Pubblicato su carta sin dal 1993, è uno dei più longevi periodici dell'area della Piana del Sele e Cilento. La Collina degli Ulivi online vuole essere ancora di più un luogo di informazione, ascolto e diffusione di idee, anche attraverso l'interazione in tempo reale con i suoi lettori in ogni parte del mondo.

lunedì 13 ottobre 2008

Nel paese del “zompa chi pote”


L'editoriale di Oreste Mottola

"Fuitevenne", consigliò una volta il grande Eduardo ai giovani della sua Napoli. Succede anche a me di consigliarlo sempre più spesso ai nostri giovani di talento che mi chiedono lumi non sul "cosa fare" da grandi ma sul "dove andarlo a fare" premesso che se così stanno le cose non potrà essere certo nel loro paese di origine. Aggiungo anche di farlo subito prima che l'età vi aggiunga dei legami che poi rischiano di intrappolarli sotto o sopra queste dolci colline. E' accaduto a me, non voglio che loro corrano lo stesso pericolo. Sì, ragazzi, fuitevenne prima che potete, perché anche chi ha oggi pressappoco l'età dei vostri genitori ed ha le redini del potere in mano anche per una prospettiva di rinnovamento del paese ha fallito clamorosamente, forse ancora di più delle generazioni precedenti. Otto anni di gestione ininterrotta della cosa pubblica vuol dire essere ben oltre la "fine dell'anno scolastico" che diversi anni l'amico Fernando Iuliano ci chiese di aspettare prima di redigere "le pagelle". C'è stato "l'esame di maturità", e la "media" è risultata decisamente bassa. Altavilla è un paese allo sbando e non s'intuisce neanche la direzione dello sviluppo futuro: agricolo? Industriale? Borgo dormitorio? L'unica cosa che è chiara è che siamo allo "zompa chi pote", ed i primi ad approfittarne, visti i i fatti che sono più che noti e sono ampiamente conosciuti. Lo fanno pure alla luce del sole, senza vergogna. Come, è più, del passato recente.
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I mesi prossimi saranno caratterizzati da grandi annunci che, immagino, saranno “sparati” prima della fine dell'anno. Sul Belvedere si potrà finalmente rimettere mano a dare un senso ad un quartiere che oggi senso non ha. L'Adsl è tra noi, bene e ci mancherebbe che non mi unisca all'applauso, ma si aspetta che poi Telecom la distribuisca all'utenza. La nota di ottimismo è che la questione è in mano a Salvatore Arietta, assessore che ha ampiamente dimostrato nota buona volontà ed impegno. Gli faccio i nostri auguri e gli assicuro il mio modesto sostegno, affinché il divario digitale di Altavilla possa essere colmato nel più breve tempo possibile. La questione, lo comprendono tutti, è di straordinaria importanza. Arietta è coscienzioso, e sono sicuro che si terrà lontano dal "modello" di quel suo collega che tanto s'impegnò – e ci riuscì – affinché il nostro paese fosse escluso dal progetto del Parco del Cilento che ha voluto legare i paesi dell'interno (anche quelli come Altavilla, ancora in lista d'attesa per diventare "area contigua") ad un albergo della costa, affinché insieme si gestisca un programma di promozione. Altavilla era stata associata all'Hermanos di Ponte Barizzo, ed i fratelli Marsico (gli imprenditori proprietari della struttura) ancora ci stanno aspettando per vedere il da farsi. Silenzio dal municipio nonostante il diluvio di fax, mail e perfino telefonata personale sul cellulare. Perché è accaduto? Boh, è un bel mistero. Oppure no. Un senso c'era. Vuoi vedere che intercettare quel bel po' di turisti che d'estate passano sulla Statale 18 e "dirottarli" verso Altavilla era sbagliato? A costoro poi cosa avremmo fatto vedere? Cominciamo dalla "A" di archeologia, arte ed ambiente? L'area di San Lorenzo? Abbandonata. Il fiume? Inquinato e depredato. Gli ultimi due chilometri di corso, prima di incontrare il Sele: sono uno scandalo. Le chiese di Altavilla – paese? A San Biagio abbiamo messo le porte di ferro dopo il furto. Cielo e Terra? Sempre più un rudere. I nostri bei boschi della Macchia, Chianca e Foresta? Sui primi due ogni tanto si affaccia l'idea di un taglio, per carità di valorizzazione "colturale", potere delle parole, mentre per la "Foresta" sembra ormai imminente l'avvio dei lavori. Non conosco bene la progettazione (nonostante abbia chiesto più volte delle pubbliche delucidazioni) e quindi – per il momento - non mi pronuncio sulle questioni relative all'impatto ambientale. Mi interessa invece avvertire che condurrò una battaglia senza quartiere affinché la gestione del teatro che vi sarà ricavato venga affidato alle migliori energie che questo paese esprime (due nomi su tutti: Alfredo Crisci e Tiziana Di Masi) e non invece – com'è abitudine dei nostri piani alti – al più raccomandato/a che hanno per le mani. Io non mi volterò dall'altra parte (come qualcuno ha fatto con me in una vicenda similare) e griderò forte affinchè non si cancelli il merito, il talento e perfino l'appartenenza a questa comunità, a favore di inconfessabili secondi e terzi fini.
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Mi piacerebbe – ed è il motivo per il quale scrivo questa nota – smettere di consigliare di andarsene altrove per i nostri giovani. Sogno un'Altavilla che faccia l'impossibile per trattenerli qui. Cominciando dal migliorare le offerte culturali e di divertimento. O dagli orari e dei percorsi dei bus scolastici, che sono più meno gli stessi di trent'anni fa. Mi piacerebbe trovare degli amministratori che di fronte ad una proposta come quella fatta a Carillia da Raffaele Barone, preside dell’Istituto Agrario “Fortunato” di Eboli, per una nuova scuola superiore dedicata alla lavorazione del latte vaccino e bufalino, da ubicare nella Piana altavillese, la facciano propria e non dimentichino disinvoltamente. Sì, sogno un'Altavilla dove nessuno dica più "O con me o contro di me", ma dove si scenda dal piedistallo e si chieda di fare dei pezzo di strada assieme, perché ciò è utile a tutti. E quello che è utile a tutti, poi va a migliorare anche la vita dei miei figli e dei parenti più prossimi. Il "familismo amorale" (coltivare l'interesse più immediato mio e magari della mia famiglia a scapito degli altri) è la dannazione del nostro sud. Sottosviluppo economico e civile, delinquenza organizzata: tutto comincia da lì. E' difficile sostenere che nel corso degli ultimi otto anni in questo paese non siano andati drammaticamente avanti fenomeni d'involuzione della nostra società. Inutile citare i fatti. Ed è per questo che mi piacerebbe vedere dell'altro in chi ci amministra. Oggi siamo prevalentemente alle "pubbliche relazioni" con "alte autorità" . So già che sarò gratificato dal solito sorrisetto di sufficienza. Guardate che mica mi arrabbio, dirò solo come Totò: "Lei è un cretino, s'informi…".

