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giovedì 7 febbraio 2013

Il coordinatore campano di "Fermare il declino" è Antonluca Cuoco. La mamma è di Altavilla Silentina



Si, in effetti mia mamma è di Altavilla Silentina, dove ho i miei nonni (sono Antonio Pomposiello e Lucia Grattacaso di cerrocupo) e dove ho trascorso le estati da ragazzino e dove torno sempre a trovare nonni e zii, staccando dai ritmi che mi portano a sostenere ormai impegni non solo professionali ma anche personali e civili, da quando è nato il movimento Fermare il declino, di cui sono primo firmatario e coordinatore campano, ed ora anche candidato nelle liste di Campania2.
Nella vita ho avuto la fortuna di vivere 13 dei miei 33 anni all'estero, crescendo tra Etiopia e Svizzera e poi Uk per poi rientrare a salerno, mia città che amo e vorrei fosse sempre più europea e ricca di opportunità per i meritevoli che continuano a viverci, resistendo alla scelta di andare via.


Il Parco del Cilento, come va cambiato perchè da vincolo diventi opportunità?


Per quanto riguarda il Parco, sicuramente un punto tra i più importanti sono le potenzialità in termini attrattivi (turismo) di un bene Unesco. Tra l'altro sul sito del Parco si scrive esplicitamente: "Il Parco dunque, in applicazione delle direttive del programma MAB-UNESCO, dovrà esercitare, oltre ai suoi compiti istitutivi, una specifica funzione promozionale e socio-economica che tenga anche conto delle interrelazioni tra beni culturali e beni naturali". E' su questi aspetti che bisogna puntare: promozione del territorio con importanti ricadute in termini occupazionali ed economiche. 
Altro tema centrale è legato alle forme di gestione. Mi pare che attualmente l'Ente Parco sia gestito alla stregua di un ente pubblico: le forme di governance hanno un impatto molto importante sulla gestione. Quindi andrebbe cambiata forma giuridica e statuto per ottenere una gestionale imprenditoriale e aperta a soggetti privati, for profit e no profit.

la partecipazione di soggetti privati porterebbe nuove risorse in termini economici e di know-how. 
Ovviamente non stiamo parlando della vendita del bene (il bene rimarrebbe di proprietà pubblica) ma cambierebbe la gestione, orientata alla efficienza.

Consentimi ora di allargare il giro di commenti ad un nostro aderente e candidato cilentano – Attilio Bianco – che sul tema ha idee precise che condivido e trovo preziosi spunti:
Bianco: Sul tema Parco, la questione di fondo è che non si è mai capita l'importanza di far parte di un parco nazionale. Così come è stato congegnato, il Parco del Cilento non ha fatto altro che duplicare funzioni (che quindi sono divenute vincoli) già svolte da altri enti. Non è immaginabile che un permesso per costruire (e non parlo di fabbricati civili, ma industriali) debba essere soggetto a doppie o triple autorizzazioni: comune/sovrintendenza/parco/autorità di bacino/etc.
La mancanza di una visione strategica di lungo periodo ha fatto si che si sviluppasse l’equazione turismo = mare e “fitta-case estive”, guardando troppo ad ovest e pochissimo ad est, verso le montagne e l’interno. La quasi totale assenza, salvo rare eccezioni, di strutture alberghiere degne di tale nome, è la testimonianza chiara che di turismo si è capito poco o niente. Ci si è accontentati di affittare la seconda casa al mare, magari avuta in eredità, invece di concentrarsi sui servizi turistici, e adesso i nodi sono venuti al pettine. Le tonnellate di fondi europei caduti a pioggia per incentivare il turismo, hanno prodotto solo un proliferare di fantomatici agriturismo, incapaci di generare un flusso turistico rilevante, soprattutto a causa del ristretto numero di posti letto per singolo operatore.

Operai forestali e comunità montane. Linee per un riordino perchè non continuiamo più, nel Cilento, a buttare soldi dalla finestra...
La politica non ha mai saputo, o forse non ha voluto, mostrare ai cilentani (popolo poco incline alla collaborazione volontaria) che un Cilento diverso è possibile. Anzi, i politici locali hanno utilizzato le divergenze tra gli abitanti per ottenere vantaggi personali, gestendo la cosa pubblica in maniera feudale e padronale, e lasciando accrescere sempre più il gap tra il Cilento ed il resto d'Italia. La politica ha troppo pesato sul Cilento, facendolo affondare.
Non c'è da meravigliarsi se abbiamo avuto le comunità montane sul mare e le unioni di comuni costituite da comuni già facenti parte di una comunità montana. Col risultato che nessuna funzione è stata mai realmente accorpata, ed è aumentato sempre più il numero di dipendenti assunti senza una funzione. Con il risultato che adesso abbiamo intere generazioni di persone poco inclini al lavoro, in quanto abituate a vivere grazie a trasferimenti pubblici più o meno diretti. Per fare meglio, sarebbe bastato emulare il comportamento di altri parchi nazionali, penso a quello della Sila, in cui i forestali svolgono un ruolo vero di controllo, di cura e di arricchimento del territorio.
L'ingente peso pubblico e la scarsa attitudine alla collaborazione, hanno portato alla distruzione o comunque al mancato sfruttamento di quelle risorse che un tempo sono state la fonte di reddito principale per i cilentani: fichi, olio, castagne, sottobosco.
Per le occasioni perse in passato, la colpa può essere imputata all'incapacità dei produttori locali di fare gruppo e di fare massa critica, quindi di imporsi sul mercato con i prodotti cilentani di qualità elevatissima. Ma oggi, in cui le nuove tecnologie di informazione e comunicazione potrebbero premiare anche chi opera in solitario, problemi come la carenza di infrastrutture, il digital divided, la burocrazia, l’elevatissima pressione fiscale (di cui la politica ha la piena colpa) fanno sentire troppo il loro peso.


 

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