Sulla mia molto personale libertà di stampa
Come il Vecchioni di “Luci a San Siro” vorrei cantare: “…Dammi
indietro la mia seicento, i miei vent'anni e una ragazza che tu sai…” e rifare
tutte le mattane compiute per amore del giornalismo declinato come altra forma
dell’impegno civile. Perché da quest’ultima dannazione sono partito per
arrivare non so ancora dove. Al netto di un paio di pneumatici tranciati
in piena notte o 15 lettere minatorie ufficialmente anonime tutte uguali
inviate per due settimane e ogni giorno ma che io sapevo bene chi me le aveva
inviate e che più o meno mi dicevano che la dovevo smettere di fidarmi di un
mio informatore, qualche minacciosa telefonata che mi prometteva grossi guai e
anche di più sì anche la morte… sì più o meno, soprattutto se ve le sto a
raccontare più o meno sorridendo, mi è andata bene sul fronte delle
intimidazioni “di mano” per la mia attività giornalistica… Tiro un sospiro di
sollievo perché ho più o meno l’età di Giancarlo Siani e, come ho spesso detto
al mio amico Piero che da anni ha mollato la professione di avvocato da queste
parti per andarsene a fare il professore di diritto a più di mille chilometri
di distanza, è meglio un mediocre e coglione giornalista ma vivo che un eroe e
peggio anche bravo da morto. Ho evitato sempre di fare da cassa a chi vuole intimidire – è l’unico consiglio che mi
sento di dare ai più giovani – perché è il gioco prediletto dell’avversario. Non gliela lascio vinta ma non strepito. Dicevo di Piero, Piero Di Matteo, fu lui a
strappare la mia assoluzione da un processo civile intentami da un collega che
invece di rispondermi a tono sulle colonne del suo giornale mi costrinse a
passare, per quasi quattro anni, delle lunghe e noiose giornate nel tribunale
di Vallo della Lucania. Sì, poi ho beccato qualche manifesto di replica, mi
hanno dedicato qualche comizio e qualche canzonatura, e per una decina di altri
procedimenti penali mi sono fermato al rito della visita al maresciallo dei
carabinieri, come si dice?, per farmi identificare. Un atto dovuto. Manco me li
ricordo tutti, i miei dante querela. Giusto l’ultimo, con tre impiegati di un
ente nullafacente, certi Rubano, Molinaro e Pecora, che si sono incazzati
perché avevo scritto che mentre gli operai forestali erano da un anno senza
salario, mi sembrava indelicato che allo stipendio percepito regolarmente ci
aggiungessero, i dirigenti dell’ente, certe indennità aggiuntive. Tutto legale
e alla luce del sole, capiamoci. Mi sovviene poi quel candidato alle elezioni
provinciali che mi querelò perché avevo fatto l’elenco dei partiti che aveva cambiato.
Era comunista, lo ricordo a chi mi rimprovera sempre per certe simpatie
politiche giovanili. In quel periodo, dai 15 ai 20 anni, ho partecipato
alle lotte contadine a Persano, ho contrastato l’avviata militarizzazione del
monte Cervati e occupato la sede della comunità montana di Roccadaspide dove
era stato avviato un andazzo clientelare che nei decenni successivi ha
dimostrato tutta la sua valenza distruttiva. Ammetto tutto, è prescritto perché
sono passati, ahimè, troppi anni. Poi per la notorietà di una
sottoufficiale della Forestale ricordiamoci del 19 luglio del 2006 quando a
seguito dell’incredibile sequestro dell’oasi di Legambiente, la signora tentò
di sequestrarmi la macchina fotografica. Mi fermo qui, perché fino a questo
punto la memoria mi sorregge. Mettiamoci anche che a Capaccio ho subito dei
vergognosi attacchi di un ex sindaco. Volgari e infamanti ma sempre dal pulpito
del consiglio comunale dove tu non puoi replicare e il tuo nome non lo fa ma lo
fa capire per ammiccamenti. Tutto questo l’ho subito per amore della
verità, della mia terra, per pochi soldi e una carriera che poteva essere ben
diversa se avessi mollato la mia collina degli ulivi quando pesavo venti chili
di meno e i miei capelli erano folti e neri. Poi il mio fascicolo presso i
Carabinieri del mio luogo di residenza sarà stato arricchito di altre
informative, ma io – vi giuro – non ne so niente e mi piacerebbe capire fin
dove arriva la fantasia malata di certuni. In questa lunga storia però vorrei
essere creduto perché mi sono giocato troppe cose. A cominciare dagli anni
della mia gioventù.
Oreste Mottola
Buongiorno Oreste !
RispondiEliminaUn bel racconto! ma che ne dobbiamo dedurre ? niente di nuovo, chi non si allinea viene combattuto ed emarginato. Fai almeno nomi e suggerisci soluzioni ai giovani.... altrimenti la tua parziale biografia non interessa i desiderati lettori. Cordialmente. Gio
Qualche nome nell'articolo l'ho fatto. Sono gli ultimi che hanno tentato la strada dell'intimidazione. Io suggerisco di tenere la schiena diritta. In ogni settore dove ci si impegna. Più siamo a farlo e più il nostro mondo migliorerà. P.S. Io sostengo anche che bisogna evitare di fare da "cassa di risonanza" al piccolo prepotente che ti vuole intimidire... Poi anche tu... che ti costava firmarti con nome e cognome?
Eliminada Vincenzo Di Riso. Io che ti conosco da tanti anni ti posso assicurare che i tuoi scritti molte volte hanno colpito la notizia ... quindi non ti demotivare se qualcuno non la prende per il verso giusto ... per questo motivo ti passo quello che ho acquisito come esperienza di vita ... non abbassare mai la testa ... perchè dopo ... non sarai più in grado di rialzarla ... ciao
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