Atavilla piange Daniela Reina


Il ricordo del giovane medico altavillese stroncato da un tumore

di Emiliana Di Feo

Lo scorso diciassette settembre molti altavillesi, e non solo, hanno dato l’ultimo saluto a Daniela Reina, giovane medico che si era fatta strada da un rurale paesino della piana del Sele in una delle università più prestigiose d’Italia: l’Uninersità Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Infatti, in tale università non solo ha conseguito la laurea in medicina con ottimi voti, la specializzazione in psichiatria, ma stava concludendo anche il dottorato di ricerca che la impegnava, tra l’altro, in pubblicazioni, convegni e workshop in diverse regioni italiane.
Tuttavia, questi impegni accademici non le impedivano di svolgere con professionalità e disponibilità, nei confronti di colleghi e pazienti, l’attività di medico presso una clinica romana.
Tale percorso non è avvenuto per caso, ma rappresenta il frutto di una personalità tenace accompagnata da anni di sacrifici e impegno costante.
Daniela è stata mia compagna di scuola alle elementari. Con affetto ricordo i suoi lunghi capelli ricci e biondi e il suo coinvolgente sorriso.
Facile intuire che era tra le più brave a scuola. Intendiamoci, non era una secchiona avara di suggerimenti, anzi, non era raro che al mattino il suo quaderno passasse di mano in mano tra i compagni meno diligenti, per copiare i compiti. Ero sempre affascinata dai suoi temi e i suoi racconti ricchi di intrecci e colpi di scena, mai banali. La sua passione, infatti, era leggere e scrivere. Leggeva tantissimo. Scriveva poesie, fiabe, storie brevi e divertenti e lunghi racconti.
Aspetto che mi ha sempre colpito di lei era la mancanza di invidia nei confronti degli altri. Il suo animo si presentava sereno e prodigo di aiuto a chi lo richiedeva direttamente o indirettamente.
Ha sempre lavorato per sé e non per primeggiare.
Anche alle superiori ha dimostrato le sue capacità con eccellenti risultati e, infatti, molti docenti l’hanno stimata profondamente ricordandola come allieva eccellente.
La scrivente ha avuto la fortuna non solo di conoscere lei, ma anche la sua meravigliosa famiglia che l’ha formata e sostenuta secondo quei valori che fanno di una persona una grande persona: l’umiltà, l’onestà, il sacrificio e l’amore per il prossimo. Daniela, infatti, è vissuta circondata da persone, quali i genitori, i nonni, costantemente dedite al lavoro; che hanno saputo attribuire il giusto valore alle cose e al tempo. Tale insegnamento mi è confermato dagli stessi genitori che mi ricordano come la loro figlia si sia accontentata sempre di poco, che non inseguiva falsi bisogni come il possesso di capi firmati ma andava alla ricerca della sostanza e dell’essenza delle cose.
È questo il contesto in cui Daniela ha messo le radici per poi crescere forte, sicura e affrontare la vita con semplicità e dedizione.
Chi porta dentro di sé la presenza di Daniela non può che sentire viva la testimonianza dei veri valori e ricercare con maggiore consapevolezza il senso da dare alla propria vita.


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di Elisabetta Reina

Prima di andare via Daniela ha salutato la sua famiglia con un abbraccio e un sorriso ciascuno. Quanta lucidità, e quanto coraggio ha dimostrato per ogni istante della sua vita.
A soli trentadue anni ci ha lasciato, troppo pochi per coloro che l’hanno amata e troppo profondo il vuoto che ha lasciato nel cuore di tutti.
Ma Lei nella sua vita ha pensato a tutto e ha pensato anche di donarci un qualcosa, per cercare di attenuare l’immenso dolore di questo vuoto e per riuscire a dare un senso a tutto quello che è successo.
La scomparsa di una persona cara non solo provoca un profondo senso di tristezza ma induce a vivere una vita fatta di “perché”. Dany ci ha lasciato le risposte a questi infiniti perché e tali risposte sono nascoste in come lei ha vissuto e nei sani e saldi valori per cui Lei da sempre ha lottato - Dio, Amore, Famiglia - è certo però che solo il tempo darà a chi rimane la forza che Lei ha voluto farci ereditare. Fin da piccola Dany parlava con Gesù come se fosse il suo miglior Amico e il suo unico Confidente, così Lei viveva la fede, con umiltà e dolcezza. Anche durante i suoi ultimi mesi ci ha detto - non mi sento di chiedere niente a Gesù o di pregare affinchè io guarisca, Lui sa ciò che è giusto ed io mi affido.
Amore, è il concetto che riesce a racchiudere totalmente il Suo modo di vivere, Amore per la vita, Amore per il mondo, Amore per le persone, tutte. Ed è proprio questo grande motore che Le ha dato la spinta per lottare ed una reale ed eterna felicità. Lei non si è mai alterata veramente, mai con nessuno, mai per nessuna cosa. Solo una cosa La faceva star male e preoccupare ed era sapere o pensare che qualcuno delle persone a Lei care avesse qualche malessere: gli altri sono sempre stati al primo posto. La sua grande umiltà, la sua semplicità e la sua saggezza facevano di Lei un punto di riferimento per chiunque, fratelli, amici, cugini, parenti. Dany non conosceva l’invidia né la gelosia, era felice per ciò che aveva e le bastava veramente poco per accontentarsi e star bene.
Era una persona alla quale rivolgersi in ogni momento per ricevere una parola o un sorriso ma anche per un aiuto professionale, Lei infatti era un ottimo medico. Già a tre anni Dany aveva imparato a fare il dettato, a quattro scrisse la prima lettera a Babbo Natale chiedendo in dono dei libri. Ha sempre ottenuto il massimo dei voti a scuola, medico a 25 anni, laureata in una delle università più prestigiose d’Europa “Università Cattolica del Sacro Cuore” di Roma, psichiatra a 29 e aveva quasi terminato anche il dottorato di ricerca. Sempre dedita allo studio e al lavoro, con immenso rispetto nei confronti dei sacrifici dei genitori che con ogni mezzo Le avevano garantito una carriera universitaria.
In Famiglia Lei è sempre stata la più forte, generosa e disponibile, sempre. Era Lei a dar la forza alla sua famiglia. La sua malattia negli ultimi sei mesi La consumava ma Lei non ha detto mai di star male, quando i genitori, il marito e i fratelli Le chiedevano - come stai? - Lei rispondeva - bene, non vi preoccupate per me - e poi diceva - menomale che mi sono ammalata io e non i miei fratelli, Domenico è più piccolo di me e Betty è troppo magra per sopportare le chemioterapie.
Ricorderemo Daniela per sempre perché Lei vivrà in ogni cosa del mondo, esisterà nell’amore per un bambino, in un gesto di rispetto, nella voglia di lottare, nel coraggio di essere se stessi, nell’onestà tra due persone, nella fede in Dio.
Dany ci lascia una vita da vivere all’insegna dei suoi insegnamenti.


