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domenica 7 settembre 2008

Altavilla e lo sbarco di Salerno nel diario del soldato inglese Norman Lewis


di Oreste Mottola

Durante la settimana successiva allo sbarco di Salerno - di cui ricorre domani il 65° anniversario - Altavilla Silentina fu rasa al suolo con 80 vittime civili ed una cifra altissima (mai conteggiata) di militari americani e   tedeschi.  Vi raccontiamo l'evento con le parole tratte dallo straordinario diario di Norman Lewis.


Paestum 1943. Quei pasticcioni degli americani, il vino e le scarpe dei soldati italiani

I soldati americani? 
"Ingenui ed infantili". 
"Bifolchi armati". 
"Appena sbarcati dalla pace eterna del loro Kansas o Wisconsin".  
Il peggiore per lui è il più alto in grado, Clark.  
Appunto del 4 ottobre del 1943:
"Il Generale è diventato l'angelo sterminatore dell'Italia del Sud, incline al panico come a Paestum e poi a reazioni violente e vendicative come quelle che hanno portato al sacrificio di Altavilla, cancellata dalla faccia della terra perché forse [in corsivo nel testo originale] nascondeva dei tedeschi. Qui a Battipaglia abbiamo avuto una Guernica italiana, una città trasformata in pochi secondi in cumuli di macerie". 

E a Paestum che fa sbarcare per prima? 
"Piramidi di materiale da ufficio ad uso del comando della Quinta Armata"
e si continua durante i giorni successivi allo sbarco:
"L'unica attività frenetica nei dintorni è quella delle centinaia di soldati che salgono come formiche dalla spiaggia per portare macchine da scrivere e schedari".

Melium abundare:
"Quello che abbiamo visto noi sono state inettitudine e codardia da parte dei comandi e come risultato il caos. Quello che non capirò mai è cosa abbia trattenuto i tedeschi dal finirci".  

Nel diario che l'inglese Norman Lewis tiene mentre notevolmente sconcertato un po' partecipa alle operazioni belliche, tenute a Paestum e dintorni nei giorni successivi all'8 settembre del 1943,  suoi giudizi sono sempre molto duri ed affilati.   
No, non si può capire lo sbarco del 1943 senza leggere il libro di Norman Lewis, poi diventato celebrato autore di "Napoli 1944"
Lewis è un giovane universitario inglese dell'Intelligence Corps, ma in quei giorni vede, e soprattutto, annota anche le verità da tenere celate. Dagli stupri di massa perpetrati sistematicamente dalle truppe coloniali aggregate alle armate francesi alla stupidità dei comandanti in capo americani.  
E non gli sfugge lo straordinario rilievo storico e paesaggistico della zona. Le sue descrizioni dei templi, della collina di Capaccio, sono poesia pura. 

Da queste parti ci resta parecchio tanto che il 28 settembre 1943 viene ricoverato al 16° Evacutation Hospital americano di Paestum. 
"Ho la malaria - forse una ricaduta, ma più probabilmente una nuova infezione. Il dottore mi ha informato che gli acquitrini della zona sono ancora malarici, e le zanzare, che si ritiene abbiano falcidiato la fiorente colonia greca dell'antichità, attive come sempre. La maggior parte dei pazienti ha ferite da combattimento, e da molti di loro ho avuto conferma della storia che avevo trovato davvero incredibile, e cioè che alle unità combattenti americane gli ufficiali hanno dato ordine di colpire a morte i tedeschi che tentino di arrendersi". 

Gli appunti di Lewis ci restituiscono annotazioni sulle mucche che pascolavano beate fra i templi, sui piedi dei soldati italiani che rientravano a casa:
"Quasi tutti avevano i piedi ridotti in condizioni atroci, con il sangue che spesso colava dal cuoio spaccato degli scarponi; erano euforici, e per tutto il giorno ci è arrivata l'eco di risate e canzoni". 
E del nostro vino:
"asprigno, al quale cercavamo di fare il palato", "aveva l'aspetto ed il sapore dell'inchiostro". 

Lewis è anche favorevolmente colpito dalla strada che dalla pianura porta all'abitato di Capaccio:
"una strada che avrebbe potuto essere quasi inglese, con i giardinetti recintati in legno dove riconoscevo i nostri fiori preferiti, come le zinnie e i piselli odorosi. La pace di questo posto, dopo quattro giorni di finimondo, era stupefacente. Due vecchiette in nero si scambiavano pettegolezzi all'orecchio".

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