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lunedì 11 marzo 2013

Vito Puglia Pisciotta nel cuore intervista di Rossella Oricchio


In una delle tante "Lettere a Lucilio", Seneca diceva: "E’ l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto il quale vivi". Tempo di vacanze questo, ma c’è chi in vacanza continua a lavorare, o meglio, non ha bisogno di ritrovarsi in un luogo di vacanza per trovare pace e serenità.
In una delle tante “Lettere a Lucilio”, Seneca diceva: “E’ l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto il quale vivi”. Tempo di vacanze questo, ma c’è chi in vacanza continua a lavorare, o meglio, non ha bisogno di ritrovarsi in un luogo di vacanza per trovare pace e serenità. Capita a chi si reca negli stessi luoghi da anni e vi si ferma perchè è proprio lì che ritrova le proprie radici, il proprio senso di appartenenza o, più semplicemente, se stesso. Parliamo di Vito Puglia, una persona stimata e benvoluta, un personaggio singolare ed autentico. Originario di Pisciotta, di quell’angolo di Cilento immerso nella luce brillante che sembra cadere a picco sul mare e nella frescura degli alberi di olivo, con un paesaggio e tramonti mozzafiato, dove il tempo si è fermato e sembra di vivere in dimensioni più umane. Il personaggio Puglia è un “cantore”, uno che si emoziona per il suo luogo dell’anima che è Pisciotta, appunto. Vito Puglia continua entusiasticamente la sua missione, quella di conservare e custodire parte del fulcro della civiltà contadina in termini di sapori, odori e antiche tradizioni. Una presenza carismatica la sua, consacrata nel proprio credo e nella propria originalità oltre che in un’affascinante storia di amore e radici per la propria terra d’origine. Vito Puglia è dipendente part-time del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; amministratore unico di una società a responsabilità limitata per l’organizzazione e lo sviluppo turistico e agricolo, attualmente Membro del Consiglio d’Indirizzo dell’Associazione Slow Food. Tra le varie attività che ricopre, è responsabile dello sviluppo del sistema dei Presidi di alcune produzioni tradizionali campane. Autore di pubblicazioni a carattere turistico ed enogastronomico e collaboratore editoriale di alcune case editrici, testate giornalistiche e televisive. Il suo nome è in special modo legato all’Associazione Slow Food il cui sviluppo ha seguito sin dall’inizio della sua fondazione con impegno a livello dirigenziale, partecipando a vario titolo a quasi tutte le iniziative degli ultimi ventiquattro anni. Ha ideato ed organizzato numerosi eventi e manifestazioni, anche a carattere internazionale, per la valorizzazione e la conoscenza delle produzioni ed il miglioramento dei consumi alimentari.
Inoltre ha curato negli anni l’andamento delle filiere agroalimentari di diversi prodotti tradizionali e di qualità, oggi notevolmente affermati.

Come è iniziata la sua avventura presso un’associazione come Slow Food riconosciuta a livello internazionale?
L’avventura ha avuto inizio fin dal 1986, anno nel quale ho cominciato ad operare all’interno dell’associazione Slow Food attraverso tematiche riguardanti la biodiversità.
Intanto decisi di creare a Pisciotta un club gastronomico dove poter affermare la teoria del “buon mangiare e bere” e, nel contempo, diedi vita con l’ Arci ad un circolo, sempre a Pisciotta.
Nello stesso anno nacque Arcigola,associazione con sede in Piemonte alla quale feci riferimento cominciando a essere il fiduciario di tutta la Provincia di Salerno e interessandomi in particolar modo del Cilento. Fu nell’’89 che scomparve ‘Arcigola’ per far posto a Slow Food, associazione alla quale, attraverso vari incarichi, collaboro da sempre.

Quali finalità si pone Slow Food?
L’associazione accreditata dal Miur, oltre ad avere migliaia di soci in tutto il mondo, propone la cultura del mangiar sano, il rispetto e la scoperta del territorio, riconoscendone odori e sapori, la salvaguardia del patrimonio agroalimentare e lo sviluppo ecocompatibile.