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Cara Dany,

sei sempre stata tu ad avere un pensiero per tutti, a dire la parola giusta nel momento giusto, ma ora sono io a voler dire qualcosa a te…
Avevo solo 11 anni quando ti ho conosciuto, ma ho capito subito che eri una persona speciale, il tuo sorriso rivelava tutta la tua timidezza e la tua bontà.
Per averti sempre al mio fianco ti ho chiesto di farmi da madrina di Cresima e da allora ti ho reso partecipe di tutte le mie scelte.
Ho frequentato il Liceo Scientifico come hai fatto tu, sono andata a studiare a Roma come hai fatto tu, ho scelto di vivere nello stesso quartiere che abitavi tu, ho scelto di curarmi la tiroide al Policlinico Gemelli dove lavoravi tu e perfino il ragazzo l’ho scelto tra le persone che tu frequentavi.
Sei stata per me un esempio di vita, non sarà facile continuare senza di te.
Nel nostro gruppo tu eri l’elemento di coesione. Tu organizzavi le cene, tu organizzavi le feste e tu davi l’input per fare sempre cose nuove. Sei stata la prima a trasferirti a Roma, la prima a fidanzarti, a laurearti, a sposarti e noi altri ti seguivamo con orgoglio e dedizione.
Tu c’eri sempre per tutti e noi ci sentivamo più forti e sicuri dopo aver parlato con te, dopo aver ascoltato un tuo saggio consiglio.
Anche quando negli ultimi mesi stavi male, mai una lacrima, mai una lamentela, ma solo sorrisi, progetti, tanta forza e tanto coraggio. Ricordo con malinconia una cosa che mi hai detto poco tempo fa: “cara Nancy (così tu mi chiamavi), io ora ho tanto tempo perché sto qui costretta a letto, allora penso a voi, penso a tutti i miei amici e a tutti i sogni e i progetti che dovete ancora realizzare, non perdete tempo”. A me ad esempio consigliavi di sposarmi il prima possibile.
Il messaggio che lanciavi a tutti era di non perdere tempo dietro cose futili e di dare priorità alle cose che nella vita davvero contano come creare una famiglia, far nascere e crescere un bambino, aiutare gli altri. Tu infatti stavi valutando l’idea di partecipare alla missione “Medici Senza Frontiere” appena saresti stata meglio!
Eri non solo una preziosa amica, ma anche un prezioso medico. Senza esami e senza lastre capivi le patologie dei tuoi pazienti e di tutti coloro che ti stavano accanto e ti chiedevano un parere medico.
… La tua prematura scomparsa ha segnato una perdita non solo per me, per la tua famiglia e per i tuoi amici ma per l’umanità intera.
Su questa terra c’era ancora tanto bisogno di una persona come te, ma … il Signore ti ha voluto con Lui.
Ti prego Dany continua a guidarci e a sostenerci dal Cielo. I tuoi insegnamenti ci accompagneranno per sempre.
Mi ritengo fortunata ad averti conosciuta e ringrazio i tuoi genitori per aver messo al mondo una persona preziosa come te.
Ti porterò per sempre nel mio cuore.

Tua Nancy



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Viola non è sola

Passi si rincorrevano
ma non vi era meta,
né ad indicar la strada una cometa.
Solo un pensiero la faceva camminare,
l’andare incontro al sole
che s’alza dal suo mare.
Giunta in quel luogo pieno di colore
Padre Silenzio
le sussurrò parole.
Le disse: figlia riponi la paura
donala a me
vedrai che ne avrò cura.


Domenico Reina

Luigi Morrone: la semplicità disarmante del “donarsi”


di Antonietta Broccoli

Chi dice che ad Altavilla Silentina non succede mai nulla di nuovo e di buono, in questo caso, ha torto marcio. Prima di tutto perché le novità fanno parte dell’ineluttabile processo dei giorni e concepire una vita senza il nuovo equivarrebbe ad averla già vissuta e poi perché la bontà e il bello appartengono all’uomo in quanto tale, se non altro almeno alle sue intenzioni. Il 23 agosto 2008, il Convento S. Francesco, come tutti gli anni, è stato testimone di un evento che ha suggellato l’ingresso di un giovane novizio, con la professione dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, nella congregazione dei Padri Vocazionisti fondata dal Venerabile don Giustino Maria Russolillo.
Stavolta, però, è stato diverso soprattutto per noi altavillesi. Eh, sì il nostro sarà pure un popolo sospettoso, litigioso, pettegolo, che sembra religioso perché fa mostra di devozione, come argomentavano, circa centodieci anni fa, i fratelli Alessandro e Antonio Ferrara nei “Cenni storici su Altavilla Silentina”, ma, guardando meglio, è un popolo che ha tante potenzialità e virtù, che ha annoverato tra le sue fila ingegni non comuni.
Degno figlio di questa Altavilla, incantata e disincantata che si staglia tra lo stupore bruno degli Alburni e la chioma vanitosa dei suoi ulivi d’argento, è Luigi Morrone, un ragazzo che non si è lasciato distrarre dalla spensieratezza della sua età e dai tanti falsi richiami della società moderna, ma che ha dato ascolto a una “chiamata” ben più alta e importante.
Grazie a questo invito d’amore, tutto acquista un senso più vero, ogni aspetto dell’essere è offerto e messo a disposizione per un fine superiore che disperde le abitudini e le passioni di un tempo. È come se gli occhi, il cuore e la mente riflettessero solo il cielo alla ricerca di una luce che non ha eguali, trepidando nella sua assenza come i prati aspettano la primavera per vestirsi a festa.
La vita si fa, allora, dono totale e infinito che apre all’Assoluto e chiude al relativo, al pressapochismo, all’uomo vecchio per divenire “uomo nuovo”.
Luigi ha avvertito forte in sé la vocazione ed ha maturato la sua scelta in quest’anno di noviziato svoltosi tra Altavilla e Holywell (Galles), scelta che lo porterà a intraprendere, già dagli inizi di settembre, gli studi teologici in un’università inglese.
Comprendere una simile decisione, in un mondo dove conta il successo, i soldi, il potere, dove tutto si assorbe nella logica del protagonismo e dell’io più cieco, è per molti difficile se non assurdo. Una realtà completamente priva di queste caratteristiche in cui Dio e non l’io sfrenato e orgoglioso trovi dimora stabile e calorosa è estranea all’uomo moderno che non ha più desideri e ideali.
Il progresso ha portato a indubbi miglioramenti per l’uomo in ogni campo, ma l’ha spogliato della sua anima, persa per strada tra i cocci dell’egoismo e della superbia… Vale la pena, allora, vivere una vita vuota senza il benché minimo raggio di sole? Quale senso attribuirle per essere veramente felice?
Chiediamolo a Luigi: nel suo sorriso è la sua risposta.

