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mercoledì 5 novembre 2008

Il personaggio: Don Ulderico Buonafine - 3


di Oreste Mottola

Pate III - Il CARNEVALE, la RELIGIONE, il MULINO

IL CARNEVALE - Carnevale era il periodo di massi ma creatività per don Ulderico Buonafine. Finalmente poteva dar libero sfogo alla sua fantasia ed alla sua voglia di trasgressione, senza problemi do sorta. Per meglio operare si serviva di una base operativa via Municipio {al piano superiore di dov'è oggi l'Associazione "Altavilla Viva"), che per il resto dell'anno era della "Filarmonica" che dirigeva con Romeo Califano, una scuola popolare di musica. All' organizzazione del Carnevale con lui lavoravano alacremente fino a 30 persone. Si ricordano ancora le epiche spaghettate di fronte all'attuale Municipio", con la pasta servita negli orinali! Si dava vita poi al corteo che attraversava le principali vie del paese; con Don Ulderico vestito da prete, e che nel benedire tutte le case si soffermava in particolare sotto quelle abitate da belle ragazze, qui srotolava l'originale scala dell'amore, una scala che chiusa era meno di un metro ma che, srotolata, si alzava fino a 3 metri! Facevano parte del corteo anche altri personaggi con Biagino Leone (detto Coria), che precedeva il corteo battendo un tamburo per richiamare l'attenzione del popolo e per invitarlo a riunirsi nella piazza principale per assistere al "Rito". Il tutto si concludeva con il fantoccio di Carnevale, che, dopo essere stato operato, e quindi tirare fuori le interiora di vitello allo scopo di creare disgusto nei più delicati di stomaco, certificatane la morte, veniva dato a fuoco e contemporaneamente si procedeva a leggerne il Testamento. Questo era l'unico momento in cui i pochi potenti del paese venivano sbertucciati nei loro grandi e piccoli peccati. Solo a don Ulderico era concessa questa irriverenza!

LA RELIGIONE Don Ulderico non era un credente. Nell' Altavilla di quegli anni era una davvero una scelta controcorrente, difficile e foriera di guai per chi la professava. Alla base delle sue convinzioni c'erano soprattutto gli anni passati in Seminario e quella cultura da enciclopedista, di forte impronta positivista, e per quel tanto di dannunzianesimo, per la ricerca costante del "piacere" della vita, che non poteva certa mente accostarlo alla pratica religiosa. La sua prorompente personalità gli impediva anche l'ipocrisia di una religiosità di convenienza. Gli piacque anche "giocare col Diavolo" con le pratiche spìritiche ed un'intera vita da "dandy". Lui ci teneva a non farsi notare e nello stesso tempo a non uniformarsi alla massa. Perché il suo vero elemento di distinzione era in quel suo particolarissimo modo di vivere. E vestiva anche in un modo "adeguato" al suo ruolo. Poi tutto di lui è diventato un romanzo.

IL MULINO. Il Mulino fu fondato nel 1908 dal padre Valdimiro. Con l'emigrazione in America del fratello Felice tutto il peso passò ad Ulderico, tornato ad Altavilla, dopo un soggiorno brasiliano di parecchi anni. L'impianto era "a palmenti" e funzionava con il gassogeno, un ingombrante maxibruciatore che tra sformava il carbone in gas povero o misto. Il Mulino dava lavoro a molta gente e sotto la direzione della moglie Maria Lettieri, c'erano Maddalena Capaccio, con Rosario e Donatina Cafaro e tanti altri lavoranti. Don Ulderico preferiva stare alla cassa ed alla pesa. Il motore del molino pesava 7 q. li e sviluppava 20 cv. di potenza per 200 giri al minuto. Nel 1940 il Mulino fu rinnovato e trasformato in elettrico perché, finalmente ad Altavilla, c'era la corrente elettrica trifasica, conosciuta come "forza motrice". Non ben conosciuto è l'eroico contributo dato da don Ulderico Buonafine con il suo Mulino durante gli anni dell'ultima Guerra. Con il paese distrutto ed una popolazione stremata c'era anche il razionamento alimentare e severissime sanzioni fino alla fucilazione toccavano al mugnaio che osava macinare grano che fosse eccedente la quantità stabilita dalla "tessera", il razionamento pro capite da fame. Approfittando della vicinanza della fontana del Convento, dove le donne andavano a lavare la biancheria ponendosi grossi cesti sulla testa, sia all'andata che al ritorno le stesse s'infilavano velocemente nelle porte del Mulino e, dopo aver portato il grano, ne ritiravano la farina. Un sistema di avvistamento era in funzione per difendersi da carabinieri ed eventuali malintenzionati. C'è da dire che mai il Buonafine speculò su tale attività e il prezzo della macinazione era quello dei tempi di pace. Fu grazie a lui che tanti nostri concittadini letteralmente non morirono di fame.

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