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mercoledì 22 settembre 2010

Altavilla. L’omicidio dell’autista della Sita, nuovo articolo su “Cronaca Vera” di Massimiliano Lanzotto

Pubblico dopo aver ricevuto la segnalazione da parte di Oreste Mottola. Da altavillesi abbiamo il dovere di collaborare con la famiglia e gli avvocati alla risoluzione del caso. Chi sa parli. Omertà è colpevolezza.

di MASSIMILIANO LANZOTTO

Altavilla Silentina (Salerno). La sera del 20 dicembre 2007, come tutti i giorni, dopo aver concluso il suo turno, Antonio Mottola, 54 anni, autista delle autolinee Sita, parcheggiò il bus nella area di sosta di Campagna (Salerno): ma contrariamente alle sue abitudini, non fece ritorno a casa, in contrada Olivella di Altavilla Silentina. Dopo l’ultima corsa fermò il bus e si mise alla guida della sua automobile. Ma all’altezza di contrada Castelluccio di Altavilla, intorno alle 22, l’auto fu colpita da un proiettile di un fucile da caccia, di quelli usati per abbattere i cinghiali. Il colpo attraversò il portabagagli, il sedile posteriore e raggiunge polmone e cuore. La morte sopraggiunge poco dopo.

A distanza di oltre due anni chi ha sparato quel colpo mortale non è stato mai trovato. Il tribunale di Salerno, in assenza di prove schiaccianti, lo scorso mese di aprile ha deciso di archiviare il caso. La famiglia non si arrende, vuole giustizia e chiede che vengano riaperte le indagini. “Il lavoro investigativo deve proseguire, il caso deve essere riaperto – dice la moglie Paola Vuolo, 44 anni – Qualcuno sa, ma non vuole parlare. Di cosa ha paura. Ci sono tre figli che vogliono conoscere la verità sul destino del padre”. La donna che apprese la notizia della morte telefonando quella notte stessa sul cellulare del marito, nei mesi successivi ha ricevuto anche un avvertimento. Sul parabrezza posteriore dell’auto ha trovato un scritta inequivocabile tracciata nella polvere: “Ti ammazzo”.

Delitto passionale, incidente di caccia, scambio di persona: di ipotesi sul movente dell’omicidio Mottola se ne sono fatte tante. Nessuna, però, che ha portato a un risultato giudiziario certo. I familiari – assistiti dai legali Ezio Catauro e Carmine Gallo – contestano le indagini nell’immediatezza dell’omicidio. “Perché non furono subito attivati dei posti di blocco nella zona, perché non si tenne conto delle telecamere di sorveglianza installate sulla strada provinciale Campagna-Altavilla”, si chiede il primogenito Emilio Mottola, 34 anni. “Mio padre – aggiunge – era una persona mite, ma potrebbe essere successo qualcosa o che abbia preso le parti di qualcuno e si sia trovato impelagato, suo malgrado, in una situazione difficile. Sono certo che ci sono persone che sanno, ma non parlano per qualche ragione. Gli inquirenti devono tenere conto degli indizi emersi in questi due anni e fare luce sui punti oscuri”.

La vita di Antonio Mottola che i passeggeri della tratta Salerno-Campagna chiamavano “Briciola”, è stata passata al setaccio nelle settimane successive all’omicidio. I carabinieri hanno controllato le telefonate fatte e ricevute dalle utenze cellulari e seguito gli ultimi spostamenti della vittima. “Antonio era un lavoratore infaticabile, attaccato alla famiglia e ai figli. – aggiunge la moglie – Aveva l’hobby della caccia che praticava con un gruppo di amici. Per tutti era una persona alla mano che era pronto a farsi in quattro per un amico. La sua disponibilità verso gli altri era incondizionata, non faceva discussioni con nessuno, scivolava su ogni cosa perché era contro i litigi”.

Le amicizie dell’autista Sita è stata passata ai raggi X. Sono state sentite decine di persone informate sui fatti, compresi due sue ex fidanzate, lontane nel tempo. L’inchiesta che ha cambiato tre magistrati, non ha consentito di acquisire elementi sufficienti per ricostruire la vicenda e individuare l’autore del delitto. “Il caso è stato affrontato, fin dall’evento che ha determinato l’omicidio di Antonio Mottola, con troppa superficialità. – dice l’avvocato Carmine Gallo – Abbiamo avuto un’indagine parziale e, forse, poco obiettiva. Troppe insinuazioni e pettegolezzi si sono fatti, senza alcun riscontro oggettivo, che hanno confuso le indagini su un delitto rimasto ad oggi impunito. Non si è soffermati sulle contraddizioni dell’amico, figura enigmatica nell’inchiesta legata alla vittima da una fratellanza viscerale, né sull’ipotesi di un bracconiere. Infatti, la zona teatro dell’omicidio è conosciuta per la caccia al cinghiale: praticata venatoria esercitata da numerosi cacciatori del luogo. Nessuno di loro è stato mai sentito dagli inquirenti”.

Troppi sono gli aspetti e le contraddizioni nell’omicidio di Antonio Mottola che andrebbero riviste e analizzate di nuovo. Il colpo di fucile, calibro 12, ad esempio, sarebbe stato esploso a una distanza di circa 100 metri, non incompatibile con un appostamento utilizzato per la caccia al cinghiale. “Non sappiamo ancora se il colpo è stato esploso mentre l’auto era in movimento e neppure che marcia era inserita. Troppi sono gli aspetti da chiarire per non chiudere frettolosamente il caso come omicidio senza autori – aggiunge l’avvocato Ezio Catauro – Chiediamo che vengano riaperte le indagini sugli aspetti trascurati, di insistere sui punti oscuri della vicenda e sulle contraddizioni emerse nel corso degli interrogatori delle persone informate sui fatti”.

C’è una cognata dell’autista ucciso che rivela di avergli parlato in un sogno. Antonio Mottola l’avrebbe rassicurata: “ non ti preoccupare, a breve sarà scoperto il responsabile del mio assassinio”. E i sogni sono premonitori. Chissà che questo omicidio avvolto nel mistero non vanga chiarito una volta per tutte. Massimiliano Lanzotto

Cronaca Vera – n. 1972 del 23 giugno 2010, pagg. 8 e 9

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