Come Giovanni ed Antonio risolsero il problema della bomba meglio che a Salerno…

Fra Trestagni e l’Antece racconti alla paesana

di Oreste Mottola

A Salerno hanno messo la città sottosopra per una settimana per via di una bombetta lasciata lì, da quei soliti perfidi degli inglesi, nel 1943. In un paese tra il Cilento e gli Alburni risolsero più rapidamente. E con una spesa neanche lontanamente paragonabile e senza dare fastidio, rinunciando perfino ad un misero trafiletto sul più scalcagnato dei giornali locali.
La storia non comincia più o meno così, vale a dire dal punto che l’ordigno bellico, adagiato nel portapacchi di un’utilitaria, arriva davanti ad una caserma dei Carabinieri. C’è l’antefatto, e che antefatto, con due capefresche l’avevano raccolta, in autonomia da qualsiasi forza armata, nei boschi. Come funghi ed asparagi cresciuti poche ore dopo la pioggia.
Il fatto accadde ai tempi di quando se suonavi al citofono della caserma dei carabinieri non ti rispondeva un anonimo centralinista della “Tenenza di Vattelapesca” ma direttamente il maresciallo. Non c’era lui, ci si trovava il carabiniere che era di piantone. O meglio, dalla finestra vedeva di chi si trattava, e si decideva sul da farsi. La caserma era chiusa per chi doveva denunciare il vicino che aveva sconfinato per un solco di terra, ma era sempre aperta, anche 24 ore su 24, per le urgenze.
I due davanti al portone, i protagonisti della nostra storia, il maresciallo li conosceva bene, ma capiamoci, perché l’incontrava al bar per una partita a carte, in qualche negozio. Per nient’altro. Incensurati lo erano, ma “conosciuti all’ufficio” risultavano per manifesta simpatia o anche per invidia per quella vita ricca di passatempi che avevano. Giovanni ed Antonio, ex operai di un’azienda agricola moderna sì ma chiusa da decenni. La maggior parte del loro tempo era libero “Marescià, vieni, ti dobbiamo far vedere una cosa. A voce non ti possiamo spiegare” gli dicono appena l’hanno a tiro d’orecchie. Se ne stanno fermi davanti alla loro auto, che ha il portellone posteriore aperto. Pensa ad un asparago insolitamente grande, un raro pesce di fiume, magari una carpa da tre chili, una volpe presa al laccio…il carabiniere. Gli hobby, non del tutto regolari sì tuttavia sempre innocui, che quei due portano. Le loro facce però sono sintonizzate sul pensieroso, gli si vede da lontano. Spegne la radio e scende il maresciallo. “Che avete combinato?”, grida a metà delle scale. La risposta non c’è e quando li raggiunge capisce. Butta lo sguardo nel portabagagli, e vede: “Ma questa… questa è una bomba…”, dice. L’ha fatta la guerra il vecchio maresciallo che nel paese spera di restarci anche in pensione. Le facce dei due impallidiscono. “L’abbiamo trovata a Trestagni…”. E raccontano: l’auto l’avevano fermata sul ciglio della strada principale sì, ma era un trucco, per evitare di segnalare ad altri come loro dove stessero e se n’erano andati a trovare asparagi in un bosco che dentro ed attorno ha anche campi coltivati. Non è una situazione infrequente da queste parti. O a funghi, origano, o a caccia, anche se è proibito. La vista e l’odorato sono i sensi fondamentali. E’ piovuto da poco ed un piccolo smottamento nel terreno fa vedere qualcosa d’inconsueto. C’è una macchia stranamente verdastra. Si mette a grattarla con il coltellino, quasi subito la parte metallica si fa sentire. Le storie dei tesori dei briganti nascosti quassù fanno il resto, e se non bastasse realtà di piccole necropoli delle antiche popolazioni lucane che da qui commerciavano con Paestum… In pochi attimi Giovanni si sente come Indiana Jones o Schliemann che ritrova l’antica Troia. Toglie il terreno attorno, poco alla volta, con estrema circospezione ed attenzione come vide fare una volta agli operai della Soprintendenza che vennero a dare luce a certe tombe medioevali a Querciacupa. Il grosso del lavoro l’ha fatto già l’acqua, basta togliere una pietra, pochi secondi ed un bel cono di ferro rotola fuori e se ne scende giù per la scarpata, per almeno venti metri. Il fruscio attira l’attenzione di Antonio: “Che cazzo c’è…”, sussurra più che gridare. Ce l’ha con la mania dell’amico di tirare pietre per spaventare i serpenti. “Scemo, quelli hanno più paura di te”, dice e si volta. E Giovanni: “Vedi un po’ che ho trovato”. Antonio si avvicina e già nelle prossimità dell’oggetto tira fuori la sua sentenza: “Questa è della guerra. E’ una bomba, cazzo”.
Più che i film visti in tv, o il servizio militare, in testa gli frullano quei cartelli che stavano sui muri delle scuole elementari degli anni Sessanta e che invitavano a lasciar stare “i residuati bellici” con certe immagini di scoppi mille pezzi e schegge in faccia a bambini troppo curiosi. Una cosa così te la porti dentro per la vita. Quella bomba, o che cavolo che fosse, l’avevano tirata via uno di loro. Tolta dal sonno dov'era caduta. E fatta rotolare. L’aveva ridestata. La prima reazione fu di andarsene, magari per poi dare l’allarme. Difficile spiegare il posto. C’era il rischio che qualche trattore, magari una ruspa, l’urtasse e la facesse esplodere. Per due ore i due se ne stettero lontano ma il timore di conseguenze future non li faceva star tranquilli. Il pensiero era sempre lì. Così ci tornarono sul luogo “del delitto” e si resero conto che con un po’ d’accortezza l’auto la potevano portare fin sotto il ciglio – siepe dove questa era andata a finire. Incoscienti, lo fecero. E poi? Costruirono una specie di piccola lettiga sul quale adagiarono la ferraglia. Che passò nel portapacchi. Due per cento volte incoscienti. Programma? “La portiamo in paese e chiediamo al maresciallo”. E veramente così fecero. Il maresciallo però in soli cinque secondi alternò la voglia di prenderli a ceffoni alla riflessione sul da farsi: “Cretini così come voi due non ne ho mai visti - non ce lo perse – però se la bomba la fermo qui, come dovrei fare, va evacuato l’intero paese, le scuole e quant’altro. Se dite di averla presa a Trestagni, avete fatto quasi 10 chilometri e non è successo nulla…mo’ lo sapete che fate? Vi mettete in macchina, e a motore spento, uscite fuori dal paese… a 5 all’ora… dove comincia il bosco della Spinosa… le case sono lontane… alla seconda curva, vi fermate piano piano e la scendete dietro ad un cespuglio…io vi seguo… ma distanza di sicurezza… vi chiamo io l’ambulanza se vi scoppia quella… ma tanto è inutile, voi morirete prima. Mannaggia a voi… e l'unico favore che vi faccio e che vi prego tutti i santi… ”.
Furono i loro tre – quattro minuti più lunghi della loro vita.
Qualche ora dopo i soldati specializzati venuti da Persano non si riuscivano a capacitare di come un ordigno di quella pericolosità, nonostante fosse stato scavato dal terreno dove aveva “dormito” per quarant’anni, tuttavia non era esploso.
“Per queste qua bastavano le vibrazioni di un tuono, delle altre bombe che scoppiavano”, confabulavano fra di loro. Il maresciallo sudava freddo…ma non lo dava a vedere. E non giocò più a carte con Giovanni ed Antonio.

