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lunedì 13 ottobre 2008

Come Giovanni ed Antonio risolsero il problema della bomba meglio che a Salerno…

Fra Trestagni e l’Antece racconti alla paesana

di Oreste Mottola

A Salerno hanno messo la città sottosopra per una settimana per via di una bombetta lasciata lì, da quei soliti perfidi degli inglesi, nel 1943. In un paese tra il Cilento e gli Alburni risolsero più rapidamente. E con una spesa neanche lontanamente paragonabile e senza dare fastidio, rinunciando perfino ad un misero trafiletto sul più scalcagnato dei giornali locali.
La storia non comincia più o meno così, vale a dire dal punto che l’ordigno bellico, adagiato nel portapacchi di un’utilitaria, arriva davanti ad una caserma dei Carabinieri. C’è l’antefatto, e che antefatto, con due capefresche l’avevano raccolta, in autonomia da qualsiasi forza armata, nei boschi. Come funghi ed asparagi cresciuti poche ore dopo la pioggia.
Il fatto accadde ai tempi di quando se suonavi al citofono della caserma dei carabinieri non ti rispondeva un anonimo centralinista della “Tenenza di Vattelapesca” ma direttamente il maresciallo. Non c’era lui, ci si trovava il carabiniere che era di piantone. O meglio, dalla finestra vedeva di chi si trattava, e si decideva sul da farsi. La caserma era chiusa per chi doveva denunciare il vicino che aveva sconfinato per un solco di terra, ma era sempre aperta, anche 24 ore su 24, per le urgenze.
I due davanti al portone, i protagonisti della nostra storia, il maresciallo li conosceva bene, ma capiamoci, perché l’incontrava al bar per una partita a carte, in qualche negozio. Per nient’altro. Incensurati lo erano, ma “conosciuti all’ufficio” risultavano per manifesta simpatia o anche per invidia per quella vita ricca di passatempi che avevano. Giovanni ed Antonio, ex operai di un’azienda agricola moderna sì ma chiusa da decenni. La maggior parte del loro tempo era libero “Marescià, vieni, ti dobbiamo far vedere una cosa. A voce non ti possiamo spiegare” gli dicono appena l’hanno a tiro d’orecchie. Se ne stanno fermi davanti alla loro auto, che ha il portellone posteriore aperto. Pensa ad un asparago insolitamente grande, un raro pesce di fiume, magari una carpa da tre chili, una volpe presa al laccio…il carabiniere. Gli hobby, non del tutto regolari sì tuttavia sempre innocui, che quei due portano. Le loro facce però sono sintonizzate sul pensieroso, gli si vede da lontano. Spegne la radio e scende il maresciallo. “Che avete combinato?”, grida a metà delle scale. La risposta non c’è e quando li raggiunge capisce. Butta lo sguardo nel portabagagli, e vede: “Ma questa… questa è una bomba…”, dice. L’ha fatta la guerra il vecchio maresciallo che nel paese spera di restarci anche in pensione. Le facce dei due impallidiscono. “L’abbiamo trovata a Trestagni…”. E raccontano: l’auto l’avevano fermata sul ciglio della strada principale sì, ma era un trucco, per evitare di segnalare ad altri come loro dove stessero e se n’erano andati a trovare asparagi in un bosco che dentro ed attorno ha anche campi coltivati. Non è una situazione infrequente da queste parti. O a funghi, origano, o a caccia, anche se è proibito. La vista e l’odorato sono i sensi fondamentali. E’ piovuto da poco ed un piccolo smottamento nel terreno fa vedere qualcosa d’inconsueto. C’è una macchia stranamente verdastra. Si mette a grattarla con il coltellino, quasi subito la parte metallica si fa sentire. Le storie dei tesori dei briganti nascosti quassù fanno il resto, e se non bastasse realtà di piccole necropoli delle antiche popolazioni lucane che da qui commerciavano con Paestum… In pochi attimi Giovanni si sente come Indiana Jones o Schliemann che ritrova l’antica Troia. Toglie il terreno attorno, poco alla volta, con estrema circospezione ed attenzione come vide fare una volta agli operai della Soprintendenza che vennero a dare luce a certe tombe medioevali a Querciacupa. Il grosso del lavoro l’ha fatto già l’acqua, basta togliere una pietra, pochi secondi ed un bel cono di ferro rotola fuori e se ne scende giù per la scarpata, per almeno venti metri. Il fruscio attira l’attenzione di Antonio: “Che cazzo c’è…”, sussurra più che gridare. Ce l’ha con la mania dell’amico di tirare pietre per spaventare i serpenti. “Scemo, quelli hanno più paura di te”, dice e si volta. E Giovanni: “Vedi un po’ che ho trovato”. Antonio si avvicina e già nelle prossimità dell’oggetto tira fuori la sua sentenza: “Questa è della guerra. E’ una bomba, cazzo”.
Più che i film visti in tv, o il servizio militare, in testa gli frullano quei cartelli che stavano sui muri delle scuole elementari degli anni Sessanta e che invitavano a lasciar stare “i residuati bellici” con certe immagini di scoppi mille pezzi e schegge in faccia a bambini troppo curiosi. Una cosa così te la porti dentro per la vita. Quella bomba, o che cavolo che fosse, l’avevano tirata via uno di loro. Tolta dal sonno dov'era caduta. E fatta rotolare. L’aveva ridestata. La prima reazione fu di andarsene, magari per poi dare l’allarme. Difficile spiegare il posto. C’era il rischio che qualche trattore, magari una ruspa, l’urtasse e la facesse esplodere. Per due ore i due se ne stettero lontano ma il timore di conseguenze future non li faceva star tranquilli. Il pensiero era sempre lì. Così ci tornarono sul luogo “del delitto” e si resero conto che con un po’ d’accortezza l’auto la potevano portare fin sotto il ciglio – siepe dove questa era andata a finire. Incoscienti, lo fecero. E poi? Costruirono una specie di piccola lettiga sul quale adagiarono la ferraglia. Che passò nel portapacchi. Due per cento volte incoscienti. Programma? “La portiamo in paese e chiediamo al maresciallo”. E veramente così fecero. Il maresciallo però in soli cinque secondi alternò la voglia di prenderli a ceffoni alla riflessione sul da farsi: “Cretini così come voi due non ne ho mai visti - non ce lo perse – però se la bomba la fermo qui, come dovrei fare, va evacuato l’intero paese, le scuole e quant’altro. Se dite di averla presa a Trestagni, avete fatto quasi 10 chilometri e non è successo nulla…mo’ lo sapete che fate? Vi mettete in macchina, e a motore spento, uscite fuori dal paese… a 5 all’ora… dove comincia il bosco della Spinosa… le case sono lontane… alla seconda curva, vi fermate piano piano e la scendete dietro ad un cespuglio…io vi seguo… ma distanza di sicurezza… vi chiamo io l’ambulanza se vi scoppia quella… ma tanto è inutile, voi morirete prima. Mannaggia a voi… e l'unico favore che vi faccio e che vi prego tutti i santi… ”.
Furono i loro tre – quattro minuti più lunghi della loro vita.
Qualche ora dopo i soldati specializzati venuti da Persano non si riuscivano a capacitare di come un ordigno di quella pericolosità, nonostante fosse stato scavato dal terreno dove aveva “dormito” per quarant’anni, tuttavia non era esploso.
“Per queste qua bastavano le vibrazioni di un tuono, delle altre bombe che scoppiavano”, confabulavano fra di loro. Il maresciallo sudava freddo…ma non lo dava a vedere. E non giocò più a carte con Giovanni ed Antonio.

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