di ORESTE MOTTOLA
Due,
cinque o dieci milioni già spesi per una Roscigno vecchia che, nonostante tutto, continua a cadere
a pezzi? “La verità è che negli anni passati sono stati spesi svariati milioni
di euro da parte della precedente amministrazione Mazzei, all’incirca dieci
milioni, affidando incarichi a persone, il più delle volte, vicine a lui. Basti
l’esempio dell’affidamento dello studio di fattibilità di Roscigno Vecchia alla
figlia del consigliere regionale Gennaro Mucciolo, suo politico di riferimento.
Appena finirà la campagna elettorale costituirò un gruppo di lavoro per
verificare come sono stati spesi i soldi a Roscigno Vecchia e se hanno portato
risultati concreti alla comunità”. Il consigliere regionale del Lazio Pino
Palmieri aveva promesso chiarezza con un’intervista rilasciata al sito
d’informazione ondanews.it che è molto vicino alla locale Banca di Credito
Cooperativo. Pino Palmieri combatte a Roma, si gioca la storia del vitalizio al
quale ha rinunciato, il paese può aspettare. Nel frattempo a muoversi è la vis
polemica di Domenico Cavallo, blogger e attivista politico fin da quando
portava i calzoni e a Persano prendeva parte all’ultima lotta contadina. Nell’ultima
campagna elettorale comunale è stato vicino all’uomo di Maurizio Gasparri, Pino
Palmieri. Anche lui fa eco alle accuse di sprechi da imputare alle gestioni
targate Mazzei: “Roscigno Vecchio, spesi circa 10 Milioni di euro di soldi pubblici,
oggi muore soffocato dai fondi pubblici spesi male. La Pompei del 900, un tempo
orgoglio dei politicanti da “strapazzo” con il tempo è diventata un pozzo di
San Patrizio, tradendo cosi il mandato dei cittadini, la storia e le radici di
un popolo di contadini- “scarpe roppie e cervello fino”. Analizzando i
risultati dopo gli ultimi interventi, ecco le conclusioni: Risultati
occupazionali= zero, fruibilità del bene=zero, incremento turistico= zero,
Borgo Antico=Abbandonato anche dal punto di vista affettivo”. Così Cavallo. Il caso di Roscigno andrebbe fatto studiare
nelle migliori università del mondo. Non c’è differenza di pensiero economico
professato: destra o sinistra, neokeynesiani e vecchi liberisti. Quanto più
aumentano gli investimenti pubblici tanto diminuiscono i residenti, il loro
reddito e le loro conseguenti attività economiche. I numeri della demografia
sono impietosi: Nel 1999 con 1.038 si è sopra quota mille, nel 2008 si scende a
884 con un secco meno 15%, oggi si è a 680: crollo totale da portare a meno
36%. Nel frattempo però i soldi arrivano e si spendono. Dove vanno? Ecco duecentomila
euro solo per dare inizio a uno studio di fattibilità per il recupero dell’antico
abitato dove accanto alle società romane Motus Media e Ares scende in gioco uno
squadrone di tecnici: Giarletta, Faccio e Martini. A loro vanno aggiunti altri
due nomi piuttosto noti in zona: Tania Mucciolo, figlia del consigliere
regionale Gennaro, già presidente del parlamentino campano, con Domenico
Nicoletti, già potente primo direttore del Parco del Cilento. A loro va l’incarico
di redigere il piano di gestione e valorizzazione mirato alla progettazione. Si
tratta della cornice di un quadro che aspetta ancora di essere dipinto. "Qui è piovuta una montagna di denaro -si
arrabbia Katiuscia Stio, brava giornalista locale-, e si è persa la testa: non
hanno saputo gestirla". E’ difficile contraddirla la Stio. Il giocattolo
fa gola a tutti e scatena una lotta politica locale senza quartiere. Nel film
sono tanti a rivendicare il loro ruolo. Nei
primi anni del 2000, spuntarono perfino gli americani, pronipoti di paesani
emigrati. Tornati a Roscigno per un'estate, si innamorarono delle case dei
nonni. Volevano tenerle in vita. Uno di loro, più intraprendente, Tom
Resciniti, ha perfino creato una Fondazione e, via internet, rintracciato i
roscignoli dispersi per il mondo. Con una piccola somma (meno di 20mila
dollari, a prestare fede alla Pro loco) hanno finanziato il recupero di due edifici.