Un Casone da Museo ad Albanella

Lettera al Direttore di "Unico"

di Mario Serra

Carissimo Direttore,

da diversi giorni si sta abbattendo sull’Amministrazione di Albanella una bufera per l’abbattimento del famigerato “Casone” di cui, attraverso Unico, avete ampiamente parlato sia con una benevola intervista a Capezzuto di Oreste Mottola, sia con un attacco di Gaetano Ricco all’ignoranza culturale dell’Amministrazione.
E da parte vostra è questa la dimostrazione dell’imparzialità della comunicazione che, e voglio sottolinearlo, non è schiava dei politici.
Oggi, però, leggendo un articolo di Annavelia Salerno su Voci dal Cilento intitolato “Storia – e polemiche – di un casolare abbattuto” ho compreso che la politica utilizza l’informazione vendendola all’uso che la aggrada.
E vi spiego il perchè in quanto, anche se in modo tangibile, sono parte in causa, per vari motivi, alla vicenda “Casone”.
Nel 2007 al posto del Museo di Arte Contemporanea doveva nascere il chiacchierato progetto “Megale Hellas” che, suscitando l’indignazione della stampa nazionale, riuscimmo a fermare con il Gruppo Civico la Buolé.
Eppure, in quella occasione, il periodico “Voci dal Cilento” non esitò minimamente a schierarsi a favore del progetto che prevedeva, tra l’altro, la ristrutturazione del Casone per farne un museo, antiquarium o biblioteca. E non parliamo della ricostruzione dei templi di Paestum con tanto di statua di San Matteo all’interno. A quei tempi il Casone rappresentava, per l’amministrazione, una memoria storica del nostro paese.
Oggi invece, la stessa autrice, parla di un casolare “...vecchio, inutile e pericoloso...” senza aver dato voce a chi non la pensa come l’Amministrazione capezzutiana. Eppure il Casolare è sempre lo stesso. E su questo, come su altre cose, l’amministrazione comunale dovrebbe rispondere.
Ricorre nella informazione il concetto politico delle “affermazioni e delle successive smentite” credendo che le persone, dalla corta memoria, dimentichino tutto nell’arco di qualche giorno.
Prima di giudicare se un immobile è inutile, pericoloso e vecchio si leggano, i nostri comunicatori, cosa recita il Codice dei Beni Culturali (Art. 2 comma 2 del D. Lgs. 42/04): sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
E se quel casone sgarrupato era per davvero un simbolo della civiltà contadina albanellese forse una valutazione più approfondita andava fatta prima di abbatterlo.
Dalle espressioni della nostra giornalista comprendo che sia completamente a digiuno su cosa sia un bene culturale e, pertanto, non consapevole della gravità delle sue espressioni ha fatto l’errore di valutare sommariamente la faccenda.
Fino ad oggi non sono mai entrato nella polemica Casone/Museo perchè credo che se un immobile è irrecuperabile va abbattuto e, soprattutto, la creazione di un Museo non deve essere ostacolata se alla base c’è un progetto organico di sviluppo che, purtroppo, l’amministrazione albanellese non ha sicuramente.
E se un progetto di sviluppo per il museo non esiste, forse è meglio fermare la creazione di questo Museo visto e considerato che la Corte dei conti in una relazione abbastanza dura stabilisce che i musei degli enti locali rappresentano solo ed esclusivamente una perdita economica per i cittadini.

L'Oscar sportivo altavillese

Il resoconto dell'organizzatore della manifestazione di fine estate

di Antonio Molinara

Grandissimo successo di pubblico alla seconda edizione dell’Oscar dello Sportivo Altavillese, che ha visto nel corso delle tre serate una presenza di circa 3000 persone.
Una manifestazione che si è riconfermata essere uno dei principali eventi della ridente cittadina di Altavilla Silentina per il numero delle presenze, dei premiati e per il grande significato aggregativo della stessa.
Nel corso delle tre serate, nella piazza centrale del paese allestita al punto di sembrare un teatro all’aperto, si sono visti e rivisti personaggi sportivi del passato di tutto il territorio comunale, che, nonostante vivessero nello stesso comune, non s’incontravano da anni per diverse motivazioni. Un evento organizzato dal Comune di Altavilla che ha accolto e supportato, mostrando grande sensibilità, l’idea, il progetto e la realizzazione di Antonio Molinara, che si è avvalso della collaborazione di uno Staff altamente professionale tra cui Claudio Bonfrisco, Edi Cembalo, Franco Morrone, Ortensio Acito, Carmelo Tesauro, Gianni Di Palma, Antonio Iuliano, Rinaldo Crisci, Fabio Cupolo, Gerardo Giannella, Amelia Reina, Giovanna Pomposiello, Angela Capozzoli, Mena Cupolo, Chiara Morrone, Antonietta Nigro, Teresa Verrone e Anna Nigro e della ditta Mario ed Orazio Nigro che hanno fatto davvero di tutto e di più.

