di Oreste Mottola
Parte II - L'OFFICINA
Nel 1922 fondò l'Officina Meccanica dalla quale uscirono quelle catose che sono state cantate da Padre Candido Gallo nelle Novelle dell’Acquafetente, pompe per le presse idrauliche e tanti frantoi per le olive. Da qui uscirono anche le tante ringhiere e finestre a botte in ferro battuto senza alcun punto di saldatura che adornarono le case più pretenziose di Altavilla e dei paesi vicini. In questo laboratorio lavorarono molti meccanici che avevano imparato il mestiere nelle più importanti fonderie ed officine meccaniche di Fratte di Salerno: dai vietresi Giovanni Gaeta e Giuseppe Ancellotti, il salernitano Michele Rago, l'albanellese Vincenzo Sabatini e gli altavillesi Luigi Zita e Donato Lauria. L'ultimo fu il battipagliese Americo Saviello, che sarà coinvolto nell'affaire della zecca clandestina e sposerà l'altavillese Angelica Guerra. Ulderico Buonafine, fu, indubbiamente un grosso talento in anticipo sui tempi e quindi incompreso. Ma anche un musicista come Mozart ed un filosofo come Giovambattista Vico, non ebbero in vita i riconoscimenti che il tempo gli ha poi dato! Si ricorda ancora un’ingegnosa innovazione che fece al dispositivo del Mulino che regolava la caduta graduale del grano. Appena la perfezionò si affrettò a mandarla alla ditta costruttrice che l'accolse prontamente. L' "Officina Meccanica Ulderico Buonafine Altavilla Silentina" , questo era il nome ufficiale dell'opificio, fu poi fittata ad Alfonso Verruccio. GLI AMICI La sua giornata aveva una precisa scansione. A mezzogiorno smetteva di lavorare per tuffarsi in quel suo mondo era racchiuso in una piccola cerchia di amici composta dal cugino Gennaro Ricci, i medici don Carlo ed Achille Sassi, Gaetano Guerra, Romeo ed Angelo Califano, Gennarino Bracco, Antonio Morra, Alberto Tancredi e Gaetano Cimino che usavano la vecchia piazza Antico Sedile come salotto di casa. Qui trascorrevano il loro tempo tra una partita di scopone, scopa e tressette. La sera si trasferivano al Mulino, dove si organizzavano banchetti e serate piene di musica. Lui stesso era un provetto suonatore di chitarra. Il migliore sulla piazza d’Altavilla. La vita paesana era allora scandìta dalla febbrile attività delle cantine di Ciccio Suozzo, Vito Di Lucia, Ferdinando Cancro, Daniele Guerra, Carmelo Nigro, Paolo Molinara e Antonio Belmonte. Erano chiamate ironicamente chiese ed ognuna, per vicinanza, ne aveva il nome. Era un innocente sotterfugio per poterne parlare in pubblico anche se in maniera cifrata per esempio quella di Carmelo Nigro diventava "il Carmine" dal l'omonima chiesa. In quella di Molinara una mattina comparve quest’avviso in rima, dettato addirittura sembra dal maestro Galardi: "Il sole qui risplende. Il buon vino qui si beve. Favorite ed allegri entrate. Di politica non parlate. Non bestemmiate. E prima di uscire pagate". Erano i bar dell'epoca. Qui si tra scorreva il tempo libero, prima dell'arrivo in massa della TV in ogni casa. In esse, oltre al vino, si servivano "semenzelle", nocelle americane, ceci e lo "sfriuonzo" di maiale.
Parte II - L'OFFICINA
Nel 1922 fondò l'Officina Meccanica dalla quale uscirono quelle catose che sono state cantate da Padre Candido Gallo nelle Novelle dell’Acquafetente, pompe per le presse idrauliche e tanti frantoi per le olive. Da qui uscirono anche le tante ringhiere e finestre a botte in ferro battuto senza alcun punto di saldatura che adornarono le case più pretenziose di Altavilla e dei paesi vicini. In questo laboratorio lavorarono molti meccanici che avevano imparato il mestiere nelle più importanti fonderie ed officine meccaniche di Fratte di Salerno: dai vietresi Giovanni Gaeta e Giuseppe Ancellotti, il salernitano Michele Rago, l'albanellese Vincenzo Sabatini e gli altavillesi Luigi Zita e Donato Lauria. L'ultimo fu il battipagliese Americo Saviello, che sarà coinvolto nell'affaire della zecca clandestina e sposerà l'altavillese Angelica Guerra. Ulderico Buonafine, fu, indubbiamente un grosso talento in anticipo sui tempi e quindi incompreso. Ma anche un musicista come Mozart ed un filosofo come Giovambattista Vico, non ebbero in vita i riconoscimenti che il tempo gli ha poi dato! Si ricorda ancora un’ingegnosa innovazione che fece al dispositivo del Mulino che regolava la caduta graduale del grano. Appena la perfezionò si affrettò a mandarla alla ditta costruttrice che l'accolse prontamente. L' "Officina Meccanica Ulderico Buonafine Altavilla Silentina" , questo era il nome ufficiale dell'opificio, fu poi fittata ad Alfonso Verruccio. GLI AMICI La sua giornata aveva una precisa scansione. A mezzogiorno smetteva di lavorare per tuffarsi in quel suo mondo era racchiuso in una piccola cerchia di amici composta dal cugino Gennaro Ricci, i medici don Carlo ed Achille Sassi, Gaetano Guerra, Romeo ed Angelo Califano, Gennarino Bracco, Antonio Morra, Alberto Tancredi e Gaetano Cimino che usavano la vecchia piazza Antico Sedile come salotto di casa. Qui trascorrevano il loro tempo tra una partita di scopone, scopa e tressette. La sera si trasferivano al Mulino, dove si organizzavano banchetti e serate piene di musica. Lui stesso era un provetto suonatore di chitarra. Il migliore sulla piazza d’Altavilla. La vita paesana era allora scandìta dalla febbrile attività delle cantine di Ciccio Suozzo, Vito Di Lucia, Ferdinando Cancro, Daniele Guerra, Carmelo Nigro, Paolo Molinara e Antonio Belmonte. Erano chiamate ironicamente chiese ed ognuna, per vicinanza, ne aveva il nome. Era un innocente sotterfugio per poterne parlare in pubblico anche se in maniera cifrata per esempio quella di Carmelo Nigro diventava "il Carmine" dal l'omonima chiesa. In quella di Molinara una mattina comparve quest’avviso in rima, dettato addirittura sembra dal maestro Galardi: "Il sole qui risplende. Il buon vino qui si beve. Favorite ed allegri entrate. Di politica non parlate. Non bestemmiate. E prima di uscire pagate". Erano i bar dell'epoca. Qui si tra scorreva il tempo libero, prima dell'arrivo in massa della TV in ogni casa. In esse, oltre al vino, si servivano "semenzelle", nocelle americane, ceci e lo "sfriuonzo" di maiale.
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