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sabato 1 dicembre 2012

Sulla mia molto personale libertà di stampa

Sulla mia molto personale libertà di stampa

Come il Vecchioni di “Luci a San Siro” vorrei cantare: “…Dammi indietro la mia seicento, i miei vent'anni e una ragazza che tu sai…” e rifare tutte le mattane compiute per amore del giornalismo declinato come altra forma dell’impegno civile. Perché da quest’ultima dannazione sono partito per arrivare non so ancora dove.  Al netto di un paio di pneumatici tranciati in piena notte o 15 lettere minatorie ufficialmente anonime tutte uguali inviate per due settimane e ogni giorno ma che io sapevo bene chi me le aveva inviate e che più o meno mi dicevano che la dovevo smettere di fidarmi di un mio informatore, qualche minacciosa telefonata che mi prometteva grossi guai e anche di più sì anche la morte… sì più o meno, soprattutto se ve le sto a raccontare più o meno sorridendo, mi è andata bene sul fronte delle intimidazioni “di mano” per la mia attività giornalistica… Tiro un sospiro di sollievo perché ho più o meno l’età di Giancarlo Siani e, come ho spesso detto al mio amico Piero che da anni ha mollato la professione di avvocato da queste parti per andarsene a fare il professore di diritto a più di mille chilometri di distanza, è meglio un mediocre e coglione giornalista ma vivo che un eroe e peggio anche bravo da morto. Ho evitato sempre di fare da cassa a chi  vuole intimidire – è l’unico consiglio che mi sento di dare ai più giovani – perché è il gioco prediletto dell’avversario. Non gliela lascio vinta ma non strepito. Dicevo di Piero, Piero Di Matteo, fu lui a strappare la mia assoluzione da un processo civile intentami da un collega che invece di rispondermi a tono sulle colonne del suo giornale mi costrinse a passare, per quasi quattro anni, delle lunghe e noiose giornate nel tribunale di Vallo della Lucania. Sì, poi ho beccato qualche manifesto di replica, mi hanno dedicato qualche comizio e qualche canzonatura, e per una decina di altri procedimenti penali mi sono fermato al rito della visita al maresciallo dei carabinieri, come si dice?, per farmi identificare. Un atto dovuto. Manco me li ricordo tutti, i miei dante querela. Giusto l’ultimo, con tre impiegati di un ente nullafacente, certi Rubano, Molinaro e Pecora, che si sono incazzati perché avevo scritto che mentre gli operai forestali erano da un anno senza salario, mi sembrava indelicato che allo stipendio percepito regolarmente ci aggiungessero, i dirigenti dell’ente, certe indennità aggiuntive. Tutto legale e alla luce del sole, capiamoci. Mi sovviene poi quel candidato alle elezioni provinciali che mi querelò perché avevo fatto l’elenco dei partiti che aveva cambiato. Era comunista, lo ricordo a chi mi rimprovera sempre per certe simpatie politiche giovanili. In quel periodo, dai 15 ai 20 anni,  ho partecipato alle lotte contadine a Persano, ho contrastato l’avviata militarizzazione del monte Cervati e occupato la sede della comunità montana di Roccadaspide dove era stato avviato un andazzo clientelare che nei decenni successivi ha dimostrato tutta la sua valenza distruttiva. Ammetto tutto, è prescritto perché sono passati, ahimè, troppi anni.  Poi per la notorietà di una sottoufficiale della Forestale ricordiamoci del 19 luglio del 2006 quando a seguito dell’incredibile sequestro dell’oasi di Legambiente, la signora tentò di sequestrarmi la macchina fotografica. Mi fermo qui, perché fino a questo punto la memoria mi sorregge. Mettiamoci anche che a Capaccio ho subito dei vergognosi attacchi di un ex sindaco. Volgari e infamanti ma sempre dal pulpito del consiglio comunale dove tu non puoi replicare e il tuo nome non lo fa ma lo fa capire per ammiccamenti.  Tutto questo l’ho subito per amore della verità, della mia terra, per pochi soldi e una carriera che poteva essere ben diversa se avessi mollato la mia collina degli ulivi quando pesavo venti chili di meno e i miei capelli erano folti e neri. Poi il mio fascicolo presso i Carabinieri del mio luogo di residenza sarà stato arricchito di altre informative, ma io – vi giuro – non ne so niente e mi piacerebbe capire fin dove arriva la fantasia malata di certuni. In questa lunga storia però vorrei essere creduto perché mi sono giocato troppe cose. A cominciare dagli anni della mia gioventù.
Oreste Mottola

3 commenti:

  1. Buongiorno Oreste !
    Un bel racconto! ma che ne dobbiamo dedurre ? niente di nuovo, chi non si allinea viene combattuto ed emarginato. Fai almeno nomi e suggerisci soluzioni ai giovani.... altrimenti la tua parziale biografia non interessa i desiderati lettori. Cordialmente. Gio

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    1. Qualche nome nell'articolo l'ho fatto. Sono gli ultimi che hanno tentato la strada dell'intimidazione. Io suggerisco di tenere la schiena diritta. In ogni settore dove ci si impegna. Più siamo a farlo e più il nostro mondo migliorerà. P.S. Io sostengo anche che bisogna evitare di fare da "cassa di risonanza" al piccolo prepotente che ti vuole intimidire... Poi anche tu... che ti costava firmarti con nome e cognome?

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  2. da Vincenzo Di Riso. Io che ti conosco da tanti anni ti posso assicurare che i tuoi scritti molte volte hanno colpito la notizia ... quindi non ti demotivare se qualcuno non la prende per il verso giusto ... per questo motivo ti passo quello che ho acquisito come esperienza di vita ... non abbassare mai la testa ... perchè dopo ... non sarai più in grado di rialzarla ... ciao

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