Le prime due serate sono state di esibizioni sportive, mentre l’ultima è stata dedicata esclusivamente alla consegna degli oscar. Nel corso della prima serata si sono viste le esibizioni della "Fantasy Dance" di Germano D’Alessandro, Scuola di Ballo Altavillese che vede tra le proprie fila diversi Campioni Regionali di Liscio e Standard, Campioni Italiani di Baby Dance e Social Dance ma, soprattutto, il Maestro Germano con la compagna Gerardina Petrizzo che hanno conquistato diversi titoli e podi italiani e che rappresenteranno l’Italia, e, quindi anche la nostra collettività, in un Trofeo Internazionale che si svolgerà a Londra a metà mese.
Oltre a questa valida e numerosissima Scuola di ballo si è assistito anche ad una esibizione di Body Building e di Alzata di Potenza, organizzata dall’"Accademia altavillese Aikido", del Maestro Cleto Saponara e dei figli Simone e Daniele.
Alla presenza del Campione Mondiale del 1989, Giovanni Zarrillo, si sono esibiti i Campioni Italiani Alberto Lombardi per il Body e Tonino Luisi, e Teresa La Gorga per l’alzata. Tra le diverse esibizioni c’è stato un piacevole intrattenimento musicale dell’amico Carmelo Tesauro che ha saputo miscelare con una bella voce e valide melodie lo sport con la musica.
Dopo il grande entusiasmo della prima serata si è passati alla seconda dove si è potuto assistere all’esibizione di Aikido, sempre della palestra Saponara, della "Joseph's Dancing School" di Giuseppe Federico e Giovanna Reina, scuola di Ballo con sede ad Altavilla ma con diverse succursali sparse su tutto il territorio (Serre, Controne, Postiglione, ecc…) e la fantastica performance di Francesco e Grazia Arietta che con la loro bravura e la bellezza dei balli proposti hanno conquistato gli oltre 700 spettatori presenti che gli hanno riservato un meritatissimo e prolungato applauso. Anche questa è stata una grande serata se si pensa che la Joseph’s ha fatto esibire oltre 60 ragazzi tra cui i Campioni Italiani di Hip Hop delle diverse categorie e degli ultimi tre anni, sotto la magistrale regia del maestro e che per l’aikido si è esibito proprio il maestro Saponara con alcuni suoi allievi.
Un altro compaesano, Carmelo Iorio, accompagnato da un altrettanto bravissima pianista, ha fantasticamente intervallato lo sport con la musica spaziando nel fantastico mondo del jazz.
Ed eccoci arrivati alla terza ed ultima serata e davanti alle tantissime le autorità e alle oltre 1500 persone presenti, sono sfilate prima le bandiere della Città di Altavilla, dell’Europa ed, infine quella dell’Italia che accompagnata dall’inno nazionale è stata issata sul pennone del monumento e, poi, gli oltre 250 atleti che hanno meritato l’Oscar dello Sportivo Altavillese. Dopo il saluto del Sindaco Antonio Di Feo e dell’Assessore Romilda Nigro, e successivamente del Presidente del Consiglio Vincenzo Baione e dei vari consiglieri, onorevoli e sindaci dei comuni limitrofi presenti, a testimoniare la valenza sportiva e sociale del progetto voluta dall’amministrazione altavillese, sono iniziate le premiazioni in un’atmosfera carica di emozione. I primi a salire sul palco, dopo aver ricordato il Vice Campione del Mondo di Pentathlon del 1962, Domenico Tedesco che ha garantito la sua presenza il prossimo anno, i primi a salre sul palco sono stati i presidenti storici del Carillia, Don Peppino Pipolo e dell’Altavillese, Antonio Verrone, accompagnati da due tifosi ultras, la Signora Esterina Tedesco e Germano Di Mari, meglio conosciuto come Manuccio ‘o stagnino. A seguire per meriti l’Accademia Altavillese Aikido con Cleto, Simone e Daniele Saponara. Subito dopo, sul palco è salita la formazione femminile di Calcio a 5 della "Banca di Credito Cooperativo Altavilla e Calabritto", che ha partecipato e conquistato il 3° posto al Trofeo Nazionale BCC di Desenzano: Mitrugno Patrizia, Chechile Cinzia, Panico Paola, Leso Rossella, Tammaccaro Roberta, De Gregorio Antonella, Iorio Rosangela, Longo Marilena, Del Guacchio Eliana, Caruso Cristiana e Cinzia Marra. La squadra era accompagnata dal Presidente Antonio Bassi e del Dottor Germano Di Chiara, mentre a ritirare il premio c’era il rappresentativo Antonio Saponara.
A seguire una premiazione storica per l’"Altavilla Volley" che ha partecipato a due Campionati nel 1991 e 92 con Oreste Gargano presidente, Domenico Cimino e Antonio Molinara allenatori e Rodolfo Solimeno, Federico Cantalupo, Ivan Pacifico, Dino Fusillo, Riccardo Liccardi, Gigetto Impembo, Virgilio Mari, Angelo Mangone, Massimo Mangone, Carmine Reina giocatori di quella divertente compagine.
Si è passati poi a premiare la "Paideia Sport" che rappresenta il Basket altavillese. A partire dai coach Antonio Scorzelli e Brunella Tommasino si è arrivati premiare quegli atleti usciti da questa scuola e che oggi rappresentano Altavilla fuori dai confini territoriali. Infatti sono stati consegnati gli oscar per meriti sportivi ad Antonio Scorzelli Junior, Francesco Scorzelli, Ugo Palmieri, Nigro Antonello, Nese Domenico Maria, Lucia Angelo, Gargano Annarita e Di Matteo Mariachiara, Molinara Elisabetta, Palmieri Elena ed Acito Ilenia, per la loro partecipazione e risultati ai campionati regionali e nazionali a cui hanno partecipato nel corso dell’anno agonistico 2007-2008. Subito dopo un momento commovente oltre che bellissimo perché sono state premiate le due compagini di calcio del Carillia e dell’Altavillese degli anni ’60 - ’70. Per il Carillia dopo aver premiato alla memoria gli scomparsi Cosimo Campagna, Giuseppe De Sio, Angelo Adduono, Giuseppe Cappetta e Liberti, sono stati premiati Mario LOngo, Diodoro Poliscano, Oreste Bonfrisco, Matteo Di Donato, Adduono Angelo, Giovanni Liberti, Francesco Cappetta, Giorgio Di Lucia, Stellaccio Mario e CarmineLiberti. Per l’Altavillese, invece, sono stati chiamati il mister Ninuccio Baiuone, i fratelli Mangone Luigi e Carmine, Paolo Molinara, Angelo Di Venuta, Antonio Cafaro, Renato fasano, Gerardo Cembalo, Carlo Baldo, Carlo Rufo, Gerardo Petraglia, Nicola Arietta e Oreste Nigro. Ecco salire sul palco la "Polisportiva Azzurra" di Claudio Bonfrisco, compagine che spazia su diversi settori e su diversi settori porta successi in Altavilla ed Altavilla in Europa. Infatti, dopo aver premiati i tecnici Enzo Tancredi, Cesare D’Eboli, Nicola Lettieri ed il presidente Remolo Rubino, hanno ritirato il premio i giovani calciatori che per il terzo anno di seguito vincono la coppa disciplina oltre ad aver vinto anche il Campionato Provinciale lo scorso anno. Quindi, hanno ritirato l’oscar Enrico Saiardi, Umberto Lettieri, Giuseppe Marrandino, Maedeo Equino, Domenico Doto, Carmine Vairo, Dario Sarro, Carmelo Zingaro, Mario Opromolla, Alessio Busillo, Luca Crisci, Pasquale Luisi, Alfonso Fusco, Vito Doto, Francesco Vairo, Gerardo Fusco, Mirko Vairo, Lorenzo Equino, e G.luca Mari.
Dal Calcio si è passati al Judo dove l’Azzurra presenta un parter di grandissimi atleti. Dopo i nazionali premiati lo scorso anno si è passati a quelli che quest’anno hanno conquistato posizioni d’onore ai Campionati Italiani come il 5° posto di Antonella Lausi e le ottime performance di Mastroberti Giuseppe, Antonietta Cafaro e Benedetta Nese, per arrivare al premio per eccellenza consegnato a Pietro D'Eboli sempre dell’Azzurra, che ha ricevuto la convocazione azzurra dalla FILJKAM per partecipare con l’Italia ai Campionati Mondiali di Pancrazio che si svolgeranno a Tirana in Albania nel corso di questo mese. Dopo l’Azzurra è stata invitato a ritirare l’Oscar Franco Cupolo, altavillese che ha fondato diversi anni fa la Scuola Calcio "Albavilla", che partecipa a vari Campionati Federali ed organizza il Trofeo Internazionale Albavilla. Oltre ai suoi tecnici, Gerardo Lettieri ed Ivano Solimeno, sono stati premiati gli atleti altavillesi che hanno partecipato a campionati federali: Andrea D’Andrea, Iuliano Andreas, Lorenzo De Rosa, Nicola Arietta, Bonaventura Poppiti, Nicola Lucia, Francesco Bavoso, Francesco Sabia e Marco Carrozza.
Le premiazioni delle varie compagini suindicate, venivano alternate dalla consegna ad atleti individuali che si sono contraddistinti nel corrente anno sportivo, tra cui per il nuoto Valerio Marsico, Gianpaolo Acito e la campionessa regionale Piera Acito; i tecnici di calcio Adriano Liberti (Carillia 2^), Giuseppe Lettieri (Albacalcio 2^), Ivano Solimeno (varie Scuole Calcio); i calciatori Mattia DeRosa (Spezia serie B), Michele CRisci (Ebolitana), Daniele Saponara (Vittoria C2); il Pattinatore PierCarlo Petrosino, figlio di altavillese, che a soli 8 anni già partecipa e sale sul podio a Trofei Nazionali; il motociclista Alfredo Di Matteo che si è aggiudicato il Trofeo Nazionale Molossi di moto e ha dato delle foto stupende da poter esporre di alcune sue performance; i fratelli Daniele e Michele Mastrangelo che sono tra i primi in Italia sulle specialità del Mezzofondo e della velocità; il giovanissimo Agostino e il papà Franco Cembalo, entrambi Campioni Italiani di Tiro a Volo, il primo per la Categoria Esordienti per i suoi 11 anni ed il secondo per la categoria assoluti; la coppia altavillese di ballo Francesco e Grazia Arietta, con il loro maestro Bruno Manna della Roland’s School di Agropoli, che hanno conquistato di tutto e di più, passando nel 2008 alla categoria AS internazionale; Vincenzo Mordente prima ciclista e poi grande organizzatore di eventi ciclistici essendo il promotore e l’organizzatore della gara Nazionale 13^ Medaglia D’Oro della Città di Altavilla Silentina, 8^ Trofeo BCC di Altavilla e Calabritto e 2^ Memorial Giovanni Saponara. Tra gli storici, per meriti sportivi, sono stati premiati l’oltre sessantenne Peppe Munzio, il maratoneta per eccellenza, avendo partecipato a ben 6 maratone e ad oltre 900 gare; Stefania Taurone che ha partecipato ad oltre 400 gare, ha fatto parte della rappresentava Campana di Corsa su strada e solo un infortunio gli ha impedito di partecipare alle Olimpiadi del 1992; Giuseppe Chiumiento Campione Regionale di Body Building degli anni ’80; Giovanni Mottola ed Ettore Ruscinito, atleti di valore nazionale degli anni ’90 per la specialità del judo. In chiusura, con tutta l’Amministrazione Altavillese, lo staff della manifestazione e vari atleti premiati, sotto una pioggia di coriandoli e fuochi, la caldissima voce di Roberta Senatore che ha creato un’atmosfera bellissima per tutta la serata, si è salutata la manifestazione 2008 con il volo di palloncini che accompagnavano l’Oscar verso il cielo del 2009.

