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lunedì 13 ottobre 2008
Luigi Morrone: la semplicità disarmante del “donarsi”
di Antonietta Broccoli
Chi dice che ad Altavilla Silentina non succede mai nulla di nuovo e di buono, in questo caso, ha torto marcio. Prima di tutto perché le novità fanno parte dell’ineluttabile processo dei giorni e concepire una vita senza il nuovo equivarrebbe ad averla già vissuta e poi perché la bontà e il bello appartengono all’uomo in quanto tale, se non altro almeno alle sue intenzioni. Il 23 agosto 2008, il Convento S. Francesco, come tutti gli anni, è stato testimone di un evento che ha suggellato l’ingresso di un giovane novizio, con la professione dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, nella congregazione dei Padri Vocazionisti fondata dal Venerabile don Giustino Maria Russolillo.
Stavolta, però, è stato diverso soprattutto per noi altavillesi. Eh, sì il nostro sarà pure un popolo sospettoso, litigioso, pettegolo, che sembra religioso perché fa mostra di devozione, come argomentavano, circa centodieci anni fa, i fratelli Alessandro e Antonio Ferrara nei “Cenni storici su Altavilla Silentina”, ma, guardando meglio, è un popolo che ha tante potenzialità e virtù, che ha annoverato tra le sue fila ingegni non comuni.
Degno figlio di questa Altavilla, incantata e disincantata che si staglia tra lo stupore bruno degli Alburni e la chioma vanitosa dei suoi ulivi d’argento, è Luigi Morrone, un ragazzo che non si è lasciato distrarre dalla spensieratezza della sua età e dai tanti falsi richiami della società moderna, ma che ha dato ascolto a una “chiamata” ben più alta e importante.
Grazie a questo invito d’amore, tutto acquista un senso più vero, ogni aspetto dell’essere è offerto e messo a disposizione per un fine superiore che disperde le abitudini e le passioni di un tempo. È come se gli occhi, il cuore e la mente riflettessero solo il cielo alla ricerca di una luce che non ha eguali, trepidando nella sua assenza come i prati aspettano la primavera per vestirsi a festa.
La vita si fa, allora, dono totale e infinito che apre all’Assoluto e chiude al relativo, al pressapochismo, all’uomo vecchio per divenire “uomo nuovo”.
Luigi ha avvertito forte in sé la vocazione ed ha maturato la sua scelta in quest’anno di noviziato svoltosi tra Altavilla e Holywell (Galles), scelta che lo porterà a intraprendere, già dagli inizi di settembre, gli studi teologici in un’università inglese.
Comprendere una simile decisione, in un mondo dove conta il successo, i soldi, il potere, dove tutto si assorbe nella logica del protagonismo e dell’io più cieco, è per molti difficile se non assurdo. Una realtà completamente priva di queste caratteristiche in cui Dio e non l’io sfrenato e orgoglioso trovi dimora stabile e calorosa è estranea all’uomo moderno che non ha più desideri e ideali.
Il progresso ha portato a indubbi miglioramenti per l’uomo in ogni campo, ma l’ha spogliato della sua anima, persa per strada tra i cocci dell’egoismo e della superbia… Vale la pena, allora, vivere una vita vuota senza il benché minimo raggio di sole? Quale senso attribuirle per essere veramente felice?
Chiediamolo a Luigi: nel suo sorriso è la sua risposta.
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