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martedì 29 maggio 2012

Campora, un film riapre il caso di don Feola il prete ucciso dal brigante Tardio “Padre Giuseppe Feola deve morire



ORESTE MOTTOLA orestemottola@gmail.com
Campora, l’omicidio in pubblico, compiuto 150 anni fa,  del monaco Feola da parte dell’avvocato capobrigante Tardio sta per diventare un film. Lo dirigerà Massimo Smuraglia, direttore della scuola di cinema di Prato e figlio del presidente nazionale dell’associazione dei partigiani. Facile prevedere come “il caso Feola” sia destinato a riaprirsi. Innanzitutto perché una parte del suo paese volle o accettò inerte l’uccisione di un uomo quasi in odore di santità. “Tu devi morire perché quest'ordine mi è venuto da Roma”, Tardio così motivò la sua volontà di fucilare padre Feola. Poco prima gli aveva chiesto una cifra enorme, duemila ducati, poi finanche di inneggiare a Francesco II di Borbone, per aver salva la vita. Il cappuccino resiste sprezzante. Tardio getta la maschera e ammette che Feola “deve” morire per forza. Punito per il libro scritto contro il potere temporale della Chiesa?

Catturato in casa sua
Siamo Campora, il 3 giugno del 1863. Era di mercoledì. Il religioso i briganti vanno a prenderlo direttamente casa. In piazza improvvisano una sorta di processo popolare. Sono tranquilli, sanno di controllare tutta l’Alta Valle del Calore. Il Cervati allora era come il Supramonte. A Campora risiedono i migliori tiratori di fucile della zona. I briganti festeggiano per l’intera giornata. Comanda davvero Tardio l’avvocato. E’ stato liberale, per motivi politici si è fatto anche un anno di carcere sotto i Borboni, con l’Unità d’Italia fa domanda come ispettore di polizia e quando, nel 1862 lo accettano, lui è già capobrigante sui suoi monti. Vendette di paese lo avevano travolto e convinto a passare dalla parte opposta. Ha 29 anni, è giovane e  irruente. Vito Antonio Feola è un cattolico liberale e popolare. Con i suoi cinquant’anni ai tempi è un anziano. E’ solo, non ha mai messo nel conto di doversi difendere con le armi.

“Uomini bruti, che siate maledetti fino alla settima generazione”!

Una bella figura, il cappuccino Feola. Un vero filantropo illuminato: aprì la prima scuola pubblica del Cilento e la società di mutuo soccorso. Coltissimo: traduceva dal latino e dal greco senza l’uso di vocabolari. La Divina Commedia la conosceva a memoria. Un grandissimo oratore: le sue prediche erano impregnate di profonda fede religiosa e di patriottismo. Controcorrente: da prete aveva scritto un libro contro il potere temporale del Papa. Quando era nel suo paese si sentiva protetto. Mai avrebbe immaginato che Tardio era li per lui, chiamato da cittadini della sua  Campora. “Uomini bruti, io vi maledico fino alla settima generazione”, così padre Giuseppe, il suo nome da frate, secondo la versione ancora oggi tramandata a Campora, gridò proprio ai suoi compaesani che vedendolo barcollare gravemente ferito dalle pallottole ne pretesero la morte immediata. L’avvocato brigante inferse un’ultima e decisiva sciabolata. Il sostegno della piazza lo eccitava ancora di più alla ferocia. Quella giornata sembrava cominciata sotto un altro segno. Da una cronaca locale: “I briganti avevano fasce rosse ai cappelli e molti cittadini erano andati loro incontro. Il giorno dell´invasione – come sostenne il giudice Guerriero al processo -, Carlo Veltri e Andrea Perriello andarono incontro alla banda per la strada di Santa Maria e si abbracciarono e si baciarono "in segno di antica amnistia e di vecchia conoscenza". La banda di Tardio era composta da 33 persone, fu accolta trionfalmente e l´indomani mattina, eccitati dall’eccidio di Feola, conquistati dal fascino brigantesco e antiunitario, circa quaranta cittadini la seguirono”.