"Affresco da sotto l'intonaco" di Paolo Tesauro Olivieri

L'ultimo lavoro dello storico sui tesori d'arte della Chiesa di San Francesco di Altavilla Silentina

di Bruno Di Venuta jr

In 16 pagine il Professore, riportando cenni storici sul Convento e la Chiesa di San Francesco, si sofferma sulla figura di Orazio Solimene che ritiene essere “… l'autore del dipinto che copre la nicchia dell'altare di S. Chiara”. Orazio è il fratello minore di Gabriele e Gennaro Solimene e sebbene fosse “addottorato in legge”, amava la pittura e le belle arti e venerava follemente lo zio Francesco, nobile rappresentante della pittura napoletana del ‘700.

Il Professore sostiene: “… la conservazione del dipinto fa pensare che l'autore doveva essere un artista che se ne intendeva. Penso poi che chi eseguì la tela a olio che copre la nicchia ove si trova l'affresco debba essere la stessa persona. Il motivo per il quale l'abbia fatto è un mistero. Comunque, un fatto rimane certo: l'affresco, ben conservato, rappresenta un “Tesoro artistico” del quale Altavilla dovrebbe andare orgogliosa…”

L'affresco, oggi ancora ricoperto dalla tela di Santa Chiara, è situato nella nicchia dell'altare centrale destro ed è stato scoperto nel 1989 durante i lavori di restauro dell'altare centrale. Esso rappresenta, nella parte superiore, racchiusa da una ellisse, la Madonna che regge nel braccio destro Gesù Bambino e con la mano sinistra accarezza il piedino. Nella parte sottostante è raffigurata una santa che secondo alcuni esperti sarebbe S. Margherita da Cortona. Il fu Reverendo Di Fusco sosteneva invece che la santa fosse S. Caterina d'Alessandria. L'affresco si presenta in buono stato e conserva fedelmente gli splendidi colori perché era stato ricoperto da intonaco di malta che ha evitato influenze ambientali ed atmosferiche.

Un nuovo grazie al professore Paolo Tesauro Olivieri che ancora una volta ha dimostrato il suo amore verso Altavilla e i tesori altavillesi mai apprezzati, pubblicizzati e rivalutati per le testimonianze storiche che rappresentano.
La pubblicazione è stata curata direttamente e a proprie spese dal Professore. L'edizione è fuori commercio e sarà consultabile presso la Biblioteca comunale, quella provinciale e presso la Biblioteca di Roma e Firenze, naturalmente a catalogazione avvenuta.

