?” io rispondo che occorre tenere duro, indignarsi, guardarsi attorno.

Cito sempre un libro di Bruno Arpaia: “ Il passato davanti a noi”, storia di un gruppo di ragazzi che nella Ottaviano a cavallo degli anni Settanta ed Ottanta si occupano delle grandi questioni del mondo e non si accorgono che i coetanei con i quali vivono gomito a gomito, un nome a caso è quello di Raffaele Cutolo, sono diventati la nuova camorra organizzata.

Nel numero speciale che ad “Unico” abbiamo voluto dedicare ad Angelo Vassallo la tesi centrale la esprime Luciano Pignataro: nell’omologazione crescente del Cilento al resto della Campania c’è la chiave di lettura del crimine. Non vi sembri patetica la mia richiesta di stare sempre con gli occhi aperti di fronte al luccichio di diversi imprenditori. Soprattutto negli ultimi anni, Salerno e la sua provincia sono diventate silenziosamente una lavatrice del denaro sporco. Una macchina che centrifuga sempre più velocemente in ristorazione, alberghi, negozi, attività per il tempo libero, immobili e terreni. L’avamposto per gli investimenti futuri che la bellezza dell’area inevitabilmente richiamano e che le tradizionali zone campane non sono più in grado di investire. Di fronte a questi pericoli ci servono amministratori locali che non alzino solo belle bandiere e dicano parole di miele ma siano d’esempio per tutti. Come il sindaco Vassallo.

Che davvero ti sia lieve la terra, Angelo.

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