I soldi per "salvare" il paese affluiscono copiosi. Le cifre che
girano non sono verificabili al 100%. Per sette anni, dal 2000 in poi, a dar
retta ai bene informati, sono piovuti dall'Unione europea dai 5 ai 12 milioni
di euro. Ci sono le tracce di tre milioni e mezzo: 999mila destinati alla
"messa in sicurezza del centro storico", 481mila al restauro di
"un edificio del borgo rurale" (più altri 70mila aggiunti dal Comune)
e 78mila per la sistemazione del sentiero pubblico Casalicchio, invaso da una
slavina di pietre in uno degli ultimi inverni. L’ultimo governo regionale di Bassolino è
assai prodigo: Roscigno Vecchia, maledetta dalla frana, è benedetta dai soldi. Si
scatenano i sospetti sulla regia dei flussi finanziari. Gennaro Mucciolo, ex
sindaco della vicina Castel San Lorenzo, è sulla bocca dei politici del
centrodestra roscignolo che l’accusano di tirare i fili di tutto. Progettazioni
e appalti. Accuse appena sussurrate e mai messe per davvero nero su bianco.
Pino Palmieri accusa la stampa locale di essersi rifiutata di fare chiarezza. Inverte
i ruoli, il politico – poliziotto. Troppo semplice fare così. Nel frattempo i
veleni sono tanti. L'ex soprintendente Mario De Cunzo, vero protagonista di questa
rinascita torna nella vecchia Roscigno dopo trent'anni e sussurra: "Forse
era meglio lasciarlo morire in pace". I restauri appaiono scoordinati,
privi di un progetto, di un'idea. Le antiche finestre sono sostituite da
vetrate. Si ricostruiscono scale per raggiungere il tetto di un’abitazione:
diventano impraticabili pochi mesi dopo. Le case in rovina rischiano di
trascinarsi dietro quelle appena consolidate. "I guai sono cominciati quando qualcuno
ha pensato che si potevano fare i soldi con quelle case in rovina", ti
dicono i bene informati e ti raccontano di strani incendi nelle case di chi non
voleva acconsentire a che una pioggia di soldi si potesse ricavare dalle povere
rovine delle case dei propri avi. In
questo spicchio di Campania, a novantanove chilometri da Salerno, tra i Monti
Alburni, il Cilento, il Vallo di Diano e la valle dei templi di Paestum, gli
animi si sono fatti aspri. “Benvenuti a
Roscigno, paese dell’olio”, dice il cartello all’ingresso. Non c’è un accenno al
patrimonio storico che spinge fino a qui, ogni anno, decine di americani alla
ricerca delle loro origini e migliaia di visitatori, ventimila nelle annate
buone, provenienti da tutto il mondo, nel borgo medioevale abbandonato di Roscigno
Vecchia, riconosciuto dell’Unesco patrimonio dell’umanità. Un altro Palmieri, Franco,
presidente della pro loco dal 1983, anno della fondazione, ne parla scoraggiato
perché in tanti anni il paese non è mai riuscito a realizzare un progetto
sinergico di gestione turistica. «Ognuno va per conto suo - dice - anche nella
ripartizione dei finanziamenti statali, europei, dell’ente Parco e della
regione Campania. I fondi sono pochi e distribuiti a piccole dosi, spesi per
progetti diversi e distanti tra loro e per questo non si nota alcun risultato.
Io dico di puntare a un consorzio misto pubblico privato che si autofinanzi per
poter garantire servizi ai visitatori e custodire l’area. Solo allora Roscigno
Vecchia potrà godere, a pieno, del titolo di “Pompei del ‘900”, definizione che
gli attribuì nel 1980 il sovrintendente di Salerno, Mario De Cunzo».
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domenica 24 febbraio 2013
Quanti soldi ha finora inghiottito Roscigno Vecchia?
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