Chi è interessato ad avere una copia della pubblicazione in formato elettronico può richiederla a Bruno Di Venuta (www.divenuta.it) o a questo indirizzo: collina.ulivi@gmail.com

Buonaventura Rispoli e i suoi primi 40 anni altavillesi

La proposta della cittadinanza onoraria per il contributo dato al paese dall'avvocato

di Oreste Mottola

La verità messa giù semplice è che alla fine degli anni Sessanta i Rispoli - che oggi nella loro azienda di Borgo Carillia producono conserve di pomodori, legumi, frutta sciroppata - quarant’anni fa vennero a rinvigorire l’economia di Altavilla Silentina quando essa era ancora tutta agricola. E che già al padre di Luigi e Buonaventura Rispoli quell’edificio a pianta crociata piacque già solo per questa particolarità architettonica.
LA FABBRICA CHE NON TROVAVA PACE
Dopo la morte di De Martino, avvenuta nel 1958, quella fabbrica non trovava pace e non ebbe successo il rilancio fatto dal Concooper, allora una sorta di “Partecipazioni Statali” fatta in casa. Nel nostro paese il settore primario era però a brandelli, con i meloni della varietà “Altavilla” consegnati ad una gloriosa memoria, il tabacchificio avviato ad una crisi irreversibile ed un’agricoltura annaspante perché i pomodori altavillesi piantati in ogni dove i Mellone a Ponte Barizzo, Cirio a Paestum, Rondino a Bellizzi e l’ebolitano De Martino se proprio li prendevano li pagavano assai poco. Nel paese si continuava ad emigrare in massa. Per fare l’operaio a Torino in Germania o a portare una divisa a Milano, differenza non c’era. C’era ancora in atto il baby boom ed i vuoti non si notavano. Il sindaco Tedesco ed il medico Sassi “politicamente” cercavano di rimediare altri posti di lavoro: non bastavano mai, erano sempre come gocce date agli assetati. I nuovi acquirenti, gli “abatesi” provenienti dalla profonda provincia napoletana, nella fabbrica rivestita a mattoni rossi si misero ad inscatolare pomodori e, anche per l’impronta “cattolico – democratica” che li ha sempre caratterizzati, cominciarono con il pagare meglio i contadini, e permisero ad un’intera comunità di tirare avanti, di ricominciare un suo circolo virtuoso, di “scansarsi” anche un po’ dal “mercato” della politica, facendo studiare i figli e maturando pensioni più decorose per gli anziani.
ACCOLTO CON DIFFIDENZA, MA POI E’ SUBITO SIMPATIA
All’inizio non furono però rose e fiori. “Sentivo una forte diffidenza nei nostri confronti. C’era chi ci vedeva come invasori. Ma bastò conoscerci come persone e tutto finì bene. Chi credette subito in noi fu un gruppo di agricoltori coraggiosi che io non finirò mai di ringraziare: Vincenzo Marra di Cerrocupo, Carmine Lanza di Quercioni, Natale Sgangarella di Albanella e qui a Carillia, Vito Belmonte”, racconta oggi quello che per Borgo Carillia è l’avvocato per antonomasia: Buonaventura Rispoli, classe 1935, studi di giurisprudenza a Napoli in una facoltà che traboccava di grandi maestri. “La prima volta che mi elessero sindaco del mio paese, avevo poco più di vent’anni, io non solo non mi votai ma mi dimisi quasi subito perché non ero ancora laureato e non mi sentivo adeguato al ruolo. Antonio Gava mi voleva mangiare vivo. E mi costrinse a fare più volte il consigliere provinciale a Napoli. Io che pur mi sentivo moroteo militavo nella sua area politica poiché il mio paese è a cinque minuti da Castellammare, zona di profonda influenza gavianea”. Storia di un’Italia del secolo scorso, infatti siamo nel 1960, e di un giovane che voleva fare l’avvocato e che la politica prima e l’imprenditoria dopo “traviano” e lo trascinano fuori dalle aule di udienza.
AVVOCATO ED IMPRENDITORE
Al di là dei ruoli formali, Buonaventura è ancora il punto di riferimento delle industrie Rispoli, il “cervello”, mentre Luigi è “l’operativo”, sede negli edifici che una volta furono di Carmine De Martino e che oggi amministra Carmela Palumbo, moglie di Buonaventura, con suo fratello Luigi ed i più giovani Natale e Giovanni, come nuove punte di diamante. “Oggi la fabbrica è diversa. E’ tutta tecnologie, il peso del lavoro si è ridotto all’osso”, confessa l’avvocato. Una volta non era così e sono forse migliaia gli altavillesi, e non solo, che soprattutto d’estate hanno lavorato alla Rispoli. Impossibile fare il conto dei soldi che, è davvero il caso di dirlo, “sono stati fatti girare”. “Ho un vanto: io non ho mai chiuso le porte a nessuno. Ho dato lavoro quando e come si è potuto. Ed è per questo che oggi, che quasi fuori dalla mischia, mi onoro di essere benvoluto dai più”. Il primo punto di svolta sono gli anni della virosi che colpisce il pomodoro, a metà degli anni Ottanta. Finisce l’approvvigionamento locale e la materia prima va fatta arrivare dalla Puglia, dalla Basilicata e dalla Calabria. “Il contributo delle campagne di Altavilla si era sempre più ridotto. Le aziende agricole – racconta Rispoli - avevano via via scelto l’allevamento delle bufale. La scarsa dimensione degli appezzamenti a disposizione però come era un problema per il pomodoro lo è ancora di più per il comparto bufalino”. Ci si mette poi la Cina che prima ci inonda con grosse quantità di semitrasformato da lavorare ulteriormente prima di rispedirlo nei capienti mercati africani e poi alza i prezzi della materia prima e con il concomitante aumento dell’energia necessaria per la lavorazione, il Btz, composto soprattutto da gasolio: “Sono 300-400 vecchie lire al Kg solo di energia termica. A queste condizioni è difficile tener dietro a questi costi”. In conclusione? “Non si possono fare più le lavorazioni invernali ai ritmi precedenti. Che ci assicuravano almeno 30 posti di lavoro. E così ogni anno dobbiamo ridurre di due o tre unità…”.
I PROBLEMI DI OGGI: IL PRG E LA TASSA RIFIUTI
Gli altri problemi? “Dal Piano Regolatore che non ha voluto riconoscere che qui c’è una zona industriale naturale che ha più di settant’anni. Ma i nostri progetti di valorizzazione ed investimento non ne risentiranno più di tanto”. Ma non finisce qui: “La Rispoli che non grava per un solo chilogrammo dei suoi rifiuti sullo smaltimento generale deve pagare 10mila euro all’anno per un servizio che non riceve. Mettiamola così: è un nostro contributo alla comunità”. Una comunità che potrebbe parzialmente sdebitarsi – è la modesta proposta di chi scrive - concedendo all’avvocato Buonaventura la cittadinanza onoraria del paese che, grazie al suo acume, è ancora uno dei centri di riferimento dell’agricoltura e dell’economia della Piana del Sele.