Il giorno dopo arriva la disfatta di Magliano Nuovo

La maledizione di padre Feola non porterà bene al piccolo esercito dei briganti chiainari: fin dal giorno dopo, a Magliano nuovo, comincia la serie degli insuccessi che si concludono con la completa disfatta. Tardio quella sera non sa che ha i giorni contati come “comandante”. Ferita ancora aperta, questa dell’uccisione di Vito Antonio Feola, nel piccolo ma delizioso paese, più dell’Alto Cilento che della Valle del Calore. Eppure di tempo ne è passato. Questo è l’anno 149, oltre sei generazioni sono passate, un tempo assai lungo nella storia di una comunità.  Quella maledizione tiene sempre banco. “Sono sei generazioni, manca ancora la settima”, spiega Turibbio Feola, il pronipote che ancora oggi custodisce la stanzetta dell’antenato. Campora è "covo di bruti più chè uomini" ci va subito giù il procuratore generale del re presso la Corte di Appello di Napoli durante" durante il processo per quei fatti.

“Non è tempo per eroi”, arriva il film di Massimo Smuraglia

Tutta la storia ora si appresta a diventare un film grazie al regista toscano Massimo Smuraglia che di questa strana storia se n’è innamorato grazie ai racconti di un suo vicino di casa, il medico Angelo Galzerano, carattere scoppiettante e natali a Campora. Smuraglia, che dirige la scuola di cinema di Prato intitolata ad Anna Magnani, è anche un appassionato studioso del contributo che il cinema italiano ha fornito nella rappresentazione del Risorgimento. Fin dai tempi del cinema muto. Per giungere a Blasetti e Visconti. Smuraglia fa sul serio con le riprese fissate già dal 21 luglio al 5 agosto, la sceneggiatura già scritta e basata su 43 scene. “Ho bisogno ancora di attori, mandate i vostri curriculum a info@scuoladicinema.org, con una foto e un curriculum”. In paese sono in molti a darsi da fare per trovare i soldi necessari per coprire almeno le spese. Un finanziamento è arrivato già dalla provincia tramite l’assessore Marcello Feola, 2000 euro. Angelo Rizzo, presidente della comunità montana, è anche lui un sostenitore attivo dell’idea da oltre dieci anni. Un atto dovuto da parte di parenti di padre Feola? “Che c’entra – dice Rizzo – gli esperti parlano di historical reenactment e living history come strumenti privilegiato per il lancio turistico di paesi dimenticati e devastati dallo spopolamento e c’è chi si attarda ancora su questo? E se qualche altro mio parente probabilmente fu dall’altra parte. E allora?”. E torniamo a padre Feola. Padre Giuseppe Feola, al secolo Vito Antonio, nacque a Campora il 23 maggio 1813. Fu allievo del Vicario Foraneo di Gioi e di Don Saverio Guida di Stio che ne apprezzarono le eccellenti doti intellettuali e religiose e lo spronarono a proseguire gli studi. Devotissimo di San Francesco d'Assisi, ne studiò le opere che lo corroborarono nella fede e gli aprirono le porte dell´ordine cappuccino, di cui indossò il saio. Si distinse nella dedizione totale al servizio dei poveri che necessitavano di aiuto materiale e spirituale. E di imparare a scrivere e a leggere.

Ancora misterioso il vero mandante. Un ordine venuto da Roma?

Resta il dilemma: le varie ricerche storiografiche pur accurate come quella di Infante non hanno ancora illuminato il vero movente dell’omicidio Feola. Lo stesso Tardio dopo la cattura a Roma nel 1870, grazie a una soffiata del compaesano Nicola Mazzei, si difende così: "io non sono colpevole di reati comuni poichè il mio stato, il mio carattere e la mia educazione non potevano mai fare di me un volgare malfattore; io non mi mossi e non agii che con intendimenti e scopi meramente politici; talchè non si potrebbe chiamarmi responsabile di qualsivoglia reato comune che altri avesse per avventura perpetrato a mia insaputa contro la espressiva mia volontà e contro il chiarissimo ed unico scopo per cui la banda era stata da me radunata". L’autodifesa di Tardio, applicata al caso Feola, allontana i sospetti legati alla richiesta dei duemila ducati di riscatto e rimette in gioco l’ipotesi della vendetta vaticana. Una storia da riscrivere per dare a padre Feola l’onore che merita con un film, con il ciak dato dal direttore della scuola di cinema intitolata a Anna Magnani. Per un sano neorealismo in salsa cilentana.      

1 commento:

  1. Non si è mai pensato che il movente dell'omicidio di Padre Giuseppe sia collegato agli ammanchi che il frate scoprì all'epoca nelle casse del comune di Campora e alla sua minaccia di rendere pubblica la cosa?
    Gli storici sono a conoscenza dei fatti?

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