Il simbolo di Slow Food?
La forza dell’ associazione è la lentezza. Il simbolo è la lumaca che porta dietro la sua casa, le sue ricchezze e risorse, le dimensioni umane e ambientali, la semplicità.

Di quali progetti si è occupato finora?
Di tanti progetti, alcuni dei quali sono ancora in itinere. E’ stato promosso il progetto ‘Arca del gusto’, all’interno della struttura di Slow Food. Lo scopo è quello di trovare forme di valorizzazione per la produzione a rischio di estinzione. Tanti i prodotti tipici da salvaguardare: la mozzarella nella “mortella”, la soppressata di Gioi Cilento, le alici di Menaica, il carciofo di Pertosa.

La longevità cilentana, allora, è anche connessa alla salvaguardia di questi prodotti tipici?
Certo, con il rischio di estinzione di questi prodotti, si potrebbe sfatare il mito della longevità di lì a poco.

Intanto l’impronta proveniente dalle sue origini familiari è fondamentale per la sua crescita professionale e umana?
Sì, senza ombra di dubbio.

Quali ricordi conserva della sua famiglia d’origine?
Sono ricordi intensi, speciali. Di mio padre conservo sempre un ricordo vivissimo. Nacque a New York. Figlio di emigranti, era un generale della polizia. Negli anni ’30 ritornò in Italia in seguito a una malattia di mio nonno, il quale espresse la volontà di morire a Pisciotta. Mio padre era conquistato dall’America dal punto di vista delle prospettive di lavoro che offriva, ma ha sempre avuto il cuore a Pisciotta.

Che cosa pensa del Cilento e della ‘cilentanità’, parola con la quale qualcuno ha definito l’appartenenza alle aree cilentane?
Purtroppo nessuno riesce ad essere profeta in patria e tanto meno noi nel Cilento.
L’amata, ma anche a volte odiata terra, è tanto generosa nella sua natura ma spesso la sua gente non riesce ad immaginare strutture organiche che conducano a un sistema virtuoso a vantaggio di tutti. L'orgoglio di appartenenza nasce anche dalla soddisfazione di vivere in una società che ha amor proprio, cura ed attenzione,
capacità di reagire e di tutelare se stessa in un mondo massificato, creando più che
ricchezza, ‘felicità interna lorda’. In poche parole, occorre avere capacità di governo della realtà su sane basi di rispetto delle vocazioni del territorio. La mia esperienza mi ha portato a conoscere nell'intimo molte realtà sociali e produttive, fatte di storie, cose ed umanità straordinarie. Capaci di comunicare suggestioni uniche e rare, con senso di consapevolezza, intelligenza e modernità. Nel mio ruolo di rappresentante di Slow Food ho sempre stimolato tali necessità e spero che qualche traccia sia rimasta, ma è certo che tanto resta ancora da fare.

Cibo e cultura, un binomio importante…
Mangiare è pur sempre un atto agricolo e la cultura della gastronomia è una scienza umana che parla dei paesi e dei territori in maniera intima. Un’appartenenza al territorio si distingue anche e soprattutto per conoscenze e olfattive e degustative. Le sapienze sono affidate a persone di una certa età che stanno scomparendo insieme alle biodiversità.

Quale messaggio lancerebbe ai giovani del nostro territorio?
I giovani che vogliono scommettere a casa propria devono trovare forme di dialogo serio e civile fuori dalle logiche di appartenenza. La mia porta è, e sarà sempre aperta alla pratica ed al dialogo rispettoso e civile. Il mondo ha bisogno di cura e dedizione. Non possiamo pensare che si sviluppi con colate di cemento e improvvisazione. Spero che i giovani capiscano quello che hanno nelle proprie mani e percepiscano la vocazione territoriale. Ho deciso, con la mia famiglia, di investire nella mia proprietà di Pisciotta, che è il mio luogo del cuore. Spesso cuore ed interessi non coincidono ma la mia vera scommessa con il Cilento inizia ora.

Dove terminerà il soggiorno estivo?
A Pisciotta, anche se le mie sono vacanze che non terminano mai.

Dove possiamo trovarla? Magari all’ombra di qualche olivo secolare?
Sì, ma anche nella mia locanda ‘Perbacco’, davvero una sintesi del mio modo di vivere e di pensare.

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